Cosa c’è dietro all'ossessione dei cubani per il gelato

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Cosa c’è dietro all'ossessione dei cubani per il gelato

Il gelato è un cardine della cultura cubana. Ma perché? E Castro c'entra qualcosa in tutto questo? (ovviamente sì, molto)

Per la maggior parte degli stranieri, Cuba è un po’ un enigma. Dato l’embargo lungo più di metà secolo, i cui effetti si sono riversati principalmente sulla mancanza di scambi culturali e materiali con gli altri paesi, noi americani ci siamo costruiti un’idea specifica dell’isola, frutto di un collage di ciò che pensiamo essere Cuba. E così macchine vintage, sigari e cappelli bianchi prendono spazio nella nostra immaginazione, spesso trascurando un elemento cardine della cultura cubana (tanto quanto i sigari Cohiba): i prodotti caseari, in particolare i gelati.

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Cuba è, infatti, totalmente ossessionata dai latticini. Il gelato, poi, non è solo il gelato, bensì una diretta espressione dei cambiamenti sociali e politici che gli abitanti dell’isola hanno vissuto durante tutto il Ventesimo secolo. Dalla rivoluzione all’avvento dei mercati (un po’ più) liberi, la storia del gelato di Cuba è la storia di Cuba stessa e, come quest’ultima, sta cambiando velocissimamente.

La storia in questione parte con Fidel Castro, il celebre leader rivoluzionario comunista che, dopo un colpo di Stato nel 1959, ha mantenuto il controllo più di qualsiasi altro leader (non proveniente da una famiglia reale) dall’Età Vittoriana. I rapporti fra Cuba e gli Stati Uniti d’America si sono immediatamente deteriorati dopo la presa di potere di Castro. In un gesto del 1962 ormai diventato famoso, l’allora presidente Kennedy aveva comprato 1200 sigari cubani prima di ampliare l’embargo ai beni di consumo, che includevano per l'appunto anche i sigari. In pochi sanno però che, nonostante i malumori con gli USA, Castro custodisse gelosamente un arsenale di “sfizi Yankee.” Sempre durante l’embargo, Castro aveva chiesto al suo ambasciatore in Canada di spedirgli 28 contenitori di gelato della Howard Jonhnson’s, la più grande catena di ristoranti statunitensi dell’epoca.

Castro ingurgitava una quantità imbarazzante di questi “latticini congelati”. Gabriel García Márquez, noto scrittore colombiano nonché amico di Castro, aveva persino incluso in una sua biografia la scorpacciata di 18 palline di gelato che Castro si era concesso dopo un lauto pranzo.

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Anche stando ad alcune fonti della CIA l’appetito di Castro non era un segreto. nel 1963 sempre la CIA, in combutta con dei mafiosi statunitensi, aveva pensato di avvelenare Castro pian piano con delle pillole alle tossine botuliniche rovesciate nel suo milkshake, ma il piano andò in fumo quando chi era stato predisposto a farlo ruppe accidentalmente la pillola nel frigo dell’hotel Havana Libre in cui stava soggiornando il leader comunista.

gelato cubano

Fidel Castro mangia gelato allo zoo del Bronx di New York nel 1959. Foto: Meyer Liebowitz/Getty Images

Raggiunto il potere, Castro non ha perso tempo prima di istituzionalizzare la sua ossessione per i latticini. A quanto pare, dopo aver assaggiato ogni singolo gusto dei gelati Howard Johnson’s, Castro si era impuntato stabilendo che uno degli obiettivi del suo neonato governo sarebbe stato quello di superare in qualità e gusto il gelato americano. E non finisce qui. Il mantenimento di una produzione casearia buona e sana ha sempre rappresentato per lui una sorta di termine di paragone per il successo del suo governo.

Gli aneddoti storici che mostrano quanto abbia cercato di spingere la produzione casearia cubana non si sprecano. Nel 1964, giusto per fare un esempio, Castro si era cacciato in una discussione con il diplomatico francese André Voisin dopo che quest’ultimo si era rifiutato di ammettere che il Camembert cubano fosse meglio di quello francese (nonostante avesse comunque ammesso che non fosse male).

Castro parlava a tutti, celebrità e importanti personalità politiche incluse, della Ubre Blanca. Ne parlava proprio costantemente.

