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Macro

Quanto sono lunghe 24 ore se sei disoccupato

Come molti miei coetanei, all'inizio di quest'anno mi sono ritrovato disoccupato. All'improvviso mi sono dovuto porre il problema di come guadagnarmi da vivere, ma anche quello di come occupare tutto il mio nuovo tempo libero.

Grafica di SCUSA

Questo post fa parte di Macro, la nostra serie su economia, lavoro e finanza personale in collaborazione con Hello bank!

Come un milione e 600 mila miei coetanei, all'inizio di quest'anno mi sono trovato senza lavoro. All'improvviso mi sono dovuto porre il problema non solo di come guadagnarmi da vivere ma anche di come occupare le otto ore della mia giornata che prima impegnavo in ufficio, non sempre con entusiasmo e comunque nell'attesa del weekend, e che ora si erano inaspettatamente liberate. In questo Paese è un problema piuttosto comune.

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Tra il 2007 e il 2013, il tasso di occupazione dei 15-29enni è sceso dal 64,3 al 52,7 percento, ponendo l'Italia dietro solo alla Grecia per percentuale di giovani con un lavoro tra i 34 paesi dell'Ocse. Durante la crisi, il numero dei disoccupati tra i 15 e 34 anni è aumentato di 584 mila persone. Che, per 8 ore al giorno, fa 4.672.000 ore di lavoro perse quotidianamente, o 280.320.000 minuti. L'equivalente del tempo che servirebbe a costruire una Piramide di Giza ogni otto giorni. Un Empire State Building ogni 48 ore. O a guardare tutte le sei stagioni dei Soprano per 56.289 volte.

Un enorme potenziale inespresso, pensavo facendo questi conti, un patrimonio di tempo che di sicuro non sprecherò su Facebook, mi dicevo. D'altro canto avevo studiato queste cose, e dopo una laurea specialistica in economia formule su formule mi avevano convinto che razionalmente un minuto passato da disoccupato senza cercare lavoro è un minuto sprecato.

Secondo alcuni studi, 3 persone su 10 trovano lavoro nelle prime settimane di disoccupazione. Dopo un anno, la probabilità di trovare lavoro diminuisce drasticamente, e meno di 1 su 10 ci riuscirà. Così, sei mesi di disoccupazione a vent'anni diminuiscono del 35 percento le probabilità di avere un'occupazione in futuro e del 10 percento il livello medio di stipendio che si riuscirà a ottenere per i 10-15 anni successivi. "La Grande Recessione ha segnato un'intera generazione," ha chiosato il Fondo Monetario Internazionale in un rapporto di qualche anno fa, descrivendo la disoccupazione come una cicatrice destinata a non rigenerarsi mai del tutto.

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Le cose sono andate molto diversamente da come mi aspettavo, e non c'è stata esperienza più utile a farmi capire di quanto gli economisti sbaglino. Come l'83,9 percento dei colleghi disoccupati non mi sono preoccupato di cercare subito un nuovo lavoro. Dopo un anno senza ferie, orari o weekend—grazie contratto a progetto—mi sembrava di meritarmi qualche giorno di riposo. Così, la prima cosa che ho fatto è stata smettere di puntare la sveglia. Perdere la routine lavorativa non è stato facilissimo, e per qualche settimana ho continuato a svegliarmi alla solita ora d'ufficio accumulando una montagna di sonno arretrato, ma con il passare del tempo ho iniziato a dormire sempre di più e ad alzarmi sempre più tardi.

Del resto, un disoccupato dorme tantissimo, in media 550 minuti sui 1440 che compongono un'intera giornata. Si tratta di un'ora in più di chi ha un'occupazione ma uguali caratteristiche demografiche. Così, un terzo del tempo guadagnato grazie alla perdita del lavoro viene utilizzato tra le coperte, in rigorosa solitudine, oltre che per guardare la tv—nel mio caso, tantissime serie tv—attività che totalizza circa 151 minuti al giorno per un disoccupato medio.

