Come costruirsi in casa una macchina per tatuaggi, alla maniera dei carcerati
Un momento del workshop della Homemade Gallery. Tutte le foto dell'autore tranne ove diversamente specificato.

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Tecnologia

Come costruirsi in casa una macchina per tatuaggi, alla maniera dei carcerati

Sono andato a un workshop per imparare a fabbricarmi una macchinetta per tatuaggi come se ne fanno in carcere.

Ehi! Le informazioni qui riportate sono a solo scopo dimostrativo, non inventatevi tatuatori da un giorno all'altro.

Sul tavolo di lavoro sono disposti ordinatamente gli strumenti: forbici, pinze, batterie da 9 volt e clip per collegarle, spazzolini da denti, accendini, nastro adesivo, dei motorini come quelli che si possono ricavare dai rasoi elettrici, alcuni bottoni, Super Attak, taglierini e cacciaviti. Tutti materiali poco costosi e di facile reperibilità anche all’interno di un carcere, e che sto per utilizzare per provare a costruire una specie di macchinetta per tatuaggi.

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Pur non avendone nemmeno uno sulla mia pelle, ho sempre provato una grande fascinazione per i tatuaggi. Così, quando ho saputo di un workshop su come costruirsi da sé una macchina da tatuaggi come si fa in carcere non ho potuto non partecipare. Il workshop era organizzato dalla Homemade Gallery—una galleria d’arte itinerante di Milano che ospita le sue iniziative in appartamenti ogni volta diversi—all'interno dell'evento La pelle abitata, e a guidarci ci sarebbe stato il tatuatore Piereeno, nome d’arte di Piero Mero.

Nel giorno del workshop la casa di Alberto d’Asaro, in arte Paletta, ospita disegni, progetti e tatuatori professionisti. E noi allievi, ovviamente: Alessandro, Maria Cecilia, Matteo e il sottoscritto, tutti ansiosi di cominciare. Ecco cosa abbiamo imparato.

Piereeno; sul tavolo, tutti i ferri del mestiere.

IL TELAIO

Per prima cosa è necessario realizzare il telaio della macchina, che fornirà la base per l’impugnatura e per il supporto di tutto il meccanismo. Realizzarlo è decisamente semplice: bastano uno spazzolino di plastica e un accendino. Piereeno, che ha realizzato la sua prima macchina casalinga un anno fa, ci spiega che bisogna scaldare la giunzione tra la testina dello spazzolino e l’impugnatura, in modo che il calore renda malleabile la plastica e sia possibile piegare lo spazzolino a 90°—la parte dell’impugnatura dovrebbe rimanere un po’ più lunga di quella con la testina. L’ideale sarebbe usare degli spazzolini dal corpo piatto.

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Io mi accorgo che il modo più efficace e veloce per piegarlo è lasciare che la plastica prenda fuoco, poi spegnerla e piegare immediatamente lo spazzolino. Respirerete qualche fumo tossico, ma è il metodo più facile.

LA CANNULA PER L’AGO

Il secondo step è quello di creare la cannula in cui verrà fatto passare l’ago. Useremo la cannuccia di una biro, tagliata all’incirca a metà (rispetto alla punta, appena prima del buco di presa d’aria). Ovviamente prima di tagliarla va rimosso il puntale, la parte terminale in plastica in cui sono inseriti il serbatoio d’inchiostro e la punta di metallo. C’è chi prova a tagliare la cannuccia con le forbici, ma si rivela piuttosto arduo, anche perché poi i margini scheggiati vanno resi regolari. Io, che ormai ho una passione per i fumi tossici, provo a usare la lama di un taglierino scaldata con la fiamma dell’accendino e me la cavo in pochi secondi.

A questo punto bisogna tornare sul puntale della penna: con la pinza vanno rimossi il serbatoio d’inchiostro e anche la punta di metallo. Rimane così solo il supporto in plastica, che va reinserito nella cannuccia.

Questa è la parte in cui ci si comincia a imbrattare d’inchiostro mani, faccia, piano di lavoro e vestiti—sempre se non avete già dato fuoco a tutto con l’accendino.

PREPARARE L’AGO

In carcere trovare un ago da tatuaggio in packaging sterile è piuttosto difficile, e dunque si usano corde di chitarra o aghi da cucito. Noi invece, per mantenere una parvenza di igiene, usiamo un ago sterile dalla punta 3rl—anche se Piereeno dice sarebbe meglio usare una 1rl. In ogni caso la punta non può essere usata così com’è.

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Per prima cosa, con un tronchesino va tagliato l’anello terminale dell’ago. Successivamente con la pinza bisogna piegare a 90° un segmento di circa 1 cm della stessa parte terminale appena amputata.

LA PARTE ELETTRICA

È il momento di cominciare a pensare al meccanismo della macchina. Dobbiamo creare un interruttore per evitare che il meccanismo, alimentato a batteria, sia costantemente in moto e la faccia scaricare subito. Prendiamo quindi la clip per la batteria, e tagliamo a metà il filo rosso. Ora va scoperto un mezzo centimetro di cavo dalle estremità appena tagliate, scaldando la guaina con l’accendino, cosa che rende poi estremamente facile rimuovere la parte carbonizzata rivelando il rame sottostante.

Prendiamo dunque in mano l’interruttore. Con il cacciavite allentiamo le viti quel tanto che basta a inserire le due estremità appena tagliate del cavo rosso (quella libera e quella attaccata alla clip), per poi stringerle di nuovo e fissarle.

