Così ho imparato ad amare ancora il vino dopo una violenza sessuale
Foto: Getty Images / Fertnig

FYI.

This story is over 5 years old.

Cibo

Così ho imparato ad amare ancora il vino dopo una violenza sessuale

Quando si tratta di violenza sessuale, nessuno dovrebbe chiedere quanto alcol tu abbia bevuto.

Che poi a me, prima, il vino piaceva anche.

Partiamo dal fatto che il mio rapporto con il vino fosse leggermente comparabile a una piccola ossessione. Prima d’intraprendere la mia carriera di scrittrice, svolgevo un piccolo (ma molto remunerativo) lavoro in un hotel di lusso; ero una barista. È stato lì che avevo iniziato ad apprezzare il vino, conoscendone svariati aspetti fra cui la cultura che vi aleggia attorno. Ed è sempre lì che avevo imparato ad amare gli abbinamenti dei piatti, nonché la ricerca e lo studio dei vini più pregiati e antichi. Partecipavo a tutte le degustazioni possibili, imparando terminologie specifiche come “bouquet del vino,” ed ero entrata persino a far parte di un club del vino.

Pubblicità

La mia conoscenza del settore aveva portato inebrianti sensazioni di empowerment come mai prima. Almeno fin quando non è arrivata la notte che ha cambiato tutto.

Il mio lavoro nel settore alberghiero di lusso mi aveva permesso di viaggiare, e io sceglievo le destinazioni turistiche in base alla mia passione per i vini regionali. Il mio primissimo viaggio fuori dal Paese, non a caso, mi aveva portata in Italia, principalmente per via di alcuni vigneti toscani su cui avevo messo gli occhi (e ovviamente per le scorpacciate di pasta).

“Vino” e “cultura del vino” possono assumere significati diversi a seconda delle persone. Nel mio caso, la maggior parte del divertimento era data dall’infinita possibilità di scelta che i vini mi regalavano. C’erano, e ci sono tuttora, vini rossi, bianchi, frizzanti… in base al mio umore potevo scegliere quello che preferivo, passando da quelli più dolci a quelli secchi, del Vecchio Mondo o del Nuovo, economici o costosissimi, di questa o quest’altra regione. Insomma, la mia conoscenza del settore aveva portato non solo a una varietà di scelta notevole, ma anche a inebrianti sensazioni di empowerment come mai prima.

Almeno fin quando non è arrivata la notte che ha cambiato tutto.

Un bel po’ di anni fa ero in giro con degli amici per una serata fuori. Inizialmente avevamo fatto tappa in un ristorante, per la cena, e poi avevamo proseguito verso un bar per qualche bicchierino di vino. Da un bicchierino si è presto passati a tre. Io, a fine serata, ero finita nella macchina di un uomo che aveva promesso di riportarmi a casa. A metà tragitto, invece, aveva abusato sessualmente di me. Il mio consenso, il mio diritto di scelta, mi fu strappato bruscamente via dalle mani quella sera, così come la mia passione per i vini.

Pubblicità

Confidato a un amico cosa fosse successo quella sera, la prima cosa che mi sono sentita chiedere è stata la quantità di vino ingerita quella sera.

Dopo la violenza, la mia mente è partita per un flusso di coscienza interminabile. Come molte altre donne prima di me, ho iniziato a chiedermi se fosse stata colpa mia e della mia ubriacatura. Io avevo deciso di entrare nella macchina di quell’uomo, quindi la colpa era mia. Forse avrei dovuto bere meno vino, forse lo avevo spinto io a farlo. In che altro modo avrei potuto comportarmi? Ho colpevolizzato me stessa, i miei amici per avermi lasciata da sola e, ovviamente, il vino. Accusavo chiunque, a tutti e tutto, ma non il vero colpevole.

