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La prima volta che ho guardato Buffalo '66

La prima volta che vidi Buffalo '66 rimasi incantato dai primi venti minuti di film. Nei primi venti minuti c'è tutto il meglio di Vincent Gallo, e quello che non avrei mai più rivisto in altri film.

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Questo post appartiene alla nostra serie sul meglio del catalogo SKY Online.

Vincent Gallo è tutto. Attore, regista, pittore, modello, musicista, produttore, sceneggiatore e marchettaro. Ha registrato cinque album, a casa sua, suonando quasi tutti gli strumenti e facendosi il packacing dei cd; dal 1985 al thriller giapponese Jinrui Shikin dell'anno scorso è accreditato in quarantadue film; su vicentgallo.com si può acquistare il suo sperma per un milione di dollari (con uno sconto di cinquanta mila o se allegate una foto che accerti la vostra arianità, capelli biondi e occhi azzurri, o se potete dimostrare una diretta discendenza da un soldato tedesco della metà del Novecento).

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Gallo ha girato tre lungometraggi. In ordine cronologico: un film bellissimo, "il peggior film mai visto al festival di Cannes" e un terzo proiettato soltanto alla Mostra di Venezia, la cui unica copia è chiusa nel cassetto del suo studio a Hollywood Hills. Sempre sul sito nella sezione "Acting" qualche mese fa si è letto: "April (2013) feature 88 minutes, written, produced and directed by Vincent Gallo." Quando i giornali hanno chiesto maggiori informazioni, Vinnie ha risposto: "Il film riposa in pace, conservato senza esporsi alle energie oscure del pubblico."

Oltre a essere tutto questo, Vincent Gallo è "uno dei più incompresi talenti degli ultimi 25 anni," come ha scritto lui stesso nella sezione: "Vincent Gallo Biography".

Ciò che non fa di Vincent Gallo un inutile stronzo è la sua competenza nel recitare e la sicurezza dietro la cinepresa. Tralasciando le interpretazioni da attore, alle quali Vincent si è sempre dedicato con un'inattaccabile professionalità, i film da regista danno l'idea della sua brutale originalità.

Roger Ebert, uno dei suoi nemici più famosi, quello che distrusse il suo secondo film da regista, The Brown Bunny (ricordato più che altro per un pompino non censurato), definendolo come "la cosa peggiore mai vista in un festival" (al quale seguì la risposta del regista che gli diede del "porco obeso col fisico da mercante di schiavi" e la contro-risposta di Ebert: "Sarò pure obeso, ma un giorno potrò diventare magro, mentre lui sarà sempre il regista di The Brown Bunny") si ricredette quando Gallo ripresentò il film tagliato di quasi mezz'ora (il pompino c'era sempre) e cambiò il numero di stelline del suo dizionario. Vincent non prese per niente bene i fatti di Cannes e decise di proiettare soltanto al festival di Venezia il suo terzo film Promises written in water e di girare l'ultimo, April, per non farlo vedere a nessuno. In una filmografia menomata, ci rimane la visione serena di un suo solo film. Il primo della sua carriera, Buffalo '66 del 1998.

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Per visione serena intendo priva della paura che Gallo ritiri fuori il cazzo.

La prima volta che vidi Buffalo '66 rimasi incantato dai primi venti minuti di film. Quello che mi colpì da subito non fu tanto la trama o il protagonista, ma il modo iatrogeno che Gallo aveva di raccontare storie. Capii cosa volesse dire film d'autore. Nei primi venti minuti c'è tutto il meglio di Vincent Gallo, e quello che non avrei mai più rivisto in altri film.

Buffalo '66 racconta il primo giorno di libertà di Billy Brown. Comincia dalla mattina, quando esce dal penitenziario e termina la notte quando viene su l'inferno. Tra questi due momenti conosciamo più da vicino Billy, chi sono i suoi genitori, i suoi amici e soprattutto perché è stato in carcere. Prima di iniziare a fare-cose-che-si-vedono-di-norma-al-cinema, Billy deve pisciare. È da quando è salito sul bus per Buffalo che Billy la sta trattenendo. Arrivato al terminal dei pullman domanda dove si trova il bagno. Fuori servizio. Il bisogno di pisciare lo porterà casualmente in una sala da ballo, dove incontra Layla (Christina Ricci). E da quel momento inizia il cinema.

