Fino a poco tempo fa la parola "catering", nella mia mente, evocava tristi feste di fine anno in ufficio in cui spaesati studenti dell'istituto alberghiero servono tartine con il salmone e la robiola. Poi ho capito che sotto l'etichetta di catering, o banchettistica che dir si voglia, si cela un mondo meraviglioso di persone che organizzano per altre persone utopie dorate. Costosissime utopie dorate.“Tagliano il risotto con il coltello. Sempre. C’è chi lo fa raffreddare, poi crea una sorta di tris sul piatto e si mangia ogni quadratino”
La prima regola da imparare? Le persone non sono lì per mangiare. Le case automobilistiche, le case di moda e in genere tutti coloro che hanno un fatturato a più zeri di quelli che io sappia scrivere su un foglio, organizzano eventi in cui il cibo gioca un ruolo secondario. A volte invitano a cucinare chef stellati, ma è più per far vedere che per far mangiare. “Quando si parla di eventi aziendali la media della cena è un’ora e un quarto. Bisogna essere efficienti.” Quando lui mi parla di cene di gala per aziende plurimiliardarie la mia mente vola a scenari da paese di Bengodi, vasche di caviale in cui tuffarsi usando le chele delle aragoste come braccioli, manzi Wagyu che ti massaggiano e poi fanno harakiri sul tuo piatto. Invece la realtà è molto diversa.Non possiamo servire niente di divisivo. Questo significa tre ingredienti base: manzo, vitello, maiale
Quello della banchettistica di lusso è un mondo a sé con le proprie regole. È il mondo delle feste, delle celebrazioni. Un mondo in cui problemi come “scarto zero”, o sostenibilità, non possono entrare - ma in cui, per forza di cose, sono dovute entrare nuove esigenze alimentari. Non tutte legittime - esattamente come succede nei ristoranti. “In cucina predisponiamo sempre una linea per le variazioni. Quelle vere - come la celiachia, o l’intolleranza al lattosio, o l’allergia al nichel - ce le comunicano in anticipo. Ma all’ultimo momento ci sono sempre richieste assurde, come quel signore che una volta mi ha detto che non mangiava animali che camminavano su due zampe. O tutti quelli che dicono di essere allergici alla cipolla… ma semplicemente non la amano. E poi c’è sempre qualcuno che finge di essere celiaco, ma poi lo vedi bersi una birra.” Ci sono alcuni ingredienti off limits, tipo le arachidi, per l’alto numero di allergici e la pericolosità delle reazioni: “Una volta un famoso pasticcere ci ha fatto una torta per 250 persone. Peccato che dentro ci abbia messo le arachidi. L’abbiamo dovuta buttare.”"All’ultimo momento ci sono sempre richieste assurde, come quel signore che una volta mi ha detto che non mangiava animali che camminavano su due zampe. O tutti quelli che dicono di essere allergici alla cipolla, ma semplicemente non la amano"
Con la cucina kosher è un po' più complicato: deve venire un rabbino a benedire i fornelli
Se una famiglia presenta esigenze particolari e diverse dalla media, però, loro cercano sempre di soddisfargliele: “Una volta una famiglia indonesiana voleva a tutti i costi che preparassimo il satay, loro piatto nazionale.” E i cuochi hanno imparato a farlo. Ma la difficoltà maggiore non è il cibo: è il tempo. “Noi italiani cominciamo la cena, la finiamo, poi ci dedichiamo ad altre attività. Gli americani invece inframmezzano ogni portata con un ballo. Altre culture prevedono diversi giorni di matrimonio, con flussi del tempo estremamente dilatati. Divertentissimo, ma stremante per chi deve organizzarlo. Però non sempre capita: noi lavoriamo con famiglie cosmopolite, un’élite internazionale sparsa per il mondo, che ormai si è abituata a matrimoni più mordi e fuggi.” Il prezzo finale, mi dice, è simile a quello di un ristorante stellato. Per matrimoni da centinaia di persone. Fate un po' voi i contenti.Una volta abbiamo chiamato la sposa perché non riuscivamo a trovare lo sposo, che ci doveva confermare il numero degli ospiti. ‘Neanche io riesco a trovarlo’, ci ha risposto lei
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