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La verità sul video 'La verità su Aquarius e Saviano'

Abbiamo analizzato punto per punto il video 'La verità su Aquarius e Saviano' di Luca Donadel.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Grab via Facebook.

E così, ci risiamo: a oltre un anno di distanza dall’esplosione della campagna contro le Ong, un altro video che promette di rivelare la “verità” sul caso della nave Aquarius di SOS Mediterranée è diventato virale.

Mentre scrivo la clip in questione ha superato i 3 milioni di visualizzazioni su Facebook, potendo contare anche sulla spinta ricevuta dal neo-ministro dell’interno Matteo Salvini. L’autore è lo stesso: Luca Donadel, il corrispettivo italiano dello youtuber dell’alt-lite Paul Joseph Watson (che è anche editor del sito InfoWars, il più grosso organo d’informazione complottista al mondo).

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Rispetto all'altro video che avevamo analizzato (“La verità sui ‘MIGRANTI’,” che è tornato a girare in questi giorni) lo studente ha iniziato a collaborare con la trasmissione di Canale 5 Matrix, è intervenuto alla festa di Fratelli d’Italia (Atreju), ha scritto sulla rivista di CasaPound Il Primato Nazionale, e si è fatto foto durante le azioni di Generazione Identitaria.

Insomma: si è allontanato—ma giusto un attimo, eh!—dalla pretesa originaria di andare oltre gli slogan “di destra e di sinistra.” Non che il suo orientamento politico fosse difficile da capire anche all’epoca, ma tant’è. A non essere cambiato, invece, è il suo stile; e il suo ultimo video, intitolato con la formula “La verità su [TEMA SCABROSO DEL MOMENTO],” non fa eccezione.

Ripetendo quanto detto all’epoca, anche qui c'è “un montaggio di buon livello che sovrappone immagini,” unito alla “padronanza del linguaggio e delle dinamiche dei social,” e all’assenza di bufale plateali. È esattamente questo il suo punto di forza; ed è per questo che alcune critiche e definizioni appioppategli (come quella di “bufalaro”) sono fuorvianti. La strategia è molto più elaborata, e rappresenta un netto salto di qualità rispetto alle tirate di un Er Faina qualsiasi.

A ogni modo, il video di circa sette minuti è sostanzialmente diviso in due parti: la prima parla dell’Aquarius; mentre la seconda è un attacco a Roberto Saviano, autore a sua volta di un video sulla vicenda pubblicato su Fanpage. Visto che di materiale ce n’è parecchio, ho deciso di concentrarmi su sei punti—tralasciando le espressioni più salviniane (come il gesto delle virgolette su “migranti,” o cose come i “semi-analfabeti arrivati sui barconi”) che si qualificano da sole.

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IL RECUPERO DA PARTE DELL’AQUARIUS

La prima frase spiega come si sarebbe arrivati a questo punto. “Il copione è quasi lo stesso dell’anno scorso,” afferma Donadel. “L’Aquarius parte, fa il suo bel recupero davanti alle coste della Libia, e poi fa rotta verso l’Italia.” Semplice, conciso, chiaro. E scorretto, perché omette la dinamica effettiva dell’accaduto.

Come ha raccontato SOS Mediterranée (e poi Salvini) le operazioni di salvataggio tra il 9 e il 10 giugno sono state ben sei, e sono avvenute in una zona di mare più vicina alla Tunisia e Lampedusa che a Malta. L’Aquarius ha recuperato 229 persone—40 erano finite in mare dopo la rottura di due gommoni—mentre altre 400 sono state trasbordate sulla nave dopo essere state salvate dalla marina, dalla guardia costiera e da navi mercantili.

La frase corretta, dunque, sarebbe più o meno questa: “Il copione è quasi lo stesso: marina, guardia costiera e Aquarius partono, fanno il loro bel recupero nella zona Sar libica—che non è mai stata dichiarata fino in fondo, e che la ‘guardia costiera libica’ [ gesto delle virgolette] non è in grado di controllare—e poi le navi italiane trasportano 400 persone a bordo della nave dell’Ong.” Suona un po’ diverso, no?

