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Cara Natalia Aspesi, due cose su Asia Argento e il caso Weinstein

Per tutti quelli che si chiedono che senso abbia parlare dopo vent'anni, o fin dove arrivi il confine della vittima.
Foto via Flickr.

Non è semplice parlare di ciò che sta succedendo dopo l'esplosione del caso Harvey Weinstein. Per evitare di fare confusione e mischiare i vari piani di lettura che sono stati sollevati dai media italiani in questi ultimi giorni, procederò per punti.

La vittima imperfetta C'è questo film del 1988 che si chiama Sotto accusa. Jodie Foster è Sadie, una ragazza sexy, di una bellezza provinciale e un po' marcia, che va in giro con una macchina rossa targata "Sexy Sadie", beve, fuma e ha un ragazzo che è un semi avanzo di galera. Sadie viene stuprata in un bar sotto gli occhi degli avventori del locale che osservano divertiti la scena.

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Il ruolo interpretato da Jodie Foster nel film è quello della vittima che definire imperfetta è un eufemismo: la vittima imperfetta è la donna che nei casi di stupro o molestie sessuali viene giudicata colpevole, vittimista e isterica perché ha dei costumi discutibili secondo la società. Non voglio dire che Asia Argento sia Sadie. Ma con lei condivide alcune delle caratteristiche della vittima imperfetta. È sexy, con un'aria che i giornali italiani—ci scommetto l'alluce destro—avranno definito da "cattiva ragazza" almeno trentasette volte, e con un certo tipo di reputazione e un passato di sostanze alle spalle. In più è figlia d'arte, quindi per associazione è ricca, viziata, libertina e blasée. Non so quali storie circolino sul suo conto negli ambienti, ma so esattamente che è il genere di donna che se decide di ammettere di essere stata molestata si ritrova in mano una manciata di commenti che le ricordano che forse, magari, se l'è cercata. Eppure Asia Argento è una vittima. E le vittime possono tranquillamente somigliare più ad Asia Argento che a Valeria Bruni Tedeschi. Perché prima o poi il mondo—e mentre lo scrivo penso alle parole di Selvaggia Lucarelli e Vladimir Luxuria—dovrà fare i conti con il fatto che la vittima perfetta non esiste e che spesso non è un caso. E che rinfacciare a qualcuno di aver parlato tardi, dopo vent'anni, accodandosi alle altre vittime, non porta lontano. Come se l'aver avuto paura (anche per la propria carriera, sì) quando tutti tacevano e aver deciso di parlare quando lo stavano facendo tutti fosse qualcosa di cui vergognarsi e non la reazione più naturale del mondo. Le vittime sono vittime a prescindere dal tempo.

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Perché hanno detto di sì Ora racconto una storia. A un certo punto, vivevo già da sola e lontano dalla mia città natale, conosco un tizio. Ero in un periodo di libertinaggio per cui tutte le persone che incontravo erano potenzialmente degli amanti. Questo tipo, più grande di me e sopra di me professionalmente, mi chiede di andare a fumare da lui ché tanto sta arrivando anche una sua amica. Salgo, ci sediamo, gira una delle canne più potenti del mondo, io divento di gelatina e lui pensa che quello sia il momento giusto per approcciarmi. Dico di no, me lo scrollo di dosso, provo a rialzarmi, ricado giù, rimango immobile un secondo e intanto il mio cervello (il mio cervello!) mi suggerisce: "Forse lascia che succeda. Questa è una storia che domani puoi raccontarti in un altro modo. Alla fine in un'altra circostanza te lo saresti scopato." Non è successo nulla, sono andata via barcollando dopo aver rovesciato la bici nel corridoio perché lo ostacolasse. Io stavo per dire di sì, o meglio, stavo per raccontarmi di aver detto di sì, a uno che non mi stava ricattando per una svolta di carriera solo perché per un attimo mi sembrava meno terrorizzante e sfiancate, meno complicato, meno violento. Le donne che stanno accusando Weinstein hanno raccontato di aver detto sì (o di no, finendo comunque in situazioni spiacevoli con Weinstein) in una stanza vuota, con solo un uomo strapotente, più vecchio, più grosso, che non ha neanche bisogno di dirtelo che ti rovina la carriera, perché va da sé. Tu hai 21 anni, 22, 30, 19 e hai paura. Punto. Quindi è possibile (non dico che sia successo così, perché non c'ero) che se ti chiede un massaggio tu gli faccia un massaggio. Gli fai un massaggio e intanto ti odi, ti disprezzi e pensi che non potrai mai dirlo a nessuno perché sei complice e quindi colpevole, più di lui, perché tu stai tradendo te stessa.
Quando il giorno dopo ho detto ai miei due amici cosa fosse successo, la prima mi ha detto che stavo esagerando, il secondo che avrei dovuto stare attenta perché di quel tizio non c'era da fidarsi.