Nel corso della propria vita, una donna su cinque subisce una qualche forma di violenza sessuale

Confidato a un amico cosa fosse successo quella sera, la prima cosa che mi sono sentita chiedere è stata la quantità di vino ingerita quella sera. Ma quell’amico non si è rivelato l’unico, perché altri miei amici fidatissimi, venuti a conoscenza della storia, hanno iniziato a domandarmi la stessa cosa. Consciamente sapevo di non meritarmi quanto successo, ma nella realtà dei fatti trovavo difficile mettere in prospettiva il concetto.

Stando a un’indagine sugli abusi sessuali condotta nei campus universitari, gli uomini che perpetrano violenza sessuale sulle donne usano l’alcol come scusa per coprire i propri crimini.

Pubblicità

Nel corso della propria vita, una donna su cinque subisce una qualche forma di violenza sessuale. Le ricerche confermano anche che la metà di tutti questi abusi abbia in un qualche modo a che fare con l’alcol.

Ovviamente, questo non significa che l’alcol sia la causa dietro alle violenze sessuali. Stando a un’indagine sugli abusi sessuali condotta nei campus universitari, gli uomini che perpetrano violenza sessuale sulle donne usano l’alcol come scusa per coprire i propri crimini, mentre quello stesso alcol è utilizzato come fonte di colpevolizzazione e vergogna nei confronti delle donne.

Colpevolizzare le vittime anziché i criminali è ormai un atto talmente normalizzato nella nostra società che, spesso, nemmeno ci si rende conto di quanto e quando venga performato. Persino la domanda “ma quanto avevi bevuto, tu?” rinforza questo tipo di norma, rincarando il concetto che a prendere misure preventive debbano necessariamente essere le donne, o che quando c’è di mezzo l’alcol una violenza sessuale sia in un qualche modo meno “violenta.”

Queste domande, unite allo stigma che le accompagna, sono fautrici di autocolpevolizzazione, senso di colpa, paura dell’umiliazione e, di conseguenza, meno denunce.

A causa di questi fattori, negli soli Stati Uniti, il 63% dei crimini sessuali non viene riportato alla polizia (parliamo del più alto tasso di crimini non denunciati in tutto il Paese).

Dopo quella sera non sono riuscita a dormire per mesi, né a bere vino per anni. Anzi, ho proprio smesso di bere. Bere qualsiasi tipo di alcolico mi ricordava quanto successo e riportava alla mente tutti i sensi di vergogna, colpa, paura e, soprattutto, perdita della libertà di scelta.

Pubblicità

Tornata al lavoro, però, dovevo costantemente avere a che fare con il vino. Dovevo descriverlo e venderlo ai clienti. Ogni vino sprigiona un aroma unico, e ogni aroma ha il potere di legarsi e risvegliare ricordi specifici. Inizialmente anche solo aiutare gli ospiti nella scelta dei vini innescava in me sensazioni spiacevoli.

Poi, ad un certo punto, insegnare quello che sapevo dei vini ad altri ha iniziato a ricordarmi perché io amassi il vino. Ci sono voluti mesi, certo, ma alla fine ho scoperto che non volevo più permettere al mio assalitore di togliermi una delle cose che più mi rendeva felice.

Nonostante la ritrovata passione per il vino, per ritrovare pienamente me stessa ci son voluti anni di terapia. Lì ho imparato, fra le altre cose, che l’unica persona da condannare per quanto successo forse lui, l’assalitore, punto e basta.

Sull’alcol c’è tanto da dire. Bisogna istruire la gente a bere responsabilmente per questioni di salute e di sicurezza. Ma bisogna anche che tutti capiscano che, quando si tratta di violenza sessuale, nessuno dovrebbe chiedere quanto alcol tu abbia bevuto. La conversazione non deve mai spostarsi dal vino alla colpevolizzazione della vittima. Nessuno ha il diritto di innestare sensi di colpa e vergogna a chi ha subito una violenza sessuale.

E così come un vino può raccontare molto di un terroir, può anche parlare della mia storia. E la mia è una storia di forza ed empowerment.

Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram.


Quest'articolo è originariamente apparso su Munchies US.