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stili di gioco

Report post-partita: Bulgaria e Malta

Chi pensava che l'Italia vice-campione d'Europa avrebbe facilmente dominato Bulgaria e Malta sarà senz'altro rimasto deluso. Tutti gli altri, di delusioni del genere, possono anche farne a meno.

Chi pensava che l'Italia vice-campione d'Europa avrebbe facilmente dominato Bulgaria e Malta (chi ieri sera è andato allo stadio per vedere una "goleada", come dicevano i commentatori Rai confrontando questo desiderio con quello di Prandelli di "vedere dei movimenti", come se i movimenti di Prandelli non dovessero portare al gol) sarà senz'altro rimasto deluso. Tutti gli altri, di delusioni del genere, possono anche farne a meno.

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L'Europeo è finito senza che l'Italia si trasformasse una volta per tutte da crisalide a farfalla-abbiamo perso 4-0 in finale, ricordate?. Schiacciati tra la violenta bellezza con cui abbiamo battuto la Germania in semifinale e l'immaturità con cui ci siamo lasciati dominare dalla Spagna, ci troviamo ancora nel mezzo del cammin di nostra vita. Se mi perdonate la metafora dantesca, siamo usciti dall'inferno di una tradizione basata su un gioco passivo e di contrattacco per entrare nel purgatorio delle ambizioni offensive di Prandelli. Anche noi possiamo finalmente fare possesso palla come gli altri e giocare nella metà campo avversaria, non siamo più schiavi del contropiede. Certo non è facile, ci vorrà tempo, e ci vogliono anche gli interpreti giusti, prima che questa nuova idea di gioco diventi, a sua volta, tradizione.

Non so quanto ci sia di vero nelle aspettative con cui i giornali italiani hanno caricato l'inizio della campagna per le qualificazioni mondiali; quanto, quindi, possa essere giustificata la loro delusione oggi, ma contro la Bulgaria e Malta, in sostanza, si sono visti gli stessi difetti dell'Italia di pochi mesi fa in Polonia e Ucraina. Non bisogna confondere l'insoddisfazione di Prandelli con il qualunquismo di titoli come "Piccola Italia" (Corriere dello Sport) o "L'Italia baby è poca cosa" (Gazzetta) o ancora "L'Italia riparte ma il gioco non c'è" (Repubblica.it).

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Sottolineare l'inesperienza è un concetto conservatore e contrario ai principi base di selezione di Prandelli (senza contare che ieri sera l'età media dell'Italia era 28 anni). Come dappertutto, giocatori di vent'anni esordiscono con un po' di responsabilità sulle spalle. Senza, cioè, quel nonnismo da gavetta del passato, e l'Europeo maturo di Balotelli ha ripagato in pieno la fiducia di Prandelli-salvo poi tornare al City e ripiombare nei suoi complessi di inferiorità, in una squadra già di per sé competitiva dove Mancini, forse tatticamente più evoluto di Prandelli ma umanamente all'età della pietra, lo sostituisce per punizione, sempre. Voglio dire, un allenatore capace di far giocare con regolarità Balotelli può permettersi di dare la 10 a Giovinco, o no?

Prandelli ha come obiettivo di fondo, ancora, quello di rivoluzionare il calcio italiano, e non possiamo sapere dove ci porterà da qui al 2014 (potremmo anche restare fermi sul posto). Mi sembra un motivo più che valido per seguire con attenzione le partite di qualificazione al Mondiale e i millimetrici cambiamenti che adotterà Prandelli: sarà come guardare un bambino che prova a costruire il Taj Mahal coi Lego.

3-5-2, 4-4-2 a rombo e 4-3-3

Considerando Bulgaria-ItaliaItalia-Malta come un'unica partita di quattro tempi, Prandelli ha messo in mostra quasi tutte le possibili soluzioni tattiche a disposizione. Anche all'interno delle singole partite ha cambiato in corsa la disposizione in campo dei suoi giocatori. La sperimentazione richiede duttilità, ma la capacità di cambiare modulo adattandosi alla gara e ai singoli momenti è una delle nuove caratteristiche dell'Italia di Prandelli. Io stesso avevo criticato la scelta di restare col 4-4-2 contro la Spagna anche dopo aver notato che la squadra era troppo stanca (e, auto-sputtanamento, su Twitter ho scritto "Comunque Prandelli non cambia mai tattica in corsa. E questo è un difetto," proprio poco prima che lo facesse).

