catering di lusso
Illustrazione by Juta
Cibo

Chi lavora nei catering di lusso vede delle cose assurde

Tipo rabbini che benedicono i fornelli o sposi che leccano statue di ghiaccio. Di donna. A grandezza naturale.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

“Tagliano il risotto con il coltello. Sempre. C’è chi lo fa raffreddare, poi crea una sorta di tris sul piatto e si mangia ogni quadratino”

Fino a poco tempo fa la parola "catering", nella mia mente, evocava tristi feste di fine anno in ufficio in cui spaesati studenti dell'istituto alberghiero servono tartine con il salmone e la robiola. Poi ho capito che sotto l'etichetta di catering, o banchettistica che dir si voglia, si cela un mondo meraviglioso di persone che organizzano per altre persone utopie dorate. Costosissime utopie dorate.

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Poi ho conosciuto un ragazzo che in quelle realtà ci lavora quotidianamente - e che, per ragioni di privacy, preferisce non apparire con nome e cognome. L’azienda di banchettistica della sua famiglia, nata a inizio anni Novanta, vanta tra i clienti fissi alcune delle case automobilistiche di lusso più famose al mondo. Quando si parla di banchettistica “di alto livello”, mi spiega, non esiste una scuola. Si impara sul campo e ognuna ha il proprio modo di lavorare. “Noi siamo molto organizzati: abbiamo una routine di lavoro ben precisa, con procedure standardizzate.” Il suo lavoro lo ama, e si vede, ed è molto preciso nel raccontarne tutti gli aspetti: l'entusiasmo e la passione, sì, ma anche le difficoltà logistiche e le complicazioni che nascono nel dover nutrire centinaia di persone.

Non possiamo servire niente di divisivo. Questo significa tre ingredienti base: manzo, vitello, maiale

La prima regola da imparare? Le persone non sono lì per mangiare. Le case automobilistiche, le case di moda e in genere tutti coloro che hanno un fatturato a più zeri di quelli che io sappia scrivere su un foglio, organizzano eventi in cui il cibo gioca un ruolo secondario. A volte invitano a cucinare chef stellati, ma è più per far vedere che per far mangiare. “Quando si parla di eventi aziendali la media della cena è un’ora e un quarto. Bisogna essere efficienti.” Quando lui mi parla di cene di gala per aziende plurimiliardarie la mia mente vola a scenari da paese di Bengodi, vasche di caviale in cui tuffarsi usando le chele delle aragoste come braccioli, manzi Wagyu che ti massaggiano e poi fanno harakiri sul tuo piatto. Invece la realtà è molto diversa.

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“Non possiamo servire niente di divisivo. Questo significa tre ingredienti base: manzo, vitello, maiale. A volte faraona, che ora va molto di moda. Se proponessi l’agnello molte persone me lo rimanderebbero indietro dicendo che è una carne un po’ strana. Ed è meglio divertire sempre gli stessi tagli, filetto in primis.” Insomma, nemmeno i ricchi mangiano molto vario, ma non è solo una questione di appetiti: “Non si possono servire ostriche e frutti di mare perché se qualcuno sta male dà sicuramente la colpa a quello.”

"All’ultimo momento ci sono sempre richieste assurde, come quel signore che una volta mi ha detto che non mangiava animali che camminavano su due zampe. O tutti quelli che dicono di essere allergici alla cipolla, ma semplicemente non la amano"

Quello della banchettistica di lusso è un mondo a sé con le proprie regole. È il mondo delle feste, delle celebrazioni. Un mondo in cui problemi come “scarto zero”, o sostenibilità, non possono entrare - ma in cui, per forza di cose, sono dovute entrare nuove esigenze alimentari. Non tutte legittime - esattamente come succede nei ristoranti. “In cucina predisponiamo sempre una linea per le variazioni. Quelle vere - come la celiachia, o l’intolleranza al lattosio, o l’allergia al nichel - ce le comunicano in anticipo. Ma all’ultimo momento ci sono sempre richieste assurde, come quel signore che una volta mi ha detto che non mangiava animali che camminavano su due zampe. O tutti quelli che dicono di essere allergici alla cipolla… ma semplicemente non la amano. E poi c’è sempre qualcuno che finge di essere celiaco, ma poi lo vedi bersi una birra.” Ci sono alcuni ingredienti off limits, tipo le arachidi, per l’alto numero di allergici e la pericolosità delle reazioni: “Una volta un famoso pasticcere ci ha fatto una torta per 250 persone. Peccato che dentro ci abbia messo le arachidi. L’abbiamo dovuta buttare.”