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Per una produzione casearia ottimale, chiaramente, serviva una fornitura di latte notevole. Nel periodo antecedente alla Rivoluzione la maggior parte dei bovini cubani era Zebù o Creola, e nessuna di queste sottospecie è conosciuta per la produzione di latte. Così, per rimediare a questa mancanza, il governo cubano aveva comprato migliaia di mucche Holstein dal Canada, intraprendendo un programma d’ibridazione specifico volto a creare una sottospecie di mucca Holstein in grado di sopravvivere al clima umido e caldo dell’isola. È così che è nata la Ubre Blanca nel 1972.

La Ubre Blanca (“Ubre Bianca”), un ibrido di mucca Holstein, è forse diventata la cittadina preferita di Castro, perché produceva latte in grandissime quantità. Ne produceva talmente tanto che, nel 1982, il libro del Guinness del Primati l’ha certificata come la mucca più produttiva al mondo grazie ai suoi 110 litri di latte giornaliero. Castro passava molto tempo a garantire un’ottima qualità della vita alla sua Ubre Blanca, alla quale venivano riservati trattamenti speciali a suon di aria condizionata e musica durante la mungitura. Castro parlava a tutti, celebrità e importanti personalità politiche incluse, della Ubre Blanca. Ne parlava proprio costantemente. Come potete immaginare, la morte della Ubre Blanca è diventato un affare di Stato, con tanto di obituari sulle pagine di giornale, elogi di poeti e l’inaugurazione di una statua di marmo a lei dedicata. Per quanto ne sappiamo, a partire dal 2002, gli scienziati cubani si sono messi al lavoro per cercare di clonarla.

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ubre blanca cuba

Dopo la sua morte, la Ubre Blanca è stata impagliata e messa in esposizione in una teca di vetro in una casa fuori dall'Avana; foto: STR/AFP/Getty Images

Sebbene i seguenti ibridi di Holstein cubana non si siano rivelati così prolifici come la Ubre Blanca, nel 1987 Castro si era ritrovato a dover chiedere agli scienziati di creare una sottospecie di mucca che potesse supportare il fabbisogno cubano di latte. Ed è qui che Castro aveva poi specificatamente chiesto agli studiosi di focalizzarsi su di una specie di “mucchine” grosse come dei cani che, stando a quanto detto al Wall Street Journal da uno scienziato che aveva lavorato al progetto, potevano idealmente popolare i giardini di molte famiglie. Alla fine, comunque, delle “mucchine” non se ne è fatto niente, non sono arrivate in alcun cortile a ruminare erba.

Sia a livello generale che in quello riservato ai prodotti caseari, tuttavia, la Cuba comunista era costantemente costretta a fare affidamento sulle importazioni dei suoi alleati strategici. Quando però lo spettro del comunismo ha iniziato a ritirarsi da alcuni paesi europei, l’isola ne ha enormemente sofferto. La Germania dell’Est, che garantiva ingenti scorte di latte ai cubani, così come l’Unione Sovietica, che dal canto suo esportava burro sempre nell’isola, avevano portato i cubani a un bivio nell’esatto momento in cui il loro collasso si era fatto evidente. Costretti a scegliere fra latte e burro, gli officiali cubani avevano optato per il primo (principalmente per via dell’ossessione dei cubani per il gelato).

Agli albori del regime comunista, il fiore all’occhiello della distribuzione di gelato a Cuba è sbocciato (e continua a fiorire) alla gelateria Coppelia. Castro aveva ordinato alla sua segretaria personale Cecilia Sánchez di costruire un locale che potesse mettere in imbarazzo e difficoltà le aziende di gelato americane, e lei, diligentemente, aveva eseguito l’ordine.

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gelato cubano

Gelato alla Coppelia. Foto via Flickr di Naila Jinnah

Inaugurata nel 1966, la gelateria Coppelia è stata progettata dall’architetto modernista Mario Girona con l’intento di ospitare quante più persone possibile (circa 1000). È, indiscutibilmente, un capolavoro dell’architettura, che domina senza troppi indugi sul quartiere Vedado dell’Avana.

Fin dalla sua costruzione, la Coppelia è diventata uno specchio sia dei successi che dei fallimenti dell’industria casearia cubana, così come un riflesso dell’isola stessa. Nei primi anni Ottanta offriva 50 gusti alle sue decine di migliaia di clienti giornalieri, con tanto di filiali satellite strategicamente posizionate nel resto del Paese per soddisfare quanti più cubani possibile.

