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I politici italiani che sembrano degli inviati di ‘Striscia la Notizia’

I video di denuncia in stile Striscia o Le Iene sono diventati la specialità di alcuni politici.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
L'eurodeputato della Lega Angelo Ciocca, mentre consegna il "cartello della vergogna" a un ladro ricoverato in un ospedale. Grab via Facebook.

Nell’immaginario televisivo italiano degli ultimi decenni, una delle figure più ricorrenti è sicuramente quella dell’inviato “molesto” che tampina i propri bersagli e va in giro a denunciare scandali sociali o politici. Le forme assunte nel corso del tempo sono le più disparate: grossi pupazzi rossi, dispensatori di tapiri, personaggi pittoreschi e/o “satirici,” campioni di bike trial con megafono incorporato, imitatori di giornalisti famosi, giornalisti-intrattenitori in completo nero, e così via.

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A questo variegato campionario, con un rovesciamento solo all’apparenza paradossale, si è aggiunta anche la categoria dei politici—o delle persone che hanno a che fare con la politica.

Circa un anno fa aveva fatto scalpore l’“intervista” su strada in stile Le Iene al direttore del TG1 Mario Orfeo, inseguito da due persone che si erano qualificate come “giornalisti.” Nel video, poi rilanciato all’unisono da tutti i canali social dei Cinque Stelle con l’hashtag #OrfeoRispondi, i due accusavano Orfeo di aver “censurato” il discorso di Virginia Raggi alle celebrazioni dei 60 anni dei Trattati europei e di aver messo in secondo piano l’inchiesta Consip per fare un favore a Renzi.

In realtà, i due facevano parte dello staff M5S al Senato; uno, in particolare, era il famigerato “Nik il Nero,” ex camionista di Bologna e videomaker (suo il leggendario video con Paola Taverna per l’uscita dall’euro). In un pezzo su Repubblica che ne ripercorre la carriera, lo si indica come l’inauguratore del filone delle “interviste accusatorie” a giornalisti famosi—ad esempio Giovanni Floris, descritto come “dipendente del Pdmenoelle”—nonché come “colui che aizzava le assemblee dei Meetup” contro i cronisti locali.

Più recentemente, l’eurodeputato della Lega Angelo Ciocca è andato ben oltre—trasformandosi in un doppione di Valerio Staffelli, solo molto più aggressivo e senza le risate preregistrate. All’inizio di aprile Ciocca si è recato al policlino San Matteo di Pavia per “parlare” (anche se il termine tecnico sarebbe: “imbruttire”) con Zef Tuci, un 26enne albanese ferito a colpi di fucile da un cittadino di Casteggio che l’aveva trovato nel suo cortile di casa nel corso di un tentativo di furto.

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Nel video pubblicato su Facebook, che ha raggiunto oltre 300mila visualizzazioni, si vede l’eurodeputato entrare nell’ospedale con il cartello “Il tuo crimine ci è costato 6.500 euro. Chiedi scusa agli italiani!!!” e arrivare al capezzale di Tuci per dirgli: “Io le chiedo, da cittadino italiano e deputato europeo, di non stare in Italia se ha in mente di delinquere.”

Se si scorrono i video sulla sua pagina Facebook, ci si accorge che Ciocca non è nuovo a questa modalità di comunicazione: in una clip, giusto per fare qualche esempio, denuncia “lo scandalo dell’amministrazione PD a Milano” (“Un PAESE in cui si DANNO SOLDI AI CLANDESTINI e NON ci sono RISORSE per portare a scuola un RAGAZZO DISABILE che paese è ??? !!!”); in un’altra, una diretta, si focalizza sull’insicurezza a Pavia (“Le nostre città sono INSICURE, un tentato STUPRO in pieno giorno a Pavia !!!”).