Comunque, a coordinare sia i salvataggi sia i trasferimenti ha provveduto l’IMRCC (l’Italian Maritime Rescue Coordination Centre) di Roma, che ha anche indicato all’Aquarius la rotta da seguire: verso nord. L’IMRCC ha anche chiesto all’equipaggio se preferissero “il porto di Trapani o di Messina.”

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Poi, però, l’indicazione verso quale porto sicuro attraccare non è più arrivata. Nel tardo pomeriggio, come noto, Salvini e Toninelli hanno fatto sapere di aver chiesto a Malta di accogliere la Aquarius; e la sera l’Aquarius ha comunicato di aver ricevuto l’ordine di “restare in standby nella posizione attuale.”

Per Donadel si tratta di un fatto senza precedenti, che sottolinea la novità e l’incredibile coraggio del nuovo esecutivo: “Per la prima volta dopo secoli che si faceva così, Salvini la blocca.” Ovviamente non è così—blocchi navali e situazioni di questo genere si verificano almeno dal 1997, con l’avallo dei governi di centrosinistra e centrodestra (a riprova di quanto le politiche concrete sull’immigrazione siano molto meno distanti tra le parti di quanto non appaiono nella propaganda). L’ipotesi di chiudere i porti alle Ong, secondo alcuni retroscena, era inoltre circolata anche l’anno scorso.

SALVINI PUÒ BLOCCARE LE NAVI?

Si arriva dunque al nodo: Salvini può “bloccare” una nave o no? Può chiudere o meno i porti (cosa che nel caso dell’Aquarius non è comunque stata fatta)?

Anzitutto, non è il Ministro dell'Interno a decidere la chiusura dei porti; ma il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti (in questo caso Danilo Toninelli), che non è mai citato nel video. Poi, come avevamo già spiegato, il governo di uno stato sovrano come l’Italia può benissimo decidere di negare l’attracco a una nave che batte bandiera straniera. A due condizioni: se sospetta una violazione delle leggi italiane, e se l’arrivo della nave arreca “pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello stato costiero” in base alla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (ratificata dall’Italia nel 1994).

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Secondo diversi analisti—tra cui l’avvocato Francesco De Feo, nonché i docenti della Cattolica di Milano Francesca De Vittor e Pasquale De Sena—i limiti sono precisi. Dario Bellucco dell’Asgi, ad esempio, sostiene che nel caso dell’Aquarius la nave è stata soccorsa sotto il coordinamento delle autorità italiane, “quindi l’Italia è responsabile per la sorte di quelle persone. Sottraendosi a questa responsabilità violerebbe norme e trattati internazionali.”

Il quadro giuridico che regola il soccorso in mare, del resto, è molto complesso: ci sono diverse convenzioni internazionali (tra cui SOLAS, quella di Montego Bay, quella di Amburgo, quella sui “porti sicuri”); l’articolo 10 del Testo unico sull’immigrazione; l’articolo 33 della convenzione di Ginevra; previsioni e protocolli contenute nella CEDU. Per chi volesse approfondire ulteriormente, segnalo la “Guida alla solidarietà in mare” di CILD.

Tutto questo, naturalmente, non è minimamente accennato nel video—o meglio: è bollato come “polemica” dei “no-borders” o direttamente “fake news.” Donadel, infatti basa il suo ragionamento su un articolo del Sole24Ore che tra le varie cose parla della missione europea “Themis,” che ha sostituito “Triton” a partire dal primo febbraio del 2018. Entrambe non si occupano di search & rescue, ma di pattugliamento dei confini e contrasto al traffico di esseri umani, e nascono dopo la fine di Mare Nostrum.

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Le zone Sar nel Mediterraneo Centrale. Immagine via Valigia Blu.