Appena vede passare Layla nel corridoio della palestra le salta addosso le tappa la bocca e la trascina in macchina. Vuole presentarla ai suoi genitori che non sanno che è stato in carcere, e pensano che sia arrivato in città con sua moglie. (Dal penitenziario il ragazzo infatti ha scritto lettere finte dove informava i suoi che si era sposato e non viveva più a Buffalo. Le ha fatte imbucare dal suo unico amico, un ritardato di nome Goon, che vive tra i rettili della sua cameretta e non può stare troppo al telefono altrimenti la mamma si arrabbia.)

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In macchina, mentre vanno a pranzo dai genitori, Billy spiega il piano a Layla, la storia che dovrà imbastire e poi le ordina di accostare e di mettere le mani sul volante bene in vista. Lui deve scendere un attimo, a pisciare.

Gallo se ne frega della logica, della coerenza, a lui interessa l'emozione. Non importa la profondità dei personaggi, il loro passato, importa la potenza della singola scena presente, come ad esempio durante il pranzo.

I genitori di Billy sono perfetti. Sappiamo pochissime cose di loro ma bastano a farci deprimere e vergognare. Tutto mentre siedono a tavola. La madre malata di mente trascorre le giornate a vedere la partita NFL dei Buffalo del 1966, ogni giorno da più di trent'anni, arrabbiandosi puntualmente per l'ultimo punto sbagliato dalla sua squadra. Ha il cappellino e il maglione da vera tifosa. Ha anche i bicchieri con lo stemma dei Buffalo. A pranzo, mentre la madre di Billy (Angelica Houston) guarda la partita perdendo spesso il filo del discorso, gli altri mangiano la trippa [sic] e conversano. Il padre, Ben Gazzara, parla pochissimo; una volta cantava. Vorrebbe scoparsi Layla, le chiede in continuazione di abbracciarlo e stringerlo forte. Billy sta tutto il tempo zitto. Layla recita la parte della moglie e spiega ai "suoceri" quanto ama suo marito, ma poi esagera con le bugie e s'inventa che Billy lavora nella CIA.

Dal punto di vista tecnico e registico Gallo è formidabile. Abituati da tempo ormai ai rallenti di Wes Anderson patinati e piacioni, con donne eteree che scendono da autobus sulle note di Nico dove tutto è coreografia, quelli di Gallo sono semplicemente grotteschi. Billy e Layla dopo aver pranzato a casa dei genitori vanno a giocare a bowling. Gioca soltanto lui, è un maestro, lei lo deve guardare. Al rallentatore l'obiettivo segue tutta la preparazione, la vestizione del guanto, la lampo degli stivaletti che va giù, la concentrazione prima del tiro e Layla che si toglie il maglioncino. Niente Nico, niente Sigur Ros. In Buffalo '66 soltanto progressive e musiche originali di Vincent Gallo. Mentre Billy esegue la sua serie infinita di strike, si abbassano le luci e Layla danza accennando un tip tap su una canzone lenta dei King Crimson, imballabile.

Poi finalmente scopriamo il motivo dell'arresto, è passata un'ora di film. Billy dall'armadietto della sala da Bowling raccoglie una pistola e se la nasconde in tasca.

Buffalo '66 è pura sprezzatura. Una qualità che "l'artista più frainteso degli ultimi 25 anni" sembra possedere con incredibile naturalezza. Gallo è in grado di nascondere l'arte e mostrare quello che fa senza fatica e senza pensarci. Fino al finale, un trionfo di cafoneria e tenerezza, dove con grazia non soltanto Vincent prende in giro Layla, Goon e gli spettatori, ma anche il tempo e la morte. Vincent Gallo può fare tutto.