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Tutte le foto per gentile concessione degli intervistati.
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Cinque italiani nel Regno Unito raccontano come è cambiato il paese post Brexit

Per anni vivere in una città britannica è stato il sogno di chiunque volesse lasciare l’Italia. Ma cosa è successo dopo il referendum?

Stando all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, le iscrizioni da parte di connazionali che abitano in Inghilterra e Galles sarebbero passate da poco meno di 200mila a più di 415mila in otto anni (2020). Secondo dati che tengono conto della presenza italiana anche in Scozia e Irlanda del Nord, il 30 settembre 2021 gli italiani ufficialmente residenti nel Regno Unito avrebbero varcato la soglia dei 472 mila. Tra questi, oltre a coloro che hanno lasciato l’Italia in cerca di fortuna nel mondo della ristorazione e dell’ospitalità, troviamo impiegati, accademici, scrittori, operai, artisti, dirigenti, imprenditori, funzionari, agricoltori, giornalisti e religiosi. 

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Sebbene la comunità italiana nel Regno Unito continui a crescere, l’entrata in vigore della Brexit—datata 31 gennaio 2020 e avvenuta in concomitanza con lo scoppio della pandemia—ha influenzato la percezione che gli italiani hanno delle istituzioni e della vita che si sono costruiti lontano da ‘casa’. 

Per fare chiarezza su questi temi, abbiamo chiesto a cinque giovani italiani che vivono lì di raccontarci che aria tira nel Regno Unito post-Brexit.

Antonio Yankey

Antonio, 29 anni, software engineer, Londra

Sono Antonio Yankey e ho 29 anni. Nato a Vicenza da genitori di origini ghanesi, dopo la laurea ho lasciato la comfort zone di Vicenza per cercare la mia strada. A distanza di quattro anni, credo di avere trovato la mia città. Londra è un posto dove il tuo background non ti definisce e, se determinato, puoi fare carriera. Qui ho sperimentato diverse realtà lavorative che mi hanno permesso di trovare un lavoro che mi dà soddisfazione. Questo non sarebbe potuto accadere se fossi arrivato al termine del periodo di transizione della Brexit, ossia dopo il 31 dicembre 2020. 

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Abitando a Londra sin da prima, ho dovuto soltanto inoltrare una richiesta all’EU Settlement Scheme per il Pre-Settled Status: un documento che attesta la mia permanenza nel paese nel periodo precedente all’uscita definitiva dall’Unione Europea. 

Il processo burocratico è stato veloce ed efficiente. Ho fatto tutto tramite smartphone: mi è bastata una mezz’ora per compilare i moduli e caricare questi e i documenti richiesti (contratti delle case in cui ho vissuto, documenti bancari, documenti relativi al mio posto di lavoro e scansioni del mio passaporto) sull’app governativa. Dopo qualche settimana, ho ricevuto un codice che certifica il mio diritto di soggiorno e al lavoro nel Regno Unito per altri cinque anni, al termine dei quali dovrò ripetere la procedura per ottenere il Settled Status: questo mi garantirà gli stessi diritti, ma a lungo termine.  

Nonostante tutto, penso che trasferirsi nel Regno Unito abbia ancora senso. Per quanto adesso sia impossibile spostarsi qui dall’oggi al domani (serve il passaporto, e se assunti serve un codice per dimostrare il diritto a risiedere e lavorare nel paese, per esempio), le opportunità sono tante. Detto questo, so già che tornerò in Italia. Non so come né quando, ma è nei miei progetti futuri, e il motivo principale è la frenesia di questo paese.

Emilia Lixi

Emilia, 22 anni, studentessa in antropologia visuale, Londra

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Sono Emilia Lixi, ho 22 anni e vengo da Cagliari. Dopo il liceo volevo vivere in un ambiente internazionale, così sono scappata ad Amsterdam. La mia esperienza olandese è stata però troncata dal COVID a marzo del 2020: ho visto il più delle mie amicizie lasciare la città e affrontato metà della triennale online. Volendo riappropriarmi della vita, ho aggiunto un anno per andare in Erasmus. Tra le destinazioni, Londra (dove non ero mai stata) era la città “europea” con più scelta. Mi sono trasferita a ottobre del 2021. 