Tra le novità più importanti di “Themis” c’era l’idea di far approdare le navi nel porto “più vicino” e non il primo “porto sicuro,” cioè l’Italia. Nei giorni successivi all’entrata in vigore della missione, la portavoce di Frontex Isabelle Cooper ha smentito questa ipotesi, dicendo che l’opzione principale sarebbe stata quella di continuare “a seguire la legge marittima internazionale che impone di portare le persone recuperate nel posto sicuro più vicino.” È la legge marittima, quindi, a prevalere su tutto.

Perché, allora, basarsi su “Themis”? Per un motivo molto semplice: è del tutto funzionale alla narrazione del “ tutti arrivano solo in Italia”—invasione!—e permette di infilarci dentro parole chiave come “business” (che secondo Toninelli, da quando ci sono loro al governo, “non è più un business”) ed Emma Bonino.

L’ACCORDO “SEGRETO” PER PORTARE TUTTI I MIGRANTI IN ITALIA

A questo punto Donadel fa partire lo spezzone di un intervento in cui l’ex ministra degli affari esteri del governo Letta, nel luglio 2017, “rivela” che il governo Renzi (di cui non faceva parte, è bene dirlo) ha esplicitamente chiesto che tutti gli sbarchi avvenissero sulle nostre coste.

Si tratta dello stesso spezzone che è apparso sul blog di Beppe Grillo (appositamente tagliato per appiattire l’intero discorso di Bonino su poche frasi) e che è alla base di alcuni interventi di Di Maio, che è arrivato addirittura a legare questo “accordo indicibile” agli 80 euro di Renzi. Prima di loro—e di Bonino—la deputata di Forza Italia Laura Ravetto aveva stabilito l’equazione “flessibilità economica dall’Unione Europa in cambio di migranti.”

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Come spiega bene un dettagliato articolo de Il Post, queste teorie non hanno alcun fondamento; e non c’è nemmeno nulla di “indicibile” o inedito. Anzi, è tutto scritto nero su bianco nell’allegato 3 dell’Operational Plan di Triton: le unità navali di Frontex “sono autorizzate dall’Italia a sbarcare sul suolo italiano tutte le persone ‘intercettate’ sia nelle acque territoriali italiane sia in quelle di tutto il teatro di operazioni di Triton.” Allo stesso modo in cui, spiega NeXt Quotidiano, “le operazioni di Frontex al largo di Grecia [operazione Poseidon] e Spagna prevedevano che gli sbarchi avvenissero in quei paesi.”

La questione è da un lato eminentemente politica, nel senso che l'Italia ha voluto assumere il comando di una missione europea davanti alle proprie coste; e dall’altro lato va calata nel complicato ambito geopolitico del Mediterraneo degli ultimi anni. L’autorizzazione a sbarcare le persone salvate in Italia, scrive Il Post, “sembra essere motivata principalmente da ragioni di logica.” Il tratto di mare in cui avvengono i soccorsi, come avevo già ricostruito nell’articolo di un anno fa, si affaccia sulla Libia (un paese nel pieno di una guerra civile), sulla Tunisia (che non può essere considerato un “porto sicuro”) e su Malta, una piccola isola che—in proporzione—ospita già molti più migranti dell’Italia. L’Italia, chiosa sempre l’articolo, “appare quindi l’unica opzione ragionevole.”

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Questa non è una situazione immutabile e scolpita nel tempo, chiaramente; tant’è che con Themis è stata cambiata quella previsione, che già Minniti voleva cambiare nel 2017. Tuttavia rimangono sempre fermi gli obblighi internazionali, e secondo il professore Fulvio Vassallo Paleologo il punto è questo: “Tre convenzioni internazionali impongono che i naufraghi siano portati nel Paese che ha coordinato il soccorso,” ha detto in un’intervista a Repubblica. “Nel mediterraneo Centrale questa funzione la svolge solo il Centro marittimo italiano, dentro e fuori la zona search and rescue di nostra competenza, perché la Libia, la Tunisia e Malta non lo fanno. Dunque i migranti continueranno ad arrivare sulle nostre coste, con o senza Triton.”

