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Attualità

Questi video ‘troll’ sui migranti fanno più danni che altro?

Il “nostromo dell’Aquarius”, aka Gian Marco Saolini, è l'ultimo esempio.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Foto via Facebook.

In questi giorni, su Facebook ma non solo, è praticamente impossibile non imbattersi nel breve video in cui un “nostromo dell’Aquarius” svela la sua “verità” sull’imbarcazione. Al momento, i numeri sono impressionanti: quasi 4 milioni di visualizzazioni, con circa 140mila condivisioni—e questo senza contare le pagine e gli utenti che l’hanno scaricato e ripostato dai loro profili.

Il protagonista, che parla da un'auto, dice di chiamarsi Giovanni Titori. “Sono stato fatto secco, licenziato, anche a malo modo, semplicemente perché volevo parlare, raccontare la verità agli italiani, cosa che non mi hanno permesso di fare mentre ero a bordo,” racconta. Secondo il suo racconto a bordo non ci sarebbe una situazione disagiata, anzi: si balla, si gioca ai “videogame e alle slot machine,” c’è un “open bar” e tutti sono “ben vestiti e ben nutriti.”

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Titori prosegue dicendo che “sono cose che non vi dirà nessuno,” e conclude con questo appello: “Tutti a bordo ridevano come matti davanti alla televisione a vedere tutte le notizie e le fake news che stavano girando sul web. Non abboccate, non credete alle fake news.”

In questo minuto scarso, dunque, si toccano tutte le leve adatte a far scattare l’indignazione—compresa la più potente di tutte: quella del nessuno ve lo dice!, che da anni è il passepartout prediletto da chiunque voglia attirare l’attenzione lanciando messaggi “controversi.”

Naturalmente, la storia è completamente inventata e Titori è l’ennesimo alias di Gian Marco Saolini. Per chi non lo conoscesse, quest’ultimo è un “esperto di comunicazione web” nonché un noto troll. Di fatto, negli ultimi anni Saolini ha inondato l’Internet italiano di bufale di vario tipo—da un lato con siti come il Corriere del Corsaro e News24Roma, dall’altro con falsi avvocati, falsi medici antivaccinisti, falsi imprenditori pagati da Renzi per votare Sì al referendum costituzionale, falsi capi ultrà della Juventus, falsi inviati delle Iene, e così via.

Per questa attività—che si muove sul crinale del trolling più spinto (a cui hanno abboccato diverse testate) e del “stavo solo scherzando”—è stato definito un “avvelenatore di pozzi” e un “narcisista”; definizioni in cui, chiaramente, non si riconosce. In un’intervista su Repubblica, ad esempio, Saolini ha spiegato di condurre “uno studio, un esperimento sociale su me stesso,” perché “interpreto, mettendoci la faccia, molteplici personaggi.”

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Al Corriere della Sera ha anche rivendicato una sorta di funzione educativa e pedagogica. “Voglio che la gente che mi ha creduto impari a riconoscere l’inganno,” afferma. “Così la prossima volta stanno più attenti a dar retta e guru e santoni.” E ancora: “Voglio dimostrare quanto è fragile e corruttibile l’opinione pubblica. La gente non verifica niente, anche quelli colti, istruiti.”

C’è da dire che alcune delle bufale di Saolini, ovviamente, sono innocue e oggettivamente ridicole. Altre, però, sono decisamente più ambigue—soprattutto sul piano degli effetti.

Il racconto del “nostromo dell’Aquarius,” infatti, è stato deliberatamente postato nel momento più acuto del “disordine informativo” intorno alla vicenda, ed è stato preso per buono da molti utenti. La circostanza sembra aver sorpreso lo stesso Saolini, che a Roma Today ha detto: “Devo ammettere però che a questo giro data la palese assurdità del contenuto e il facile fact checking non mi aspettavo di fare 120.000 condivisioni in due giorni.”

