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Come il punk hardcore salverà Bologna dalla gentrificazione

Mentre qualcuno vuole trasformare Bologna in una specie di boutique per foodie, XM24 e la scena locale lottano per restare nel mondo reale.

Da qualche mese a questa parte soffro di dolori al collo. Roba di cervicale, non lo so. Spesso mi trovo a scrocchiare il collo senza neanche accorgermene, è diventato un gesto praticamente involontario. Una roba brutta, una roba che mi sta oggettivamente imbruttendo. Fa parte dell'invecchiare, soprattutto se la tua attività sportiva preferita sono gli scacchi.

Dicono faccia male far scrocchiare le ossa. Dicono ti rovini la cartilagine e sia una cosa che succede lentamente. Negli anni, tutta l'aria che passa finisce per farti somigliare le articolazioni a quelle dei polli sventrati sul piatto del pranzo.

Quando le mie articolazioni ancora funzionavano bene Bologna era una città dove potevi assicurarti una dose settimanale di concerti. Sempre. Inverno, estate, domenica, venerdì. Di quelli che, manco a farlo apposta, ti entravano nelle articolazioni. Concerti da trenta, quaranta spettatori. Di quei quaranta spettatori una decina erano lì con la scusa di bere birra; un'altra decina avevano l'impellente bisogno di sfondarsi i timpani, questioni private di relazioni andate a male o lavori del cazzo; poi c'erano gli amici di quelli che suonavano e poi quei veri cinque fanatici della band, con la maglietta dei Flipper addosso; e infine c'era il solito tizio che si immolava con uno stage diving ad altissima statistica di rischio caduta a terra.

Nei primi anni del millennio Bologna aveva un certo numero di luoghi occupati e autogestiti. C'era, ad esempio, il Bartleby: un collettivo studentesco occupava un grosso edificio in disuso in via San Petronio Vecchio, una storica via cittadina che incontra via Zamboni. Al Bartleby ci passavi le serate, ascoltando musica all'interno del cortile e chiacchierando e scambiando opinioni con le matricole o i ragazzi più grandi. Le tipiche cose che si facevano a Bologna, e la bellezza stava nel sentirsi importanti quando si era davvero ingenui.

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