L’80 PERCENTO DI CHI ARRIVA IN ITALIA È CLAN-DE-STI-NO

Andiamo avanti. Il focus polemico del video si sposta sulla tabella qui sopra, che è girata molto nei giorni scorsi. Donadel lo definisce un “classico esempio di com’è facile manipolare i numeri per favorire la propria agenda politica,” e ha gioco facile nell’attaccarsi a qualcosa che—effettivamente—non spiega un granché e alimenta la confusione terminologica.

I rifiugiati, evidenzia il fact-checker de lavoce.info Lorenzo Borga, sono una piccola fetta degli stranieri che sono in Italia. Nel computo generale, vanno però considerati gli stranieri residenti (circa 5 milioni), i richiedenti asilo (circa 150mila) e gli “irregolari”—stimati dalla Fondazione Ismu in 491mila. Sono persone a cui è scaduto il permesso di soggiorno, oppure a cui è stata respinta la richiesta di asilo, nonché coloro che Salvini e alleati vorrebbero rimpatriare in massa. E soprattutto: sono il prodotto di leggi come la Bossi-Fini, che producono la stessa “clandestinità” che dicono di voler combattere.

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Dopo aver definito “ridicola” quella tabella, Donadel dice che l’80 percento delle persone che vengono in Italia sono “migranti economici,” ossia un “modo petaloso per dire clan-de-sti-ini.” La percentuale è ricavata da una dichiarazione del 2016 del commissario europeo per le migrazioni Dimitris Avramopoulos.

Tale dichiarazione, però, non corrisponde ai dati del Viminale: nel 2017 le domande di protezione internazionale accolte in prima istanza sono state 33.873, il 40 percento di quelle esaminate (81.527). La suddivisione è la seguente: l’8 percento ha ricevuto l’asilo, l’8 la protezione sussidiaria, e il 25 la protezione umanitaria. Le percentuali sono più o meno le stesse nei primi mesi del 2018. In questo caso, dunque, è Donadel a “manipolare i numeri per favorire la propria agenda politica”—proprio come ha fatto il Ministro dell’Interno nel suo primo discorso al Senato.

Le decisioni sulle richieste d'asilo del 2017. Via ministero dell’interno.

L’ATTICO DI SAVIANO A NEW YORK E I 5 MILIARDI DI EURO PER I MIGRANTI

Il resto del video è dedicato a Roberto Saviano, “l’instancabile eroe” che dal suo “attico di New York” (una sonora falsità rilanciata da personaggi del calibro di Diego Fusaro) “combatte senza soste le orde di miserabili populisti.”

Premessa: quello che dice Saviano sull’immigrazione non è, ovviamente, la Verità Rivelata; è la sua opinione personale, che può essere più o meno fondata. Visto che si tratta di una figura molto in vista, è però molto comodo sfruttarlo per schiacciare l’intera sinistra su di lui e farla apparire—vedi la pantomima sull'attico a New York—come la posizione “radical-chic” e “buonista” per eccellenza.

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Ed è esattamente quello che fa Donadel. Il quale, in particolare, si focalizza su un’affermazione dell’autore di Gomorra: “L’Europa ha concesso all’Italia di scorporare dal bilancio” i 5 miliardi di euro stanziati per la gestione dell’immigrazione. “In questo modo,” continua Saviano, “questa massa di denaro non pesa sul rapporto deficit-pil.”

Lo youtuber si mette dunque a ridere nervosamente, e poi fa la scenetta di soffocare un urlo in un cuscino. Eppure, quello che dice Saviano è sostanzialmente corretto. Tentiamo di fare un po’ di chiarezza. La cifra dei 5 miliardi—a cui Salvini, come detto più volte, vorrebbe dare una bella sforbiciata—è contenuta nel Def (Documento di programmazione economico finanziaria) approvato il 26 aprile dal governo Gentiloni.

Parliamo di una stima effettuata sulla base di due scenari: nel primo si ipotizza che, se i numeri degli arrivi restano simili a quelli degli ultimi mesi, la spesa per l’accoglienza sarebbe di circa 4.7 miliardi di euro; nel secondo, a fronte invece di un aumento degli arrivi, la spesa salirebbe a 5.047 miliardi di euro. L’anno scorso sono stati spesi 4.363 miliardi di euro, in linea con il Documento programmatico di bilancio dello scorso anno, in cui si evidenziava l’aumento costante delle stime di spesa dal 2011 al 2017.