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Non ho capito perché esattamente Prandelli sia partito con il 3-5-2 contro la Bulgaria che giocava con un solo attaccante, una mezzapunta e due ali(4-2-3-1). Probabilmente nelle sue intenzioni c'era quella di tenere bassi gli esterni avversari con la nostra superiore capacità tecnica e il dinamismo che pretende sempre dai suoi. Di fatto, però, non siamo stati così superiori, né tecnicamente né dinamicamente. La Bulgaria era ordinata e aggressiva (e ormai tutti hanno capito che bisogna evitare la giocata profonda a Pirlo) ed è stata brava a chiudere quasi tutti gli spazi. A mio avviso paghiamo la cattiva abitudine della nostra serie A di crescere centrocampisti troppo poco precisi nei passaggi e nei controlli, più a loro agio con lo spazio da difendere e attaccare che con la sfera di cuoio tra i piedi. E senza giocatori in grado di saltare l'uomo creando la superiorità nella trequarti o sulle fasce (meglio Giaccherini di Maggio, da un suo cross è venuto il secondo gol, e anche sul primo aveva concluso l'azione nell'area avversaria) il rischio che correvamo era quello di perdere palla troppo in alto. Il gioco di Prandelli richiede molta energia ai suoi giocatori proprio per recuperare palla il più velocemente possibile, soffocando le ripartenze avversarie, ma quando l'energia manca ci ritroviamo così:

La palla persa e non recuperata che ha portato all'1-0 bulgaro

Anche se la situazione di gioco che ha portato al primo gol della Bulgaria (un tiro da lontano e una papera di Buffon) non si percepiva come pericolosa, solo De Rossi ha provato per due volte a entrare in tackle senza riuscirci, mentre gli esterni hanno recuperato con calma (fino a poco prima eravamo in fase di possesso e anche Marchisio, probabilmente, aveva fatto un movimento d'attacco) e la difesa a 3 è scesa fino al limite della propria area. Se la difesa bassa può essere una scelta prudente di Prandelli, sicuramente uno dei problemi è la scarsa reattività di Pirlo in fase difensiva.

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Nel secondo tempo la Bulgaria ha aumentato la pressione sugli esterni e proprio quando Prandelli ha deciso di passare alla difesa a 4, sostituendo Giaccherini con Diamanti e spostando Ogbonna a sinistra, la Bulgaria ha realizzato il secondo gol. La mossa di Prandelli è stata ambiziosa (De Rossi, Marchisio e Diamanti si sarebbero trovati in superiorità contro i 2 soli centrocampisti bulgari, sbilanciando nuovamente la partita nella loro metà campo) ma il pareggio avversario di Milanov ha messo in luce due cose: 1) con il 3-5-2 o il 4-4-2 a rombo abbiamo sempre un solo uomo sulla fascia; 2) pur giocando davanti alla difesa, Pirlo non è un centrocampista difensivo e spesso è in ritardo nei recuperi (per non parlare della totale impossibilità di avere la meglio in fase difensiva nell'uno contro uno).

Milanov (classe '92) è quello al centro dell'immagine con i piedi sulla riga dell'area, Pirlo quello una decina di metri dietro

Ho già citato in passato Sacchi che disse a Baresi: "Ogni volta che fai un lancio, mi dai un dispiacere," ed è chiaro che Prandelli non è dello stesso avviso. I lanci lunghi, quando precisi, sono tanto belli quanto efficaci e utili (vedi Xabi Alonso) e tutti i tre gol su azione di queste prime due partite di qualificazione sono nati da un lancio (splendido quello di Marchisio per Destro contro Malta). L'importanza di Pirlo, in questo senso e come playmaker, è auto-evidente, ma bisogna tenere conto, oltre che della sua età (33), dell'altro lato di questa splendida medaglia. Anche l'infortunio di De Rossi deriva in qualche modo dalle lacune di Pirlo e dal fatto che, con un solo uomo sulla fascia, ogni volta che le squadre avversarie allargano o, peggio ancora, cambiano gioco, il rombo centrale di metà campo è costretto a spostarsi con grande dispendio di energia per non arrivare in ritardo sulla palla.

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Sapevamo che contro Malta saremmo andati meno in difficoltà e il gol iniziale di Destro ci ha permesso di giocare con calma, senza affaticarci. L'Italia comunque ha perso molte palle a metà campo, siamo stati imprecisi e le distanze lunghe ancora una volta ci hanno impedito di fare un pressing funzionale.