All’interno della Lega, poi, Ciocca è in buona compagnia. A partire da Matteo Salvini—e qui mi viene in mente il suo “reportage” multimediale da una Bruxelles scossa dagli attentati del marzo 2016—sono diversi gli esponenti a usare i social in questa maniera. Uno di questi è Nicola “Naomo” Lodi, di cui avevamo già parlato all’epoca delle barricate anti-migranti di Gorino. Da allora il leghista ha fatto parecchia strada all’interno del partito, diventando il segretario comunale di Ferrara.

Il suo “metodo” lo pone a metà strada tra lo Jena Plissken di 1997: Fuga da New York—come l’ha definito sarcasticamente il direttore della Nuova Ferrara—e un inviato di Striscia. “Lodi scopre dormitori abusivi nei parcheggi,” scriveva sempre Stefano Scansani, “guida tour nei campi nomadi, smaschera chi succhia l’energia elettrica a tradimento” e riprende su Facebook le sue “spedizioni” nelle zone degradate di Ferrara.

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Negli ultimi tempi, come riporta estense.com, Lodi è stato ripreso all’interno di un edificio abbandonato a Ferrara mentre “interroga” uno straniero sulla sua identità e sulla sua occupazione, chiedendogli prima i documenti e poi invitandolo a tornare al proprio paese (la Romania).

In un’altra occasione il leghista si è letteralmente calato nella parte di Vittorio Brumotti, rincorrendo dei presunti spacciatori e urlando al megafono frasi come: “È finita con lo spaccio, ragazzi! Non si spaccia! Avete rotto i coglioni! Venite qui!”

Se Lodi resta in una dimensione prettamente locale, c’è chi all’interno della Lega viaggia più in alto—come Andrea Crippa, assistente di Matteo Salvini all’Europarlamento, ex commissario dei Giovani Padani e ora neo-deputato.

Sulla sua pagina Facebook si possono trovare diversi video-servizi con cui va a toccare i temi cari alla propaganda leghista: la casetta di Nonna Peppina (alla quale regala un Pandoro Melegatti), un “reportage” davanti a una “moschea abusiva” dove il PD elemosinerebbe il “voto degli imam,” o l’abolizione dei vitalizi con tanto di riprese “vietate” nel Palazzo dove la Casta “vuole nascondere tutto” (ossia Montecitorio).

Ma è un video in particolare a essere diventato virale, arrivando a più di un milione di visualizzazioni: la telefonata al Museo Egizio di Torino, in cui il leghista chiedeva spiegazioni a un addetto vendite sugli sconti d’ingresso ai cittadini arabi.

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Il set (una stanza e una scrivania) e il tono ricordano alcuni servizi delle Iene. Anche il fine, declinato su uno specifico piano politico, è lo stesso: informare su un qualche “magagna,” facendo leva sull’emotività e sull’indignazione (non a caso, sopra il video campeggia la scritta: “CONDIVIDIAMO QUESTO SCANDALO”).

Il risultato finale è stato quello di aver intasato il centralino e di aver causato una durissima reazione da parte del museo. Oltre a una richiesta per “il risarcimento dei danni subiti, anche di immagine,” il Museo Egizio ha affermato in un comunicato che il video “è frutto di una messa in scena” (le operatrici del call center sarebbero tutte donne, mentre nel filmato risponde un uomo) e “contiene risposte inesatte e in alcun modo riferibili ad operatrici dell’Ufficio Prenotazioni del Museo Egizio.” In un altro video Crippa ha riposto alle accuse sostenendo che il direttore “non è entrato nel merito della chiamata,” e si è fatto pure riprendere davanti all’edificio mentre srotola un manifesto della Lega con scritto “Prima gli italiani.”

Per finire questa carrellata, non si può non citare un altro neo-deputato: Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia, descritto dal Foglio come “molto vicino a Giorgia Meloni.” Prima di approdare in Parlamento è stato consigliere comunale a Firenze per due mandati e consigliere regionale, dove si è distinto per un attivismo molto marcato e uno stile comunicativo decisamente aggressivo—tant’è che i suoi avversari politici hanno più volte minacciato querele.

