Cultura

La seconda stagione di 'Baby' è 'ok', se non la prendi sul serio

La serie Netflix è migliorata? Perché sembra cambiata così tanto dalla prima stagione? 'Ma quanto ca**o sono British?'
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
baby seconda stagione netflix
Grab via Netflix.

Attenzione: l'articolo contiene riferimenti a scene della seconda stagione di Baby.

Il 18 ottobre è uscita la seconda stagione di Baby, e a quanto pare dai discorsi in tram e su Twitter, la gente ancora non si capacita perché sia ambientata in una scuola immaginaria per ricchi, ma con luci e banchetti che sembrano pescati da una discarica. Si tratta di uno dei mille paradossi di una serie tv che continua a confonderci, che non si capisce dove voglia andare a parare, ma che in molti non smettono di guardare tutta d’un fiato—me compreso.

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L’anno scorso tutti avevano capito che la serie fosse “ispirata alla storia delle Baby squillo” dei Parioli, per poi scoprire che era una bugia grande quanto i cartelloni giganteschi affissi ovunque alla stazione di Roma Termini per lanciarla. La prima stagione, puntata dopo puntata, si mostrava per ciò che era: un teen drama pensato per piacere al reale target di riferimento, gli adolescenti—e che, con la scusa di fatti di cronaca reali, aveva fatto abboccare tutti gli altri. Chi si aspettava una sorta di Gomorra o Suburra è rimasto piuttosto spiazzato, ma le scelte autoriali non spettano di certo al pubblico. E alla fine un sacco di adulti continuano a guardare serie adolescenziali. Quindi ci sta.

Baby non è una serie per noi

Questo punto è fondamentale: tutta l’operazione (di marketing?) è stata—e continua a essere—una mossa indubbiamente vincente. Piuttosto, da spettatori, è lecito domandarsi: davvero il pubblico di riferimento e tutti gli altri si meritavano protagonisti bidimensionali e voice over scontati su quanto crescere sia difficile bla bla? Per non parlare di scene a dir poco anacronistiche, come quella in cui Fabio Fedeli (Brando Pacitto) cerca di masturbarsi con un giornaletto. A 16 anni. Nel XXI secolo.

Ma questa seconda serie com’è? Nelle sei puntate ci sono margini di miglioramento?

Dal trailer, le premesse non sembravano le migliori. Chiara (Benedetta Porcaroli), una delle due protagoniste, spara frasi del tipo “l’adolescenza è così, una scoperta continua,” “quando inizia qualcosa di nuovo, ci viene un brivido in fondo alla schiena”—facendolo provare anche a te, ma di riconfermato straniamento.

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Sensazione, che per quanto mi riguarda, si è ripresenta in particolar modo nei primissimi momenti della seconda stagione—soprattutto quando tornano siparietti che avrebbero avuto senso solo se la serie fosse ambientata negli anni Ottanta a Hawkins. Come quando a Camilla viene chiesto più volte che cosa abbia fatto nel periodo in cui è stata in Canada. Davvero nessuno dei suoi amici le aveva mandato un Whatsapp? Nessuno aveva aperto il suo Instagram? Sarebbe stato molto più realistico se qualcuno le avesse fatto, che so, un commento sulle sue stories—dato che le stories sono state sin dall’inizio uno degli ottimi punti di forza della serie. E invece no.

Eppure, ribadite certe pecche, dalla terza puntata il nuovo Baby cambia direzione, ripiegando gradualmente e rinnegando in parte se stesso. Come se in qualche modo fossero state elaborate le critiche di cui sopra. Come a volerci dire che gli episodi passati erano un banco di prova, una sorta di soggetto che spiegava a grandi linee i personaggi per prepararci alla seconda parte. “La prima stagione aveva poco plot, poca trama, era soprattutto un approfondimento,” ha spiegato a Blogo Andrea De Sica, che in questa nuova stagione è stato affiancato alla regia da Letizia Lamartire.

La prima avvisaglia di questi tentativi è lo sforzo—riuscito soprattutto a livello di regia—di dare tridimensionalità ad alcuni personaggi. Per citarne alcuni: Niccolò (Lorenzo Zurzolo), oltre a continuare con le espressioni da stronzo, comprende quanto il suo comportamento da bullo sia ridicolo; Fabio non è più la quota LGBTQ+ inserita a forza, ma ha una sua storia; Ludovica (Alice Pagani) non è solo in cerca di una direzione, ma di redenzione e si contraddice spesso; molti genitori, come la new entry interpretata da Max Tortora, sono più complessi.

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Un secondo sforzo, poi, l'ho intravisto nei dialoghi, che diventano un po' più efficaci: 1. nel ricordarci che siamo, almeno nelle intenzioni, ancora di fronte a un teen drama volutamente melenso (“A testa alta, anche se il collo è sporco”), 2. e che, ok, è vero siamo nel 2019 (con tutti i risvolti cringe del caso):

Il terzo sforzo in questo cambio di direzione è l'inserimento di riferimenti alla vera storia delle baby squillo dei Parioli. “Quest’anno entriamo negli alberghi. Le due ragazze cominciano a prost…..si, con tutte le conseguenze che comporta,” ha continuato Andrea De Sica. Due esempi: la definitiva presa di coscienza di Simonetta (Isabella Ferrari) sulle attività segrete della figlia prende spunto dalla reale connivenza di una madre delle baby squillo, mentre l’appartamento in cui sembra passeranno molto tempo “Emma e Desireé” si ispira dalle reali indagini.

Queste citazioni si incastrano in maniera efficace e fanno sparire quei fastidiosi voice over che prima infestavano la serie. Ma sono il più grande rischio, perché confondono parecchio.

Mi spiego. In molti hanno paragonato Baby a Elite, una serie Netflix spagnola ambientata in una bellissima scuola per ragazzi ricchi, con le solite paturnie adolescenziali e in cui succedono cose assurde. Insomma, un teen drama, 100 percento fiction, da vedere per svuotarti la testa.

E nel paragone mi ci ritrovavo perfettamente: dopo aver deciso che Baby era da prendere come un teen drama da cui lasciar fuori tutte le aspettative—alla Gossip Girl, alla Elite, non alla Skam—mi sembrava di poterla guardare senza dovermi aspettare nulla e in un certo senso assolverla.

Adesso, dovendo descrivere per forza qualcosa di complicato, che ha interessato l'Italia intera, le aspettative sono nuovamente cambiate. Ma si tratta di un pregio della serie, o di un difetto? Si prende davvero sul serio? Non lo so ancora.

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