Subentrato il collasso dell’Unione Sovietica, però, i gelati della Coppelia sono stati costretti a produrre il gelato non con il latte, bensì con l’acqua.

Ma quello del gelato non è stato l’unico accorgimento necessario. L’austero periodo post-Unione Sovietica aveva costretto Castro ad adottare il dollaro americano come seconda valuta, riservandolo perlopiù ai turisti e ai ricchi. Nel 2004 il dollaro americano è stato poi rimpiazzato con il Peso Convertibile Cubano (CUC), che ora vale di più di quello cubano (CUP). La Coppelia, da bravo specchio delle idiosincrasie cubane, propone due code d’attesa per i suoi clienti, divisi in chi usa il CUC e chi, invece, ha in mano un CUP. La prima coda, come facilmente immaginabile, è più corta, dà accesso a una varietà di gusti maggiore e, pare, garantisca una qualità di gelato migliore.

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gelato

Cubani mangiano gelato alla Coppelia. Foto via Flickr di fabulousfabs

Di qualsiasi fila si tratti, comunque, alla Coppelia la brama di gelato è sempre stata la sola protagonista. I cubani aspettano ore per il proprio ordine, che spesso è l’ensalada, la coppa di gelato a 5 gusti. Secondo un sondaggio del Saveur, molte persone ne ordinano 3 di ensalada, per un totale di 15 palline di gusti diversi.

Centro socio-culturale cubano, la Coppelia non poteva che prestate le proprie mura per uno dei film moderni più iconici cubani, la storia d’amore gay Fresa y Chocolate del 1994, in cui l’orientamento sessuale di uno dei protagonisti viene rivelato tramite un ordine di gelato alla fragola e non al cioccolato.

Salutata l’Unione Sovietica, Cuba alla fine ha trovato un nuovo alleato comunista: il Venezuela. Nel 2012 Hugo Chávez, per suggellare il sodalizio, aveva annunciato che la Coppelia sarebbe sbarcata proprio in Venezuela.

In tempi un po’ più recenti, bisogna ammettere, lo spirito rivoluzionario cubano si è leggermente assopito. Fidel Castro ha ceduto il potere a suo fratello Raúl nel 2006, morendo poi solo dieci anni dopo. Miguel Días-Canel è diventato quest’anno il primo Presidente del Consiglio “non Castro”, e l’economia cubana ha subito una svolta a partire dal 2010. I gusti proposti dalla Coppelia sono diminuiti, diventando persino vuoti in alcuni casi (questo secondo un’indagine trapelata nel 2013). Come se non bastasse, l’impossibilità di poter compare mangime di qualità ha portato come conseguenza a una produzione di latte a bassa intensità e basso apporto di grassi.

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A photo of the hollow scoops at Coppelia as seen in an investigation on CubaSi.cu

Gli ultimi anni di Castro (compresi quelli del governo del fratello), hanno gradualmente aperto le porte a una presa di posizione più amichevole nei confronti del capitalismo e delle imprese straniere. La Nestlé vende gelati a Cuba da vent’anni ormai, operando sotto controllo governativo. E così la Nestlé, assieme al suo marchio Linea Azul cubano, ha guadagnato consensi fra i giovani a discapito della Coppelia. Questa presenza straniera sembra ormai espandersi a Cuba, e ha tutto l’intento di addentrarsi nella produzione di caffè, merendine e piatti pronti.

In tutto questo, anche tenendo conto delle aperture al capitalismo, Cuba rimane un mistero a porte chiuse per molti stranieri, compresi quelli che ci lavorano. Curioso di sapere se la Nestlé usi prodotti locali o importati per le proprie produzioni sull’isola, ho provato a contattare un rappresentante dell’azienda. Sebbene gli addetti alla comunicazione della sede svizzera dell’azienda fossero desiderosi di darmi una mano, l’impossibilità di ottenere risposte dai colleghi cubani si è fatta troppo forte.

E così, sebbene le politiche di Trump siano meno diplomatiche di quelle di Obama nei confronti di Cuba, a molti investitori americani il potenziale dell’isola fa decisamente gola. Ed è in questo scenario incerto che il futuro dell’industria del gelato cubano si prefigura. Qualsiasi cosa succeda, tuttavia, una cosa è certa: i cubani ne continueranno a mangiare a chili.

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Quest'articolo è originariamente apparso su Munchies US.