Un tutorial su YouTube per richiedere il sussidio di disoccupazione

Questa è una cosa che fa impazzire gli economisti, che da anni studiano i comportamenti di chi perde il lavoro senza capirli. In media, un disoccupato italiano utilizza 10 minuti al giorno per cercare una nuova occupazione, ma non si tratta di una particolarità italiana: in Germania ci si attesta sui 7 minuti mentre i più motivati, cioè gli statunitensi, cercano lavoro per 40 minuti durante una giornata infrasettimanale tipica. Ma questo significa che nel resto del tempo le capacità acquisite studiando e lavorando piano piano invecchiano, proprio mentre un sacco di neolaureati si affacciano sul mercato. È chiaro che un datore di lavoro preferirà questi rispetto a un disoccupato che, come me, si era abituato a dormire fino alle 11 del mattino. Senza contare che essere esperti di serie tv non è una competenza universalmente apprezzata nel mondo del lavoro.

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Alan Krueger, ex consigliere economico di Obama, sostiene che "il modo in cui i disoccupati impiegano il loro tempo può essere solo spiegato come il frutto di un mix di apatia e del fatto che il tempo di un disoccupato vale meno di quello di un lavoratore, quindi può essere impiegato in attività meno produttive". Non lo so. Forse essere disoccupati equivale semplicemente a essere un po' più umani. La metà del mio nuovo tempo libero la dedicavo ad altre persone, tra cui un famigliare malato, e agli amici. Come me fanno molti altri disoccupati, che utilizzano in media 383 minuti della loro giornata in queste attività contro i 243 di chi ha un lavoro. E non è detto che, alla fine, questo valga meno dell'avere uno stipendio.

A un certo punto, anche io ho dedicato parte del mio tempo a cercare lavoro. In un anno avevo accumulato molte idee "geniali" per delle app, tra cui una che mappasse le fontanelle pubbliche—a disposizione delle persone assetate che non vogliono comprare bottigliette di plastica—e una sorta di Yelp per confrontare i medici di base e scegliere il migliore sulla base dei rating degli altri utenti. Sono andato quindi su Coursera e mi sono iscritto a un corso introduttivo di programmazione del MIT. Ho investito in formazione almeno una mezz'ora al giorno per un paio di settimane—non diversamente da quanto fanno gli altri disoccupati, che si attestano sui 21 minuti.

Avevo un piano ben preciso per entrare nell'olimpo della Silicon Valley. Dopo aver barato sul primo problem set, però, una serie di esercizi di debugging mi ha tolto qualsiasi speranza di riuscire in questa nuova carriera—anche se la cosa che in assoluto mi ha scoraggiato di più è stata una mattinata alla Camera di Commercio. In Italia, d'altro canto, uscire dalla disoccupazione è un girone dantesco di trafile burocratiche, Garanzie giovani che garantiscono poco, centinaia di curriculum inviati e senza risposta, offerte di stipendi umilianti e la costante richiesta di lavorare in nero.

Alla lunga non è facile andare avanti. Io ho iniziato a preoccuparmi quando guardare Southcliffe era diventato un piacevole diversivo nella mia giornata. In certi momenti ho avuto l'impressione di essere un personaggio in quella favola grottesca di Michael Ende in cui tutti sono talmente preoccupati per il futuro da non sapere più vivere il presente, cedendo il proprio tempo a signori in grigio che all'ombra ne banchettano.

Ma non c'è una morale in tutta questa faccenda, una formula magica di utilità collettiva, un insegnamento particolare. È la statistica a dire che la mia è una storia nella media. Se non fosse stato per il fatto che, in un Paese in cui le opportunità non sono uguali per tutti, l'università privata in cui ho passato i due anni di specialistica non voleva rovinare le sue statistiche occupazionali probabilmente sarei ancora disoccupato. Invece ora ho un fantastico contratto di quattro mesi che mi permetterà di spendere ad agosto tutto il poco che ho guadagnato.

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