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Siamo andati a conoscere i più grandi fan di Expo

A poche ore dall'apertura di Expo siamo andati a incontrare gli Expottimisti per capire cosa si aspettano da questo evento. Ci hanno detto che sarà una figata, e che tutti quelli che l'hanno criticato dovranno ricredersi.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Foto di Stefano Santangelo.

Come sapranno i lettori di VICE, da queste parti non siamo esattamente entusiasti dell'Expo che aprirà domani. Tuttavia c'è chi pensa che l'esposizione universale—al trascurabile netto di scandali, infiltrazioni mafiose, ritardi e critiche—sia una delle cose migliori che potessero capitare all'Italia.

Si autodefiniscono "Expottimisti," e la loro principale mansione è quella di rispondere alle critiche su Twitter e glorificare il Grande Evento, principalmente online. I "responsabili" del movimento sono Giacomo Biraghi, che attualmente lavora per Expo come Digital and media PR, Alvise De Sanctis, responsabile comunicazione e PR di Expo in Città, e Luca Ballarini—autori di una guida intitolata #Expottimisti "per chi vuole capirne di più [di Expo] e per le aziende che vogliono guadagnarci."

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Per celebrare l'apertura del primo maggio, ieri sera gli Expottimisti hanno organizzato un "aperitivo libero […] per tutti noi che da Expo siamo presi bene." La festa (a ingresso libero) si è tenuta in un locale in via Paolo Sarpi, e io sono andato a vedere se il loro ottimismo fosse davvero—come hanno detto in un'intervista—"contagioso, audace, visionario, onesto."

Quando arrivo, verso le otto, davanti al locale c'è già un capannello di gente che beve birre in bottoglia e spumante in bicchieri di plastica. La composizione è piuttosto variegata: ci sono studenti, giovani lavoratori incravattati e professionisti di mezzà eta. E anche un passante con i capelli viola.

La parola chiave che rimbalza da persona a persona—e non poteva essere altrimenti—è una sola, un mantra ripetuto allo sfinimento: "ottimismo!"

Una volta all'interno mi fermo a parlare con due ragazze che mi spiegano perché sono diventate Expottimiste. "Expo è un'opportunità per l'Italia di mettersi in mostra a livello internazionale," mi dicono, "Quindi comunque attira attenzione sull'Italia, in un modo o nell'altro."

Chiedo loro cosa ne pensano di tutte le critiche, i ritardi e gli scandali. "È tipico dell'Italia, no?" rispondono con una battuta. "Comunque in un evento così grosso si sa che ci stanno dei ritardi e si lavora fino a qualche ora prima dell'evento, è normale." Per quanto riguarda l'apporto di Expo a Milano, le ragazze sperano che l'evento porti "visibilità, tanti turisti e tanti soldi. È un'opportunità di farsi conoscere, e di far conoscere l'Italia in un altro modo che non sia la costa." Alla mia perplessità su quest'ultima frase, la ragazza precisa: "Che non sia l'Italia classica del mare, insomma, ma l'Italia del business, del saper fare."

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Mi dirigo al bar a prendere una birra. Qui incontro Claudia, che si occupa di marketing e promozione internazionale. La sua convinzione è che più di essere "Expottimisti," bisogna essere "Exporealisti." Nel senso che "non è più il tempo di avere un'opinione, diciamo positiva o meno. È comunque un'esposizione universale, che si tiene in Italia. Ed è bene che, a vario titolo, tutti gli italiani si sentano responsabilizzati rispetto al fatto che l'esposizione universale sta per essere inaugurata."

Le chiedo se criticare un evento del genere sia solo mero disfattismo—come tra l'altro è stato scritto ieri su Wired. "In Italia spesso la critica non è fatta in maniera realmente costruttiva. Oggi Michele Serra scriveva che in Italia perdoniamo tutto, scusiamo qualsiasi cosa, ma non il successo. Perché è un furto inaccettabile verso la mediocrità."

A quel punto nel locale arriva Giacomo Biraghi, accolto dai saluti e dalle pacche sulle spalle dei presenti. Verso le nove, il "capo" degli Expottimisti si posiziona di fronte alla console del DJ e prende la parola. "Volevo solo rubare due minuti per ringraziare tutti e ricordare che domani sera [oggi] c'è la grande festa in piazza del Duomo, per tutti. Venerdì mattina invece apre sto cazzo di Expo alle 10 con il biglietto normale, non c'è bisogno di inviti, è un evento popolare per tutti." Dalla platea partono applausi e urletti di giubilo. "Ci vedremo in altre feste così in Expo, e faremo almeno una festa a manetta ogni mese."

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Il microfono viene passato a un altro Expottimista, che si produce in una sentita apologia del fare: "Siamo qui perché abbiamo voglia di fare, ci siamo rotti di sentire i telegiornali in cui si parla solo di cose che non vanno, che c'è della disoccupazione, che hanno rubato, che ci sono gli incidenti, che ci sono le morti. C'è tanta gente, come noi e come voi, che vogliono fare qualcosa di bello in Italia."

L'entusiamo arriva alle stelle, la gente alza i calici e qualcuno urla: "Presi bene! Presi bene!" Alla fine del discorso, Biraghi solleva al cielo un "dipinto" per Expottimisti—questo:

Smorzatosi il climax, mi aggiro per le sale cercando altri Expottimisti da intervistare. Ne incontro uno accompagnato da alcune persone di origine cinese. Si chiama Emanuele Vitali, e ha una società che aiuta le "aziende italiane a promuoversi sul web cinese, che è diverso da quello che conosciamo noi."