Ma come sono ripartiti questi miliardi? Né Donadel né Saviano lo dicono. Nel Def lo stanziamento è il seguente: il 68,4 percento (circa 3.4 miliardi di euro) va per l’accoglienza; il 18,9 al soccorso in mare; e il 12,7 percento all’istruzione e sanità.

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Per quanto riguarda i contributi dell’Unione Europea, è vero che la partecipazione economica è limitata. Nel 2018 la stima è di circa 80 milioni di euro, mentre nel 2017 erano arrivati 91 milioni di euro. Questo va però contemperato con il fatto che, si legge sull’Agi, il governo italiano ha chiesto—e ottenuto—di poter scorporare quelle spese dai normali vincoli di bilancio” stabiliti dal Fiscal Compact. I 5 miliardi di euro previsti per quest’anno, come per le spese straordinarie per il terremoto nell’Italia centrale del 2016, “non vengono conteggiati nel computo del debito e del disavanzo pubblico.”

Si tratta di una cifra rilevante, nessuno lo nega. Per completezza va detto che l'incidenza sul Pil è dello 0,28 percento. Questa cifra, inoltre, dipende dal fatto che sebbene gli sbarchi siano calati negli ultimi mesi, i migranti ospitati nelle strutture d’accoglienza non lo sono; e questo, spiega l’Agi, è da attribuire in larga parte al meccanismo di Dublino III e dal fallimento del piano di ricollocamento dell’UE. È in Europa che bisogna lavorare per far cambiare le cose—una pratica da cui la Lega, almeno finora, si è tenuta ben alla larga.

La tavola con le stime per le gestione dell'immigrazione, dal DEF del 2018.

DALL’AQUARIUS AD ASSAD

La conclusione del video è, in sostanza, una sorta di appello a una fantomatica “sinistra”—dentro la quale sono ricompresi Saviano e i “democratici che supportavano Hillary Clinton”—a “lavarsi la coscienza” perché “avete voluto far fuori Gheddafi per i vostri interessi” (nessuna menzione all’intervento francese in Libia, voluto dal conservatore Sarkozy) e “avete sostenuto i ‘ribelli moderati’ in Siria perché volete far fuori anche Assad.”

Tra l’altro, è curioso che Donadel parli di ipocrisia di Macron e della Francia sui confini, visto che—come ricordato in apertura—ha dato sostegno alla “missione Alpi” di Generazione Identitaria, con la quale gli “identitari” avevano allestito un “presidio” per impedire ai migranti di oltrepassare il confine italo-francese. E come giustamente faceva notare Giovanni Drogo su NeXt Quotidiano, “un patriota francese che difende il suo confine dall’invasione non ha alcun interesse ad aiutare l’Italia ad occuparsi di gestire i flussi migratori e dare accoglienza ai richiedenti asilo.”

Cosa c’entrino poi i “ribelli moderati” e Assad con l’Aquarius, lo sa solo Donadel. Con ogni evidenza, questa parte finale è un’opinione personale che sfocia nel comizio politico, e che aderisce alla visione degli “identitari” e di una certa (estrema) destra italiana ed europea.

Con “La verità su AQUARIUS e SAVIANO,” pertanto, ci troviamo nuovamente di fronte ad un impasto in cui si mescolano “re-informazione” (cioè una lettura politicamente orientata dalla realtà, seppur occultata sotto il mantello della “controinformazione”), de-contestualizzazione dei fenomeni e la pedissequa ripetizione di un certo tipo di propaganda “legastellata,” che ora è la propaganda governativa—altro che lotta al “pensiero unico.”

Oppure, per farla meno raffinata, potrei chiudere citando direttamente lo youtuber: “Insegnami a sparare cazzate così grandi stando così serio, perché ti giuro che io non ci riuscirei senza scoppiare a ridere.”

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