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Questa foto non è una provocazione, ma l'ennesima idiozia per un ministro-influencer

Forse è il caso di rivedere questa cosa dell'invincibilità dei social di Matteo Salvini.
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Foto via Facebook.

Mentre stavamo tranquillamente preparando il pranzo di Pasqua, il “social-megafono” di Matteo Salvini—Luca Morisi—ha pensato bene di postare una foto (risalente al 2018) del ministro dell’interno che imbraccia un mitra, accompagnandola con uno status piuttosto minaccioso: “Vi siete accorti che fanno di tutto per gettare fango sulla Lega? […] Ma noi siamo armati e dotati di elmetto.”

Com’era prevedibile, in breve si è scatenata una polemica piuttosto accesa—sia sul gesto in sé, che sull’efficacia strategica del post. Ma se sul gesto siamo tutti d’accordo che sia un qualcosa di totalmente riprovevole (mi aspetterei una cosa del genere da un Duterte, per dire), penso comunque che sia utile fare un passo indietro per analizzarne l’efficacia.

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In diversi, infatti, hanno intravisto in quel post l’ennesima conferma della geniale strategia comunicativa della Lega, che in un sol colpo è riuscita a distogliere l’attenzione dal caso Siri—il sottosegretario leghista recentemente indagato per corruzione; altri, più in generale, hanno sottolineato che la “Bestia” riesce splendidamente a triggerare i suoi “nemici,” facendoli abboccare all’amo della provocazione.

Qualunque cosa dicano o facciano Salvini e Morisi, insomma, c’è sempre qualcuno tra i loro avversari pronto a glorificarli o trasformare ogni possibile reazione in un loro successo. Già solo questa considerazione, allora, dovrebbe bastare a far storcere il naso sul mito della “genialità” del duo: con la scusa di “fare il loro gioco” si finisce per screditare e precludersi ogni forma di opposizione, e giustificare i propri fallimenti.

Perché, di fronte all’immagine del Ministro dell’Interno (e de facto capo del governo) con in mano un’arma da fuoco e la velata minaccia di usarla contro chi “spala fango sulla Lega,” dovrebbe inquietare di più l’assenza di una reazione dell’opinione pubblica e della politica, piuttosto che ritrovarsi la notizia in trending topic.

La continua esaltazione della “Bestia” consente a chi dovrebbe opporsi a Salvini di alimentare un sentimento di autoassoluzione, impostando la narrazione di un nemico forte e organizzato—talmente astuto che ogni arma da usare contro di lui si ritorce contro. Paradossalmente, questa è l’unica narrazione di successo che il centrosinistra sembra essere riuscito a creare in questi anni.

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Ma, questo è il punto, la comunicazione del Capitano è tutt’altro che infallibile. Partiamo da un semplice dato: il post con il mitra pasquale è stato pubblicato sul profilo di Morisi, segno che anche lui si è reso conto che poteva essere controverso usarlo nella comunicazione ufficiale di un ministro della Repubblica. Ed è stato pubblicato unicamente su Facebook, che negli ultimi tempi è diventata la principale roccaforte della comunicazione leghista, a scapito di Twitter.

Non va sottovalutato che quest’ultimo sia calato nella classifica delle preferenze della “Bestia”: su Twitter, Salvini ha deciso di smettere di citare la sua antica nemica Laura Boldrini dopo che gli ultimi tentativi di gogna mediatica avevano sortito l’effetto opposto, e il social ha iniziato a rivelarsi fin troppo ostile e rischioso. Non a caso, l’hashtag #licenza_LUCA_MORISI è stato in TT per più di 24 ore e ha generato numeri abbastanza impressionanti.

In secondo luogo si sottovaluta sempre il fatto—quando si parla dei social di Salvini—che la destra radicale populista non è un fenomeno solo italiano, ma globale. E la strategia di Morisi non è tanto diversa da quella di Trump; anzi, ne è praticamente una copia. Guardando poi alle principali democrazie europee, praticamente ognuna di esse si ritrova con un suo “problema Lega”—pur senza eccezionali tattiche comunicative.

In base ai sondaggi, il Rassemblement National (ex Front National) di Marine Le Pen è il secondo partito in Francia; i Democratici Svedesi sono arrivati terzi alle elezioni nazionali del 2018, più o meno con la stessa percentuale di voti della Lega. Secondo nel 2015 è arrivato il Partito Popolare Danese; stesso risultato ottenuto due anni dopo in Olanda dal Partito per la Libertà di Geert Wilders; e AfD è attualmente il terzo schieramento in Germania. La cosa curiosa è che nessuno di questi tre partiti ha la lunga tradizione politica e di governo della Lega, nata nel 1991 (AfD, per intenderci, è stato fondato nel 2013).

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A ben vedere, invece, gli errori comunicativi della Bestia salviniana sono sempre più frequenti. Parliamo di post rimossi in silenzio dopo minacce di azione legale, insulti che si ritorcono contro (è il caso del “radical chic” appioppato alla scrittrice Michela Murgia), un tempismo poco azzeccato e talvolta una plateale mancanza di logica e coerenza.

Qualche esempio: mesi e mesi di “bacioni” e “vi voglio bene,” (tutto mutuato dalla comunicazione di Berlusconi dei tempi migliori, tra l’altro) per poi mettere foto con armi e avvertimenti ai “nemici”; la mattina una strage in Sri Lanka—perfetta per la narrazione del terrorismo anti-cristiano—e invece tutta l’attenzione va a finire su un post dello stesso Morisi; la cattedrale di Notre-Dame a Parigi brucia e, invece di parlare di un simbolo della cristianità che “scompare”, Salvini fa un post sul Grande Fratello. Quante stupende occasioni sprecate per un genio della comunicazione, no?

L’unica vera tattica di Morisi e Salvini sembra essere l’ossessiva ricerca dell’occupazione dello spazio mediatico, alzando sempre di più i toni per restare al centro dell’attenzione. Del resto il ministro-influencer è proprio questo, dato che Salvini è il prodotto politico di se stesso.

Quello che gli mancano sono i contenuti; quei nodi che, bene o male, in politica devono prima o poi tornare al pettine. Tra un po’ le tasse si alzeranno, anche se aveva detto di no; tra un po’, la gente si accorgerà che il lavoro continua a mancare, anche se si erano fatte altre promesse; e tra un po’, ci si renderà conto anche che nessuna delle emergenze che la destra s’è inventata in questi anni è mai stata risolta.

La foto col mitra perché non si parli di Siri è un’idea stupida e infantile, perché non si tratta di un caso puramente mediatico, ma che coinvolge la magistratura e di cui, forse per una volta, anche il Movimento 5 Stelle potrebbe chiedere conto.

Ma aver deviato l’attenzione dei social per un paio di ore non ferma le inchieste, di cui i giornali torneranno a parlare: è il colpo estemporaneo di una persona che non sembra in grado di gestire l’impatto di uno scandalo e reagisce d’istinto, come uno che fa il social media manager a tempo perso, e spera che le persone si dimentichino in fretta di tutto.

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