Il problema, dice lui, è che “gli italiani hanno una grave mancanza di percezione della realtà, comprensione del testo, semiotica e conoscenza dell’ironia.” In effetti, se si rimane sulla percezione, Saolini non ha tutti i torti: stando all’ultimo rapporto Eurispes, più della metà del campione intervistato pensa che gli stranieri in Italia siano tra il 16 e il 24 percento della popolazione (il dato reale è dell’8). E la responsabilità di questa distorsione è sicuramente dei media e della politica.

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Eppure, almeno in questo caso, non potrebbe anche trattarsi di un problema di contenuti e di forma? Per cercare di rispondere, ho girato questa domanda a Stefano Antonucci, fumettista satirico e autore—tra le varie cose—di Quando c’era Lui e Il Piccolo Führer. “Il video in sé,” mi dice, “non può essere considerato satirico. Non c’è nessun gioco retorico, né si dà un punto di vista attraverso una scrittura grottesca o altro: si inventa una ‘notizia’ che usa i meccanismi dei video online (come il testo sparato). Poi è ovvio che sui grandi numeri la gente ci casca, anche perché l’obiettivo è quello.”

Per Antonucci, inoltre, “il caso singolo non è pericoloso in sé. Ma genera un’ondata di cose simili, che tutte insieme danno una direzione mediatica e quindi costruiscono il clima.” Tra l’altro, conclude, “questi video esistono perché la comunicazione politica di alcuni politici come Salvini, ad esempio, dà linee guida proprio a livello di comunicazione.”

A tale proposito, mi viene in mente un altro video che è girato molto su Facebook: quello del migrante che “minaccia” Salvini. L’ho visto per la prima all’inizio di maggio, quando l’attuale sottosegretario Massimo Bitonci l’aveva postato sulla sua pagina—che ormai è una specie di di Tutti i crimini degli immigrati in forma audiovisiva.

Non serve nemmeno che vi dica che è falso, giusto? Il ragazzo nel video (arrivato nel frattempo a 2,4 milioni di visualizzazioni) non è un migrante, ma interpreta lo stereotipo razzista di un migrante—e infatti ci sono tutti i cliché: i 35 euro al giorno, i “soldi di Renzi,” le cuffie dell’iPhone, l’arroganza “contro gli italiani,” e altro ancora.

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Nei commenti un utente sostiene che “il video è ironico, lui in realtà chiaramente sa parlare bene l'italiano, e probabilmente l'ha fatto per far capire quanto sia facilmente abbindolabile una grossa parte dell'elettorato italiano, e nel caso della Lega, mi pare ci sia riuscito alla grande.”

Tuttavia, non si può fare a meno di notare che—anche qui—in molti l’hanno preso per buono, lasciandosi andare in becere esternazioni xenofobe. D’altro canto, a un politico della Lega poco importa che video di questo genere siano veri o falsi, o che siano avulsi dai loro contesti originari: basta che siano credibili, perché quello che conta è far passare un determinato messaggio politico.

Visto il momento storico in cui ci troviamo, insomma, bisogna essere doppiamente accorti per evitare deleterie conseguenze collaterali. Come mi dice l’autore satirico Marco Tonus, “questo genere di video sono sempre più diffusi e non c'è mai uno scarto satirico: infatti viene sempre specificato a posteriori dagli autori, rivelando la debolezza dell'idea.”

Se l’intento è quello di contrastare “stereotipi, bufale e informazione tossica”—o “mettere in evidenza le ombre nell’animo delle persone”—deve infatti emergere un punto di vista diverso, o quanto meno alternativo.

“Esagerare una narrazione già esagerata come quella sulle Ong non colpisce nessun bersaglio, anzi rafforza il pregiudizio di chi ci crede, specie se lo sketch è fatto per sembrare 'autentico' e non una parodia,” chiosa Tonus. “La caricatura di una caricatura è fare il make-up alla propaganda.”

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