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Con la cucina kosher è un po' più complicato: deve venire un rabbino a benedire i fornelli

La stragrande maggioranza degli eventi privati che organizzano sono matrimoni. Di cui moltissimi per stranieri che vengono nel nostro paese inseguendo una sorta di Italian Dream: non per niente si sposano soprattutto sul Lago di Como o in Toscana. “Di solito interagiamo con wedding planner molto preparati. Non abbiamo mai avuto problemi con le necessità halal. Con quelle kosher è un po’ diverso. O ti fai spedire direttamente tutti i piatti, e devi solo togliere i sigilli e servire, o cucini - e in quel caso devi comunque comprare tutti gli ingredienti nei negozi appositi - e deve venire un rabbino a benedire i fornelli.” Chi viene qui per fare l’esperienza di matrimonio all’italiana? Inglesi, indiani, libanesi, russi. E ovviamente vogliono mangiare italiano, “a parte lo champagne. Tutti vogliono bere champagne.”

Una volta abbiamo chiamato la sposa perché non riuscivamo a trovare lo sposo, che ci doveva confermare il numero degli ospiti. ‘Neanche io riesco a trovarlo’, ci ha risposto lei

Se una famiglia presenta esigenze particolari e diverse dalla media, però, loro cercano sempre di soddisfargliele: “Una volta una famiglia indonesiana voleva a tutti i costi che preparassimo il satay, loro piatto nazionale.” E i cuochi hanno imparato a farlo. Ma la difficoltà maggiore non è il cibo: è il tempo. “Noi italiani cominciamo la cena, la finiamo, poi ci dedichiamo ad altre attività. Gli americani invece inframmezzano ogni portata con un ballo. Altre culture prevedono diversi giorni di matrimonio, con flussi del tempo estremamente dilatati. Divertentissimo, ma stremante per chi deve organizzarlo. Però non sempre capita: noi lavoriamo con famiglie cosmopolite, un’élite internazionale sparsa per il mondo, che ormai si è abituata a matrimoni più mordi e fuggi.” Il prezzo finale, mi dice, è simile a quello di un ristorante stellato. Per matrimoni da centinaia di persone. Fate un po' voi i contenti.

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E se qualcuno cancella last minute? “Una volta abbiamo chiamato la sposa perché non riuscivamo a trovare lo sposo, che ci doveva confermare il numero degli ospiti. ‘Neanche io riesco a trovarlo’, ci ha risposto lei, e dopo poco ha annullato last minute. Un’altra volta lui è scappato con la migliore amica di lei. Noi cerchiamo di coprire i costi quanto possibile, ma se per il tuo matrimonio ho ordinato decine di chili di merluzzo nero dell’Alaska, beh, non posso certo rimandarlo indietro.”

Come si mangia ai matrimoni? “Sicuramente in maniera più varia che negli eventi aziendali. I clienti tendono a seguire le mode ma senza osare troppo: il filetto di vitello, magari con la curcuma; la torta glassata, magari con una spolverata di tè matcha. Come in tutti i matrimoni, funzionano i prodotti status symbol - l’oro ad esempio piace sempre molto.” D'altronde, come lui ripete spesso, nella banchettistica bisogna sempre ricordare che il protagonista sono gli ospiti e bisogna fare cosa è meglio per loro. Anche se questo significa vedere “persone che tagliano il risotto con il coltello. Sempre. C’è chi lo fa raffreddare, poi crea una sorta di tris sul piatto e si mangia ogni quadratino.” O sopportare che tutto lo sforzo sia solo uno show off: “Ricordo un matrimonio con un buffet incredibile, pantagruelico, ostriche, sushi, frutti di mare. Nessuno mangiava niente e io ero preoccupato. Poi mi sono accorto che in mezzo al prato, tra la folla, c’era lo spacciatore degli sposi. Tutti stavano tirando come dei disperati.”

Richieste strane? “La più innocua, inserire un attore tra i nostri camerieri in modo che facesse danni, sporcasse i vestiti degli ospiti, rovesciasse le cose. Abbiamo detto no. La più assurda, una statua di ghiaccio a forma di donna, a grandezza reale, che un uomo si è portato in giro per tutta la festa, molestandola in vario modo. Quell’uomo era lo sposo.”

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