Visto che Expo ritiene assolutamente fondamentale la presenza cinese, gli domando se i cinesi verranno effettivamente all'esposizione o la snobberanno. "Un milione di cinesi ci sono già," risponde, "ci sono un milione e mezzo di visti richiesti, e un milione almeno arriverà a Expo, di cui 80mila sono buyer accreditati. Significa che vengono qua con chiare intenzioni di fare business. Cercano aziende italiane da cui acquistare food certificato, che per la Cina è strategico."

Gli parlo dell'articolo di China Daily di qualche giorno fa, non esattamente Expottimista, e gli chiedo se può influire sull'immagine che la Cina ha di Expo. "Sicuramente ci sono notizie non positive su Expo, lo sappiamo. Detto ciò, loro arriveranno, sta a noi sfruttare questa occasione in positivo."

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Esco per prendere una boccata d'aria, e proprio in quel momento noto Biraghi che si fa foto e selfie con altri Expottimisti. Quando finisce il rituale, e i tweet sono stati inviati e ritwittati, mi avvicino per fargli qualche domanda.

Inizio con i ritardi all'interno del cantiere principale: sarà tutto pronto per domani? Sì, sostiene Biraghi, "tutto sarà pronto. I padiglioni al 100 percento funzionano, sia dentro che fuori, e sono aperti; è il primo Expo dal 1851 che apre con tutto pronto." Nessun problema, quindi—nonostante alcune foto pubblicate oggi su Twitter suggeriscano il contrario, e le parole di un operaio che lavora a Palazzo Italia ("qua faranno una grande figura di merda") non ispirino molta fiducia.

Per quanto riguarda gli scandali giudiziari, Biraghi riduce il tutto a "sette persone che hanno pensato di poter gestire l'evento come fosse un classico evento italiano." Ma, continua il Digital PR di Expo, "li abbiamo fermati, abbiamo stretto i bulloni. Siamo contenti che l'Italia abbia fermato questi bastardi, e da quel momento non è successo più nulla."

Passo ad altro, ed esprimo tutti i miei dubbi sul fatto che il concetto stesso di Esposizione Universale—visto che le ultime Expo europee non sono andate benissimo—è ormai piuttosto anacronistico.

"Su questo sono totalmente in disaccordo. Riteniamo che sia importante costruire uno spazio di democrazia dove 146 paesi si trovino, in pace, a dire quello che vogliono e come vogliono. Io reputo che, al contrario, Expo sia la Facebook del 1851, che oggi è ancora più necessaria perché oggi è l'offline che tira, è l'offline il lusso, è l'offline che tutti richiedono."

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Mentre io cerco di afferrare il senso di queste parole, Biraghi continua dicendo che "l'offline is the new black," e che Expo "in realtà è un formato estremamente contemporaneo" perché "l'incontrarsi diventa the new black."

Visto che negli ultimi giorni c'è stata una grossa polemica legata a "bamboccioni" e Manpower sono piuttosto curioso di sapere da Biraghi quale idea del lavoro emerga, secondo lui, da Expo 2015. "Ho visto che Expo è di chi se lo prende," risponde. E lui, stando a quanto mi dice, Expo se l'è preso proprio con il manuale del perfetto Expottimista. "Ero Expottimista prima di essere assunto da Expo Spa," che ora lo paga 80mila euro all'anno per due anni.

Per il resto, continua Biraghi, Expo "è un un grande meccanismo che sta cambiando l'Italia e spero che possa continuare. Qui vince chi ha i coglioni, chi si espone, chi ha merito e chi si prende la responsabilità di cambiare. Expo sta producendo merito, e nessuno che lavora in Expo non è pagato, anzi."

E la questione del lavoro gratuito che riguarda volontari? Anche qui, per Biraghi i volontari non solo non lavoreranno a Expo, ma non faranno praticamente nulla – al limite sorrideranno alla gente e risponderanno solo se "una bella ragazza, ma anche brutta, chiederà loro un'informazione." Di più, la funzione dei volontari di Expo, sempre secondo l'Expottimista-in-chief, è quasi metafisica: "I volontari vanno in giro a far capire al mondo che l'Italia, cazzo, è orgogliosa di aspettare 'sto Expo!"

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Insomma, dobbiamo aspettarci che Expo risollevi l'Italia e ci assolva tutti dai nostri peccati? "No, l'Expo non è un evento salvifico," conclude Biraghi. "Non salva Milano, non salva nessuno di noi, non risolve i problemi del PIL definitivamente, né i problemi dell'occupazione. È una cosa che verrà fatta dannatamente bene, e che ci farà fare una cazzo di bella figura. Punto."

Quando ci congediamo sono ormai le 10, e le persone si salutano e continuano a fare foto. Fuori, intanto, ha iniziato a piovere a dirotto.

Nel corso di tutta la serata nessuno ha mai mostrato il minimo dubbio: Expo è una figata pazzesca, i difetti sono trascurabili o inesistenti, l'occasione per il Paese intero è epocale, e non afferrarla sarebbe una follia masochista.

Non ci resta che aspettare domani, insomma, quando finalmente vedremo se questa "cazzo di bella figura" sarà tale.

Segui Leonardo su Twitter: @captblicero