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A cosa è servito fare i nomi dei poliziotti che hanno ucciso l'attentatore di Berlino

I nomi dei due agenti che, a Sesto San Giovanni, hanno ucciso Anis Amri sono diventati subito pubblici. Con che conseguenze?
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Avete presente il finale de Il Cavaliere Oscuro, quando il commissario Gordon dice la famosa frase: "un eroe, non l'eroe che meritavamo ma quello di cui avevamo bisogno?" Ecco: è da ieri che, guardando la televisione e scorrendo la mia bacheca di Facebook, ho l'impressione di essere stato catapultato in una gigantesca trasposizione di quella scena.

Tutto è partito dalla decisione del ministero dell'interno Marco Minniti di fare i nomi dei due agenti che, a Sesto San Giovanni, hanno ucciso l'attentatore di Berlino Anis Amri. "L'agente Cristian Movio è stato colpito e ora si trova in ospedale ma non è in pericolo di vita," ha detto il responsabile del Viminale nel corso di una conferenza stampa. "Luca Scatà, il secondo poliziotto, è illeso. Grazie a loro avremo un Natale più bello, più sicuro. Il sistema ha funzionato. Sono orgoglioso, dobbiamo essere orgogliosi dell'apparato di sicurezza italiano."

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Tra le cariche istituzionali, tuttavia, Minniti non è stato l'unico a compiere questa scelta. A fargli compagnia sono arrivati la presidente della Camera Laura Boldrini e, soprattutto, il presidente del consiglio Paolo Gentiloni.

Sempre in mattinata, inoltre, l'ufficio stampa della polizia ha diramato la foto di Cristian Movio (con tanto di nome) sul letto d'ospedale—contrariamente alla cautela mostrata in merito dalle autorità nazionali e locali.

Il questore di Milano Antonio De Iesu, in un'altra conferenza stampa, non ha voluto fornire i nomi e ha dichiarato: "Non amo definirli eroi, sono due buoni agenti che stavano espletando il loro lavoro, oscuro ma efficace e che hanno deciso di controllare una persona sospetta." Il capo della polizia Franco Gabrielli—subito dopo la sparatoria—ha inviato una circolare in cui si caldeggiava la "massima attenzione," poiché "non si possono escludere azioni ritorsive" nei confronti degli agenti e di "tutto il personale delle forze dell'ordine" in divisa.

Una simile raccomandazione si concentrava prevalentamente sull'aspetto legato alla sicurezza—anche perché, molto banalmente, le operazioni antiterrorismo non sono mai condotte a volto scoperto, né si conoscono i nomi degli agenti. Al contempo, però, non era difficile immaginare che l'esplicita e volontaria sovraesposizione di due persone implicate in un fatto del genere avrebbe scatenato una lunga serie di effetti collaterali.

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I primi e più visibili, naturalmente, hanno a che fare con la strumentalizzazione politica. Giorgia Meloni ad esempio ha prontamente lanciato una petizione per dare ai due la medaglia al valore civile, mentre Forza Italia ha reso "onore" a Scatà e Movio con questo post su Facebook.

Il Grande Megafono del Movimento 5 Stelle, dal canto suo, è andato ben oltre. Oltre al canonico post di ringraziamento (con tanto di foto di Movio in ospedale), Beppe Grillo ha sfruttato i volti dei due per lanciare un post sul blog che—a tratti—fa passare Matteo Salvini per un buonista moderato.

Qualcuno poi ha pensato bene di buttarsi nell'orgia retorica postando fotomontaggi,

Oppure aprendo una sfilza di pagine Facebook per celebrare i due agenti (come "Onore A Cristian Movio e Luca Scatà") e spacciarsi direttamente per loro, incassando comodamente like e condivisioni.

Ad aggiungere il carico ci hanno anche pensato i quotidiani, che tra video emozionali e dettagli biografici di ogni tipo non si sono fatti mancare proprio nulla. Repubblica—in un articolo poi parzialmente modificato, ma ripreso altrove nella versione originaria—ha riprodotto alcuni status dei due lasciati sui rispettivi profili Facebook per dimostrare la loro "predestinazione." Vale davvero la pena riportarne uno stralcio:

Tredici ore fa, Luca pubblica una frase sullo sfondo dei colori del tramonto, le sfumature del giallo e del rosso di un giorno che muore: "Solo sulla strada diretta c'è il sole e non ci sono ombre". Le ombre, un'ombra, si materializza con le tenebre. È Anis Amri.

[…] "Nella vita non si può rimanere nel limbo, nell'indecisione. Vanno fatte delle scelte, e queste o si pagheranno o si ameranno" scriveva il 12 dicembre Luca Scatà. Qualcosa, in quell'ombra, fa scattare nei due agenti il dubbio. E da quel limbo, Movio e Scatà decidono di uscire.

[…] "La paura è una reazione, il coraggio è una decisione" scriveva Luca Scatà il primo dicembre del 2015, motto che il suo profilo Facebook aveva richiamato un anno dopo. L'agente in prova Luca Scatà reagisce. Spara. Solo lui può sapere rispondendo a quale miscela di paura, coraggio o decisione.

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Per rimanere sugli account social dei due, a un certo punto è successo che un'esposizione mediatica così febbricitante e vorace abbia fatto emergere gli orientamenti politici dei due agenti (in particolare quello di Luca Scatà), pubblicati in passato con estrema nonchalance.

Chiaramente, ed è bene ribadirlo, le loro opinioni non riguardano i fatti in questione, né tantomeno l'uccisione del terrorista; ma c'entrano eccome con l'operazione mediatica cucita addosso ai due agenti.

A livello politico, infatti, mi pare del tutto evidente che sin dal primo momento i due siano stati usati per magnificare il sistema di sicurezza e per far vedere a tutti che l'Italia, nel campionato europeo della lotta al terrorismo, è in cima.

Dall'altro lato la costruzione mediatica dell'eroe, che ha fatto leva su genuini sentimenti di orgoglio e riconoscimento (ribaditi anche dallo stesso Gabrielli), è stata portata avanti pressoché all'unisono e declinata in base alle varie convenienze. Ma non so quanto possa tornare utile alle persone più coinvolte, che d'ora in poi—volenti o nolenti—dovranno fare i conti con questa enorme sovraesposizione.

Lo stesso questore di Milano, a questo proposito, ha fatto sapere che i loro profili social sono stati oscurati "per tutelare l'immagine dei nostri agenti," e ha invitato quest'ultimi a "non farsi prendere dall'emotività nel loro interesse," perché "stiamo parlando di una dimensione che non è la criminalità, ma il terrorismo internazionale, e c'è un problema di prevenzione."

Sono convinto che sia proprio questo il tema centrale: non si tratta di due agenti che hanno salvato dei gattini su un albero, né cucinato un piatto di pasta per due anziani soli; si tratta di un'"attività non pianificata" di "controllo del territorio" in cui—per puro caso—è stato ucciso un terrorista che aveva giurato fedeltà a ISIS. E probabilmente era il caso di andarci con i piedi di piombo e valutare bene tutte le implicazioni per i due poliziotti, prima di gettarli senza troppi complimenti nel vulcano della retorica nazional-popolare.

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