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Come il mondo distopico di Kazuo Ishiguro ha anticipato il dibattito bioetico

Il romanzo del Premio Nobel 2017, 'Non lasciarmi', è tanto agghiacciante quanto attuale.
Immagine via YouTube

Kazuo Ishiguro è il premio Nobel per la Letteratura 2017, portando per la terza volta il premio nella terra del Sol Levante dopo Kawabata e dopo che nel 1994 Kenzaburō Ōe scosse l'opinione pubblica con la vittoria per Un'esperienza personale. A leggere le motivazioni dell'Accademia di Svezia, pare quasi che il cerchio si sia chiuso e che i grandi saggi riconoscano in via definitiva al Giappone una sorta di visione, la capacità estetica di dipingere un certo tipo di mondo dai connotati agghiaccianti.

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Con Un'esperienza personale, Ōe poneva l'accento su un argomento tabù in Giappone: l'handicap di un bambino idrocefalico descritto da un personaggio/autore che — come il nome che porta, Tori-Bird (uccellino-uccellino) — vola via da ogni tipo di responsabilità, fino al momento in cui affrontare il tabù non resta l'unica via percorribile.

D'altronde, l'accademia aveva ben condensato il tutto nelle due righe di motivazione: "[un romanzo] che con forza poetica crea un mondo immaginario in cui vita e mito si condensano per formare uno sconcertante ritratto dell'attuale condizione umana". Un ritratto del Giappone del dopoguerra e l'analisi spietata della condizione umana nel secolo di Hiroshima portata a compimento.

Ma negli ultimi anni, un altro tema legato alla condizione umana si sta facendo pressante, in quello che si riassume generalmente come "dibattito bioetico." Strumenti come CRISPR-Cas9 permettono di immaginare un futuro concreto di manipolazione genetica, i cui limiti sperimentali — e dunque etici — sono regolamentati in modo diverso in ogni Paese. Solo quest'anno, la notizia di un primo tentativo positivo di editing del genoma umano ha fatto non poco clamore nella comunità scientifica e nel grande pubblico.

Gli strumenti per dirigerci verso un mondo geneticamente modificato esistono: quali sono le domande che dobbiamo porci? Con la scelta del Nobel alla Letteratura di quest'anno, l'Accademia di Svezia sembra volersi unire, in qualche modo, al dibattito.

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A distanza di 23 anni dal premio vinto da Ōe, nella figura di Kazuo Ishiguro, è stata appena riconosciuta al Giappone la capacità di aver "scoperto l'abisso sottostante il nostro illusorio senso di connessione con il mondo." È il 2003, a Edimburgo muore la pecora Dolly e si porta nella tomba la grande speculazione bioetica intorno al mondo della clonazione. Due anni dopo, con Non lasciarmi, Ishiguro confeziona la speculazione con quel tanto di distopia e romance che bastano a rendere il tema fruibile a qualsiasi livello, dagli adolescenti appassionati di sick-literature che troveranno il loro vate in John Green e il suo Colpa delle stelle a chi di fantascienza non vuol proprio sentir parlare, "però Gattaca è un gran film."

È un abisso di malinconia quello in cui Ishiguro trascina il lettore, fatto di tutta la delicatezza e la ferocia di cui solo i giapponesi sono capaci: e se le cose fossero andate diversamente? Se ci trovassimo da qualche parte in un posto che non è la Scozia ma quasi, in cui c'è una specie di cottage in cui ragazzi e ragazze seguiti da tutori vivono, crescono, studiano, s'innamorano e compiono il loro destino che però proprio loro non è? E se tra tre di questi ragazzini nascessero dei sentimenti, un amore fortissimo costretto a confrontarsi con due parole che ricorrono come costanti senza senso della loro breve vita come "donatore" e "assistente"?

Già, in questo mondo ucronico le cose sono andate diversamente e c'è chi può permettersi di avere delle copie di sé — cloni, né più né meno — da "usare" quando ce ne sarà bisogno. Che sia un trapianto di organi, un incidente che ha reciso un arto o altro ancora, i donatori sono lì, in quel cottage, in attesa di compiere un destino di cui non sono del tutto consapevoli. Ma allora che senso hanno quelle esistenze? Possono considerarsi tali? E se non fossero usati a "fin di bene", ma solo perché un ricco viziato con la passione per la bottiglia più che per la vita volesse bere non curante di cosa potrebbe accadere al suo fegato perché tanto ne ha uno di scorta compatibile al 100 percento?

Ishiguro è un visionario che racconta l'amore e l'amicizia, la valenza della memoria e dell'etica in un mondo sempre accessibile e connesso, le occasioni perdute e le vite negate. E Dio? Dio si nasconde in questa e altre distopie contemporanee come Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood. Dio è una vecchia signora sulla sedia a rotelle che ha tentato per tutta la vita di dimostrare che avevamo un'anima. Senza riuscirci.

Il Nobel per la letteratura di quest'anno, dedicato di fatto alla letteratura che indaga le implicazioni etiche e sociali della scienza d'avanguardia e delle biotecnologie, fa il paio con l'incetta di Emmy della serie tv The Handmaid's Tale: attenzione al futuro, potrebbe essere già arrivato.

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