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Tecnologia

La strana storia del vero videogioco che ha ispirato 'Black Mirror: Bandersnatch'

L'episodio interattivo della serie distopica di Netflix è ispirato a un videogioco reale degli anni Ottanta, che è stato un esperimento altrettanto allucinante nella storia dei videogiochi.
Matteo Lupetti
Asciano, IT
bandersnatch black mirror vero videogioco
dell'autore. Composizione: Motherboard

L’episodio interattivo di Black Mirror Bandersnatch — uscito venerdì scorso su Netflix — parla di un giovane sviluppatore che nel 1984 lavora a un videogioco tratta da un romanzo a bivi intitolato appunto Bandersnatch. Ne resta ossessionato, e le cose non vanno a finire benissimo. Ma Bandersnatch è anche il titolo di un vero videogioco dello studio inglese Imagine Software — un’opera ambiziosa che sarebbe dovuta uscire negli anni Ottanta e che ha avuto uno sviluppo assai travagliato.

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Imagine Software — fondata nel 1982 da David Lawson, Mark Butler e Bruce Everiss — era famosa più per la sua aggressiva promozione che per i suoi risultati e lo scrittore di Black Mirror: Bandersnatch — l’ex giornalista videoludico Charlie Brooker — ha modellato su di essa l’azienda Tuckersoft dell’episodio. Nell’epoca in cui gli sviluppatori di videogiochi erano ricche superstar (in Black Mirror: Bandersnatch il giovane programmatore Colin può permettersi una Lamborghini) la dirigenza di Imagine Software voleva vivere — o almeno fingere di vivere — una vita lussuosa tra corse motociclistiche e macchine sportive, ma aveva anche la sincera voglia di spingere il mondo del videogioco verso orizzonti ignoti e forse irraggiungibili.

Bandersnatch sarebbe stato un “megagioco,” un software tanto complesso da dover essere distribuito insieme ad apposite espansioni hardware per i computer che avrebbero dovuto farlo girare. Non è mai uscito, e l’azienda è stata chiusa dopo neanche due anni di attività. La colpa è stata principalmente della dirigenza di Imagine Software e della sua cattiva gestione, anche se non va sottovalutato il ruolo giocato dalla crisi del mercato videoludico del 1983, crisi che ha colpito soprattutto il Nord America e soprattutto le console (e quindi non i computer come lo ZX Spectrum per cui Bandersnatch stava venendo sviluppato in Europa), ma che ha causato cambiamenti epocali nell’intero mercato, segnando per esempio il declino di Atari e aprendo la strada al dominio giapponese sul mercato console.

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Pubblicità promozionale del vero megagioco 'Bandersnatch,' poi mai uscito. Immagine: Wikimedia Commons

Vogliamo fare un esempio della gestione folle di Imagine Software riprendendo un reportage di Crash — rivista che compare anche in Black Mirror: Bandersnatch. A Natale del 1983 l’azienda aveva deciso di occupare completamente con i suoi ordini una delle più grandi manifatture di nastri per videogiochi con l’idea di bloccare in questo modo la fabbricazione delle copie dei concorrenti e rovinare le loro vendite durante il periodo festivo. Risultato: Imagine Software si era ritrovata con centinaia di migliaia di copie dei suoi videogiochi, non riusciva a venderle e doveva pagare un magazzino apposta per conservare i frutti di questo scherzone. Aggiungete a queste trollate da geni del crimine uno staff troppo grande, debiti per spazi pubblicitari mai pagati, giochi che non venivano completati o uscivano pieni di bug e scontri tra fazioni interne.

Dopo la fine di Imagine nel 1984, alcuni suoi sviluppatori hanno creato lo studio Denton Designs e parte della sua dirigenza ha creato Psygnosis, un’azienda che sarebbe diventata fondamentale negli anni seguenti sviluppando e pubblicando alcuni dei videogiochi più importanti degli anni Ottanta tra cui il celeberrimo Lemmings — una delle prime opere del creatore di Grand Theft Auto David Jones. Sia Denton Designs sia Psygnosis hanno inoltre recuperato Bandersnatch e le sue idee creando Gifts of the Gods e Brataccas, che è stato descritto come un ibrido tra Bandersnatch e Psyclapse — altro megagioco mai distribuito.

Brataccas è un ambizioso videogioco fatto di esplorazione e di dialoghi a scelta multipla — come il Bandersnatch di Black Mirror — ed è uno dei primi tentativi di creare un’opera interattiva piena di sistemi in continua comunicazione tra loro e con il giocatore in un’ambientazione esplorabile liberamente. È pieno di glitch e bug e niente funziona come dovrebbe, ma è anche il frutto del lavoro di un gruppo di creativi deciso a fare qualcosa di nuovo e sorprendente e persino il suo sistema di controllo — basato su gesti e movimenti fatti con il mouse — è innovativo e sperimentale. È terribile ed è impossibile prendere un oggetto senza sbagliare comando e correre contro un muro, ma resta sicuramente innovativo e sperimentale.

C’è però una grande differenza tra il Bandersnatch reale e quello fittizio: Bandersnatch di Imagine Software, da quello che possiamo capire da Brataccas di Psygnosis, era un gioco ricco di possibilità, ma dotato di un unico finale da ottenere compiendo specifiche azioni, mentre il videogioco rincorso nell’episodio di Black Mirror è fatto di scelte e di percorsi alternativi, di realtà parallele e di possibilità totalmente diverse come l’episodio stesso. Al punto che — come viene mostrato in uno dei finali possibili (spoiler!) — in una possibile linea temporale l’episodio stesso è il Bandersnatch a cui il protagonista stava lavorando.