Trasferirmi a Londra a Brexit avvenuta ha significato dovere affrontare un lungo processo burocratico per ottenere un visto studentesco—un processo che ha incluso sponsorship e un biometric appointment, dove hanno raccolto uno scan del mio viso e impronte digitali e inoltrato tutto a chi di competenza. A quel punto, avevo già pagato oltre 1.000 euro tra richiesta per il visto e assicurazione sanitaria, 70 euro per prenotare l’appuntamento e 150 per andare a Roma—unica sede dell’ufficio dove poter partecipare al famoso appuntamento (escludendo Milano, ‘sede bonus’ con un prezzo maggiorato di 300 euro). 

Quando il mio visto scadrà, ad agosto 2022, sarò un’immigrata irregolare. Questo mi porta spesso a trascorrere la permanenza con angoscia. Vorrei vivere al massimo per non avere rimpianti, consapevole che probabilmente, a malincuore, dovrò andare via. 

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Il più delle persone che conosco a Londra rimangono sbalordite nel sentire la mia esperienza, nello scoprire che trovare un lavoro full-time è l’unica maniera in cui potrei restare. Vale la pena affrontare l’ennesima odissea burocratica, accontentandomi di un lavoro x pur di soddisfare i requisiti del visto? Da europea, posso trasferirmi ovunque nell'Unione attraverso un canale preferenziale. Quest’esperienza è un piccolo assaggio di come la maggioranza delle persone vive i confini nazionali e la loro burocrazia.

Simone Picenni

Simone, 28 anni, dottorando in semantica formale, logica e filosofia del linguaggio, Bristol

Mi chiamo Simone Picenni, ho 28 anni e vengo da Desenzano del Garda. Sono uscito di casa a 19 anni per trasferirmi a Trento, dove mi sono laureato in Filosofia, e completare il mio percorso di studi con una magistrale in Logica ottenuta tra Firenze e Monaco di Baviera. Proprio lì ho conosciuto una comunità di ricercatori che mi ha convinto a inoltrare la mia candidatura per un dottorato finanziato dall’Unione Europea qui a Bristol. 

Bristol è una città vibrante e accogliente, fiera di essere “diverse and weird.” Tendenzialmente liberal, ha un’offerta culturale stimolante in quanto a musica, cinema, teatro e street art, un interesse pubblico diffuso per questioni come la giustizia climatica e sociale, e un respiro internazionale. Prima di trasferirmici non ero mai stato nel Regno Unito. A Bristol mi sono immediatamente trovato a mio agio. Nel corso del tempo, ho però capito che il sistema educativo britannico è molto più classista di quanto mi aspettassi. 

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Pur disponendo del Pre-Settled Status, l’entrata in vigore della Brexit ha destato in me notevoli preoccupazioni. Possono infatti insorgere complicazioni col proprio status di immigrazione se si resta fuori dal Regno Unito per più di sei mesi in un anno, cosa che potrebbe accadere per diversi motivi.

Grazie a esso non ho comunque avuto inconvenienti lavorativi. Le restrizioni date dai visti costituiscono però un problema per i dottorandi europei che, arrivati qui al termine del periodo di transizione, non possono insegnare più di un certo numero di ore settimanali. Inoltre, l’obbligo di avere un passaporto per entrare nel Regno Unito ha reso più complicate le visite da parte della mia compagna, famiglia, e amici. 

Questo, unito alle tasse universitarie maggiorate e alle difficoltà nell’accedere a finanziamenti destinati alla ricerca, rende il Regno Unito meno attraente di quanto lo fosse pre-Brexit. Il mondo universitario britannico resta un’eccellenza se si pensa all’opportunità di lavorare con accademici e accademiche di rilievo internazionale. Tuttavia, sempre più europei stanno riportando il loro talento in altri paesi. Se dovessi ricevere offerte valide dal Regno Unito, potrei decidere di restare. In quel caso, spero che gli ostacoli posti all’immigrazione dall’UE vengano allentati.

