FYI.

This story is over 5 years old.

Motherboard Homepage

Il film distopico anni '80 che racconta il femminismo di lotta

Abbiamo parlato con la regista del film ‘Born in Flames’ di fantascienza, Donald Trump e riappropriazione “violenta” dei media.
Giulia Trincardi
Milan, IT

Negli ultimi anni, il femminismo è tornato a essere un argomento di ampia — ma spesso faticosa — discussione. Per quanto le sue tematiche non abbiano mai cessato di esistere in una varietà di contesti — dai gruppi di attivismo politico per i diritti LGBTQ alle aule accademiche di filosofia sociale — solo di recente la definizione stessa del termine ha cominciato a essere filtrata dal mezzo di internet, che tende però ad appiattire qualsiasi discorso complesso.

Pubblicità

Definirsi "femminista" oggi sembra più facile che mai, ma comprendere appieno la necessità di un'azione conseguente alla teoria non è altrettanto scontato e, ancora una volta, i media giocano un ruolo importante nella partita.

Dagli eventi del 2014 del #GamerGate, alla rivendicazione di artiste pop come Beyonce, passando per la campagna di Hillary Clinton in vista delle elezioni del 2016 e alla Women's March che ha mobilitato milioni di persone dopo la vittoria di Donald Trump, il dibattito su cosa definisca una femminista ha trovato una nuova prolifica piattaforma nella comunicazione via rete.

Eppure, gran parte di questa rinnovata discussione tende a restare in superficie e a trasformare il femminismo in un'etichetta paradossalmente accondiscendente e rassicurante. Indossare una maglietta con scritto "this is what a feminist look like" diventa troppo spesso un gesto magico (e virale) di appropriazione e auto-assoluzione, mentre gruppi sociali meno privilegiatirestano esclusi o ignorati.

Continua a leggere su Motherboard: Il film distopico anni '80 che racconta il femminismo di lotta