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Il sistema Natalia Aspesi ha rilasciato un'intervista a Vanity Fair in cui con l'aria di chi oramai ha uno stiletto nel Valhalla e l'altro su un cuscino di seta e che di cose ne ha viste tante dichiara che alla fine questo è un gioco noto, che mettono tutti in pratica, e spesso le donne si siedono su quei divani ben consapevoli di cosa stanno scambiando. A un certo punto poi chiede: "Sa cosa diceva Sophia Loren? 'Mi sono sposata per proteggermi, per non passare attraverso esperienze molto negative'." A dir la verità mi è sembrata un'intervista molto coerente. Nel momento in cui dai per scontato che il potere è e rimarrà sempre in mano agli uomini, l'unica soluzione per non essere molestate da altri uomini è trovarsi un ulteriore uomo che ti protegga grazie al suo di potere. Ma il sistema non è dato. Non ci è stato imposto da un'autorità superiore. Il sistema è figlio della storia in cui gli uomini hanno avuto più potere delle donne e di passi avanti nel corso degli anni ne abbiamo fatti. Natalia Aspesi dovrebbe ricordarsi che il femminismo ha cambiato le cose e che lo può ancora fare. Viviamo in una società che poggia ancora sugli avanzi di un mondo arcaico in cui la forza fisica e la famiglia erano elementi fondamentali che relegavano ognuno al proprio ruolo e in cui vigeva una componente di segregazione forte tra i generi. Questo scandalo è figlio del suo tempo, è figlio di un momento in cui la società presta più attenzione a certi temi e di conseguenza ci si sente più sicuri nel denunciare certi atteggiamenti.

Non penso che Monica Lewinsky avrebbe ricevuto il trattamento che le è stato riservato se lo scandalo Clinton fosse scoppiato adesso. Il fatto che le donne stiano ricoprendo via via ruoli sempre più importanti all'interno della società fa sì che le dinamiche di potere lentamente cambino. Queste voci, che per Natalia Aspesi sono "un lamento tardivo. Un coro che non tiene conto della realtà dei fatti" sono le voci di chi finalmente vive in un mondo dove lo scotto da pagare per una denuncia non è più alto di quello per il silenzio. Ah, e definire Weinstein uno "sporcaccione," come se fosse uno scopatore un po' promiscuo, non fa che sottolineare un problema molto grave con quel femminismo in cui chi parla dice di credere ciecamente.

Ci sono donne che lo fanno consapevolmente Questo penso sia uno dei punti più interessanti di tutta la vicenda, anche se molto al latere. È probabile che ci siano donne—come dice Aspesi—che lo fanno o lo hanno fatto consapevolmente. E questo apre tutto un dibattito su cosa sia il femminismo, chi è autorizzato a darne la definizione giusta, e subito parte un bel giudizio morale sulle donne che non si comportano secondo i precetti di un certo tipo di femminismo. Anche se alla società piacerebbe che le donne fossero angelicate e che non si umiliassero mai, che non facessero mai schifo, penso che il femminismo non possa mai prescindere dalla totale libertà fisica, ancor prima che mentale. È proprio il primo gradino, il corpo. Le donne possono abortire, possono decidere che farsene del loro utero, possono decidere di provocarsi un prolasso anale su Kink e possono, in un secondo momento, un momento che viene dopo il confine fisico del proprio corpo, addirittura decidere di non definirsi femministe. Ma la questione Harvey Weinstein riguarda queste donne? Non mi pare. La violenza e la coercizione sono date dal contesto, che in questo caso è quello di un uomo potentissimo, pressante, minaccioso e che dichiara più o meno implicitamente di non farti lavorare mai più a meno che tu non gli succhi il cazzo.

Queste vicende sono complicate perché portano alla luce un sottobosco di sfumature di cui sarebbe bellissimo poter fare a meno. Che le vittime fossero sempre delle vittime perfette, che nelle situazioni abusanti le persone fossero in grado di dire no forte e chiaro per non dover incorrere in accuse di vittimismo e isteria in un secondo momento. E invece è sempre tutto ingarbugliato, spesso permeato da omertà e pettegolezzi vari e tutti gli elementi si muovono all'interno di un sistema che viene percepito effettivamente come immutabile, in cui le vittime devono farsi furbe e sottostare alle regole del gioco anche quando non vogliono.
Eppure mi sembra importante ribadire che se Harvey Weinstein, Bill Cosby, Strauss Kahn e tutti gli altri uomini potenti sono stati smascherati in questi anni, mentre Ted Heath ha avuto il tempo di morire prima che scoprissero cosa aveva fatto durante la sua vita, un motivo c'è.

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