Pirlo lontano dal pacchetto più avanzato, Nocerino accorre in suo soccorso, cinque giocatori dietro la linea della palla

Le ragioni per cui non ci siamo trovati quasi mai in difficoltà dipendono, ovvio, dall'avversario. L'allenatore italiano di Malta, Pietro Ghedin, vice allenatore dell'Italia con Maldini, Zoff e Trapattoni, (che nell'ottobre del 1976 entrò insieme a Luciano Re Cecconi in una gioielleria simulando una rapina-Re Cecconi morì colpito da una pallottola del gioielliere, lui almeno alzò le mani in tempo; chissà perché era una delle storie con cui mio padre provava a farmi diventare laziale) ha impostato una partita difensiva che più difensiva non avrebbe potuto: 4-4-1-1 con un uomo in marcatura di Pirlo e un altro su Diamanti, senza cambiare molto neanche dopo l'1-0. Malta ha tirato solo due volte senza mai prendere la porta: ci è andato più vicino con un pallonetto da metà campo Mifsud (ex-Coventry, vedi post-scriptum in fondo alla pagina) di un difensore di cui non sono riuscito a segnare il nome, che ha rubato palla a Osvaldo ed è salito fino a circa 30 metri dalla porta prima di, come si diceva una volta, regalare la palla ai tifosi.

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In questo senso le sole indicazioni utili vengono dall'attacco, dove Prandelli ha cambiato interpreti e, di conseguenza, disposizione, per tre volte. Si è parlato molto di Diamanti "trequartista vero" come vertice alto del rombo di centrocampo, anziché un centrocampista puro come Montolivo o Thiago Motta. Ieri il punto non era la capacità di rottura di chi gioca in quella posizione, ma i movimenti offensivi che è in grado di fare, e a fine gara Prandelli ha risposto a una domanda in tema dicendo che non vuole trequartisti ma giocatori di profondità.

Questo era lo schieramento italiano con Diamanti in campo:

4-3-1-2 a rombo: Diamanti tra le linee

Ho seguito la partita (mezza) di Diamanti con attenzione. E si riduce a: un lancio sbagliato (7'), un fallo conquistato (10') una punizione centrale (11'), una palla recuperata dopo un calcio d'angolo (12'), una palla persa in malo modo sulla trequarti (13'), una specie di tiro-cross sempre dalla trequarti (15'), un cross con cui guadagna un calcio d'angolo (21'), un tentativo fallito di saltare l'uomo in velocità al limite dell'area (22'), un bello stop con la palla che esce dall'area da calcio d'angolo seguito però da un cross a caso (25'), un altro fallo conquistato e delle proteste che tradivano il nervosismo di essere marcato stretto (37'), un tiro completamente fuori (41'), un bel cross finalmente che però non trova nessuno in area (44'). Qualcosa mi sarò perso senz'altro (nel frattempo cenavo anche, è per questo che ci vogliono professionisti del settore) e bisogna aggiungere un certo numero di sponde perfettamente riuscite. Anche se prendiamo le statistiche di Diamanti al Bologna lo scorso anno, però, quello che viene fuori è il ritratto di un buon giocatore, forse sopravvalutato (anche per via della storia da Cenerentola che dalle leghe inferiori arriva in Nazionale a 28 anni): 6 assist in 27 partite (quanti Lamela in 23 e Aquilani in 14 da titolare), un gol ogni 13 tiri. Sommando gol e assist, Diamanti lascia la propria firma una partita su due. L'unica classifica in cui entra nei primi dieci del campionato è quella dei dribbling, ma ne fa comunque di più Giovinco (a sua volta completamente inadatto a giocare al vertice del rombo di Prandelli). Il problema è più grande e molto semplice: NON CI SONO PiÙ NUMERI 10 ITALIANI.

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Con Insigne in campo, invece, quello italiano sembrava un 4-3-3 abbastanza standard (anche se ha giocato molto largo per mettere in difficoltà il suo avversario diretto Muscat: "Fa quello che sai fare," gli ha detto Prandelli al momento del cambio) ed è grazie a lui se l'Italia ha trovato quella profondità che mancava, portando la linea della palla più vicina alle zone di campo veramente pericolose prima di finalizzare (aspetto nel quale siamo stati comunque carenti).

4-3-3

Una volta entrato in campo, Giovinco (che contro la Bulgaria da seconda punta non ha fatto malissimo ma ha perso troppi palloni) ha preso la posizione di Destro. A differenza sua, e di Insigne, Giovinco non cerca la profondità ma preferisce farsi dare la palla sui piedi, e considerato che il centrocampo faticava a salire palla al piede, come Diamanti, Giovinco ha toccato i suoi pochi palloni molto lontano dalla porta. Alla fine lo schieramento italiano era uno sbilenco 4-3-3 con un trequartista a destra e un giocatore di profondità a sinistra, interessante proprio per la diversità delle possibili soluzioni d'attacco, se solo al fischio finale non fossero mancati dieci minuti.

Nocerino taglia davanti a Giovinco e si allarga  

Post-scriptum

Quel Mifsud isolato in attacco, schiacciato tra Bonucci e Barzagli come una 500 dal rottamatore, è lo stesso Mifsud che nel 2007 regalò ai tifosi del Coventry la gioia della vittoria a Manchester, contro lo United in Carling Cup, con una splendida doppietta:

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