Hanae Hmidouch

Hanae, 24 anni, legal solution specialist, Manchester

Mi chiamo Hanae Hmidouch e sono nata e cresciuta nel nord Italia da genitori di origine marocchina. Fin da piccola sono sempre stata incuriosita dalla cultura inglese. Finite le superiori io e mia sorella sognavamo di trasferirci in un altro paese europeo per l’università. Questo e altri motivi convinsero i miei genitori a trasferirsi a Cambridge nel 2015. Ho iniziato il mio percorso universitario nel 2016 a Londra, dove ho vissuto per tre anni prima di spostarmi a Manchester per un Master. Ora vivo e lavoro qui. Prima di trasferirmici, guardavo al Regno Unito come un posto moderno e inclusivo. Dopo sette anni la mia percezione è cambiata e credo che, per quanto il paese sia tra i più moderni al mondo, le disparità sociali e culturali si notino molto, soprattutto nelle zone rurali lontane da Londra.

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Avendo il Settled Status, la Brexit non ha influito sulla mia permanenza nel Regno Unito. Ha inciso però su altri aspetti della società britannica, come quello alimentare: i prodotti europei sono infatti diventati più costosi e meno reperibili. Lavorativamente parlando, il Regno Unito ha dovuto fronteggiare la carenza di manodopera in settori storicamente supportati da lavoratori europei, come l’ospitalità, la ristorazione, l’edilizia e i trasporti. Un’altra conseguenza della Brexit è che tante imprese stanno trasferendo le proprie sedi in paesi come l’Irlanda e la Germania. Pur non concordando con le politiche pro-Brexit, il lato “positivo” è che in molti campi c’è meno competizione.

Il Regno Unito offre ancora numerose opportunità a livello lavorativo, soprattutto all’interno dell’industria tecnologica e del marketing. D’ora in poi, gli italiani che volessero spostarsi qui avranno però bisogno di uno Skilled Worker Visa. Tra i requisiti da soddisfare c’è l’obbligo di essere sponsorizzato da un datore di lavoro britannico in grado di assicurare un certo stipendio mensile. Lo stipendio minimo per vedersi riconosciuto il visto cambia da lavoro a lavoro, come spiega il sito del governo. Il processo necessita sorveglianza da parte di un avvocato e include dei costi legati all’attivazione della pratica burocratica. 

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Beatrice

Beatrice, 24 anni, studentessa in storia dell’arte, Coventry

Mi chiamo Beatrice, ho 24 anni e vengo dalla costa bresciana del Lago di Garda. Coventry è una città per la maggior parte universitaria, ci sono molti studenti di nazionalità diverse, quindi è stato relativamente semplice farmi degli amici. Essendo quasi sempre circondata da persone della mia età, l’atmosfera è amichevole e ho molta più libertà rispetto all’Italia.

Il 22 giugno 2016 ricevevo la lettera che mi offriva un posto presso l’Università di Coventry e il 23 giugno la Brexit diventava realtà. Fortunatamente, avendo iniziato l’università prima di dicembre 2020, ho solo dovuto richiedere il Pre-Settled Status per dimostrare di aver vissuto in Inghilterra da prima del termine del periodo di transizione. Qualche mese fa, essendo qui da più di cinque anni, ho richiesto e ottenuto il Settled Status. L’intero processo è stato abbastanza stressante per via della burocrazia severa e i tempi d’attesa, che si sono rivelati piuttosto lunghi. 

L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea potrebbe avere un forte impatto sull’economia inglese.

Il mercato ittico, per esempio, è in crisi per via delle minori esportazioni dal Regno Unito. Molti business hanno lasciato l’Inghilterra e altri potrebbero farlo in futuro per esercitare in Europa. Anche viaggiare per periodi di tempo prolungato sarà più difficoltoso, sia per turisti britannici che per chi vuole visitare il Regno Unito. D’altra parte, con i mezzi e la pazienza necessari, non è del tutto impossibile trasferirsi qui. 

Nota: una versione precedente dell’articolo conteneva una imprecisione sul Pre-settled status e l’assenza dal Regno Unito per periodi prolungati. Ci scusiamo per l’errore, ora corretto.