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Donzelli ha una pagina Facebook con un buon seguito (più di 80mila fan), dove pubblica regolarmente video. Uno di questi è andato particolarmente bene, raccogliendo quasi 650mila visualizzazioni. In esso il politico si riprende fuori dalle case popolari in via Accademia del Cimento a Firenze per denunciare la presenza di auto di lusso intestate ad alcuni residenti.

Guardando tutti questi video, ho pensato immediatamente a un libro che, seppur uscito nel 2009, è ancora fondamentale per comprendere le dinamiche della comunicazione politica in Italia: Politica pop di Gianpietro Mazzoleni e Anna Sfardini, in cui si documentava la “trasformazione del sistema politico e della comunicazione politica verso forme di spettacolarizzazione e personalizzazione, di cui i media sono i motori, ma di cui i politici sono attori entusiasti.”

Mazzoleni e Sfardini si concentrano anche sull’irresistibile ascesa dell’infotainment nella tv italiana, e di come determinati programmi—su tutti, ma non solo, Striscia e Le Iene—abbiano “occupato lo spazio lasciato libero dall’informazione” e siano andati a costituire un potente “surrogato dell’inchiesta di denuncia, assai poco frequentata” dai media italiani. L’esito surreale, che permane tuttora, è che “il programma di intrattenimento risulta più libero, obiettivo, onesto, e addirittura ‘controinformazione’” rispetto allo screditato giornalismo “serio” e “tradizionale.”

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Ed è proprio da questo paradosso che bisogna partire per analizzare questo fenomeno. Per farlo ho interpellato direttamente Mazzoleni—docente di comunicazione politica all’Università degli Studi di Milano—facendogli vedere alcune clip.

“Con gli strumenti tecnologici di adesso,” mi spiega, “tutti possiamo creare un prodotto che abbia un senso e un messaggio politico, facendo anche ‘spettacolo’ e cercando di bucare lo spessore del muro dell’attenzione.” Questo, naturalmente, vale a maggior ragione per i politici; e nel caso di specie, dice Mazzoleni, ci troviamo di fronte a persone che “riproducono formati televisivi di successo, che si prestano a essere imitati – anche se, alla fine, non sono poi così facili da imitare. Tant’è che qui rimaniamo in un territorio molto artigianale.” In un certo senso, la situazione ricorda un po’ quella dei primi spot televisivi degli anni Settanta: all’epoca, ricorda il docente, “i politici si scatenarono nell’utilizzare la tv commerciale.”

Da allora, tuttavia, il sistema mediatico-politico è cambiato in profondità; e ora si può parlare di un “contesto ibrido” in cui, prosegue Mazzoleni, convivono benissimo la “vecchia” televisione – “ancora centrale nel dettare l’agenda”—e la discussione sui social che, spesso e volentieri, va a ruota dei programmi menzionati prima o direttamente si appropria dei loro stilemi comunicativi.

L’ultimo aspetto interessante di questo trend è quello che mi sembra un altro paradosso. Ossia quello di politici, appunto, intenti a replicare formati che—almeno negli ultimi dieci anni—hanno contribuito più di altri a imprimere nell’opinione pubblica un sentimento antipolitico. Eppure, afferma il docente, anche in questo caso non c’è molto di cui sorprendersi. “Nessun politico si identifica mai nella ‘classe politica’ più in generale,” mi dice, “e i Cinque Stelle sono stati degli specialisti in questo.”

Per questo e altri motivi, dunque, esponenti di M5S, Lega e Fratelli d’Italia trovano perfettamente naturale utilizzare formati e tecniche che possono sì essere utilizzati anche contro di loro (e a volte lo sono), ma che sopra ogni cosa sono efficaci e di grande impatto popolare. Dopotutto, conclude Mazzoleni, “la tecnica è neutra—non è né buona né cattiva.”

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