A questo punto è bene fare una prova: attacchiamo la batteria alla clip, e appoggiamo le estremità del cavo rosso e del cavo nero su ciascuno dei due contatti del motorino. Se il motorino comincia a girare e si interrompe quando schiacciate l’interruttore è tutto ok, altrimenti avete sbagliato qualcosa o avete usato una batteria scarica.

IL MOTORE E LA TRASMISSIONE

Prima di attaccare il motore alla parte elettrica, bisogna prepararlo in modo che possa trasmettere il suo movimento circolare all’ago, trasformandolo in un movimento in avanti-indietro. Per fare questo, attacchiamo al rotore—il “perno” che esce dal motorino elettrico, e che gira quando è in funzione—un bottone. Per farlo basta mettere una goccia di colla in uno dei buchi, e inserirci la sommità del rotore. L’ago andrà poi inserito nel buco opposto a quello che è stato incollato.

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Le macchinette pronte per essere usate.

MONTARE IL MECCANISMO SUL TELAIO

Siamo ora pronti a montare sul telaio il meccanismo. Per prendere le misure, è bene appoggiare il motore con l’ago sulla parte del telaio che porta la testa dello spazzolino: l’ago deve cadere perpendicolare a qualche millimetro dall’impugnatura, in modo che non trovi intoppi quando attaccheremo la cannula fatta con la biro. Trovata la posizione, fissiamo il motore con il nastro isolante, facendo attenzione a non coprire i contatti elettrici. Una volta montato il motore, possiamo sistemargli sotto la batteria—che, scoprirò poi, tende a scaricarsi relativamente in fretta—coi contatti orientati verso la testina dello spazzolino.

A questo punto colleghiamo i cavi della clip-interruttore ai contatti del motore e fissiamo l’interruttore con il nastro adesivo, posizionandolo tra la testina dello spazzolino e il motore. Colleghiamo infine la clip alla batteria e verifichiamo il funzionamento: se tutto va bene ricopriamo i contatti del motore con del nastro isolante, per evitare che facciano scintille o ci diano la scossa.

Abbiamo quasi finito: resta solo da attaccare la cannula, ovvero la biro tagliata a metà, sull’impugnatura dello spazzolino. Per farlo inseriamo—ovviamente a motore spento—l’ago nel buco del bottone opposto a quello in cui abbiamo fissato il rotore. Lo facciamo poi entrare nella cannula e, facendo girare a mano il bottone, scegliamo la distanza minima a cui fissare l'ago per farlo scorrere senza intoppi. Alla massima estensione, la punta dell’ago dovrebbe uscire di circa 1 cm. La macchina è pronta.

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L'autore osserva la sua macchinetta. Foto di per gentile concessione di Homemade Gallery/La pelle abitata.

USARE LA MACCHINA

È il momento di testare la macchina che abbiamo appena costruito. Ci serve insomma dell’inchiostro, e alcune cavie. In carcere è difficile procurarsi dell’inchiostro da tatutaggi, e tradizionalmente—spiega Piereeno—si usa del nerofumo mescolato a urina (che è sterile, se chi l’ha prodotta è sano). Noi per motivi d’igiene e di rispettabilità useremo del banale inchiostro per tatuaggi reperibile sul mercato.

Quanto alle cavie, decidiamo di usare una banana e un’arancia. Piereeno ci racconta che quando ha costruito la sua prima macchina ha provato ad autotatuarsi su una gamba, ma per imperizia e perché la batteria si è scaricata a metà, non è venuto un granché. Ce lo mostra, e in effetti è quasi del tutto scolorito: ma è evidente che la macchina funzioni al suo scopo. In ogni caso, è comunque sempre consigliato tatuare o farsi tatuare con strumentazione professionale e sterile, e da chi sa cosa sta facendo.

Io, per esempio, non so cosa sto facendo. Piereeno invece procede spedito e tatua il suo nome alla banana seguito da Matteo, che aggiunge la sagoma di una bottiglia. Alessandro si diletta disegnando un pene piuttosto dettagliato. Io arrivo per ultimo, e decido di rispondere ad Alessandro e alla simbologia che vuole la banana come simbolo fallico col disegno di quella che dovrebbe essere una vulva.

Il workshop è finito: è stato piuttosto divertente, anche se non penso che nessuno di noi allievi userà queste macchinette per tatuare sé o i suoi amici. Alessandro [ che fa l’apprendista tatuatore presso il Queequeg Tattoo Studio, il più vecchio studio di tattoo di Milano e d’Italia, fondato da Gianmaurizio Fercioni] mi dice che la macchina artigianale non è il massimo dell’igiene e della precisione, e che quindi in generale la sconsiglia, ma—aggiungo io—in carcere esistono metodi anche più brutali.

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Per quanto mi riguarda, sono sicuro che l’arnese che ho appena prodotto non verrà utilizzato su altri esseri umani. Al limite continuerò a dedicarmi al tatuaggio ortofrutticolo. Anche perché né la banana né l’arancia si sono lamentate del mio lavoro.

Scorri verso il basso per vedere altre foto:

Alessandro.

La quantità di inchiostro che vi ritroverete addosso.

Foto di Vera Caleca per gentile concessione di Homemade Gallery/La pelle abitata.

Foto per gentile concessione di Homemade Gallery/La pelle abitata.

Piereeno al momento della prova su banana. Foto di Vera Caleca per gentile concessione di Homemade Gallery/La pelle abitata.