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Cibo

Com'è il pranzo di Natale quando soffri di disturbi alimentari

Il pranzo di Natale normalmente è sinonimo di gioia, di abbondanza e di buona compagnia, ma per le persone che soffrono di bulimia, anoressia o iperfagia rappresenta piuttosto la certezza di vivere un vero e proprio inferno.
Giorgia Cannarella
traduzione di Giorgia Cannarella
Bologna, IT
Crédit photo : flickr user girlontheles.

Il pranzo di Natale e la cena di San Silvestro sono le sole situazioni nelle quali è perfettamente lecito ingurgitare quantità pantagrueliche di ogni tipo di cibo delizioso senza passare per ingordi - senza dover saltare qualche pasto i giorni precedenti in previsione dell'orgia gastronomica, senza mettersi a dieta i giorni seguenti per tentare di limitare le conseguenze.

Qualche occasionale momento di crisi, certo, ma alla fine nulla di traumatico. Tranne per le persone che soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), per i quali questo periodo dell'anno rappresenta un incubo di crisi e angosce.

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I malati si confrontano con l'obbligo dell'abbondanza.

Per molti i disturbi alimentari emergono contemporaneamente alle situazioni paradassol, numerose durante il periodo delle feste. Questo termine viene impiegato per indicare tutte quelle situazioni nelle quali l'uomo si ritrova a confrontare due interdizioni che si oppongono reciprocamente e di fronte alle quali si è sempre perdenti. In Francia, ad esempio, questo tipo di paradossi si ritrova nelle raccomandazioni governative che ci incitano a "mangiare equilibrato" e a "praticare un'attività fisica regolare" mentre, al contrario, c'è la legittimazione tradizionale a vedere la fine dell'anno come un momento particolare durante il quale ci si può lasciare andare, dimenticando le pressioni e mangiando quanto si vuole e quello che si vuole.

Si comincia il 1 dicembre con il calendario dell'avvento e si finisce a gennaio con ancora altri dolci. O forse con il martedì grasso? Queste situazioni di colpe non colpevoli non finiscono in due mesi. In linea generale, quando la società impone delle condizioni generali a persone per cui mangiare è un problema, il risultato non è ottimale.

Ho chiamato Nicolas Sahuc per discutere con lui di questa situazione. È un dietista specializzato nei DCA e ha completato il suo percorso di studia in filosofia concentrandosi sul dominio dell'etica.

Sahuc conferma che è un periodo più complesso del solito da gestire per i suoi pazienti, molto semplicemente perché le fonti di stress si moltiplicano: "I malati si confrontano con l'obbligo dell'abbondanza. In più se ci sono dei problemi in famiglia, un lutto o delle relazioni tese, è già abbastanza difficile dal punto di vista emotivo". Per lui queste feste costituiscono una costrizione - quella di stare a tavola e fare onore ai piatti.

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Anche se questi problemi sono conosciuti, l'iperfagia o la bulimia non sono sempre riconosciuti dai commensali durante il Natale.

Ho anche contattato delle persone che vivono ogni anno questi problemi per sapore come vivono la questione. Sophia* è passata dall'essere anoressica «stricte» allo soffrire di bulimia. Oggi, dice, si è "stabilizzata" sull'iperfagia. Per lei il periodo delle feste è un periodo in cui "nessuno si ricorderà che ho inghiottito di tutto. È il momento in cui posso avere le mie crisi davanti a tutto il mondo". E aggiunge che "Nessuno si accorge mai che soffro di iperfagia".

Spiega poi che dopo aver sofferto di anoressia fa fatica a vivere il controllo dell'alimentazione: "Quando ho cominciato a crollare me la sono presa con me stessa, a forza di insulti. Se mi lascio andare - cioè se non faccio una crociata restrittiva contro il grasso - verso febbraio arriva il contraccolpo. Mi trovo orribile, grossa, stupida e inutile. Di solito è verso questo periodo che ricomincio a vomitare".

È vero: anche se questi problemi sono conosciuti, l'iperfagia o la bulimia non sono sempre riconosciuti dai commensali durante il Natale. O precisamente: non sono percepiti come un comportamento problematico. Al contrario, mangiare troppo poco rispetto alla norma resta un comportamento sospetto.

Ho l'impressione che le persone che devono tenere sotto controllo il loro peso vogliono usarmi come 'intermediario': vogliono che io mangi come loro amerebbero mangiare

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Anche Laurie* vive questo periodo come una prova. "Ai miei genitori piace molto mangiare, non capiscono le mie privazioni o i miei controlli sull'alimentazione. Prendo perfino dello Xanax prima di rientrare a casa per le feste. Mi serve a limitare le mie voglie di alimenti grassi o zuccherati".

Julia*, un'altra ragazza con cui ho parlato, mi ha detto che anche se è uscita dall'anoressia, i suoi parenti continuano a comportarsi in modi che le creano problemi. Le loro potrebbero essere spesso delle inquietudini legittimi, ma Julia sente le cose diversamente: "Chiunque mi incita ad abbuffarmi. Posso finire un piatto abbondante ma subito mi incitano a riprenderne un altro, una, due, tre volte. Ho l'impressione che le persone che devono tenere sotto controllo il loro peso vogliono usarmi come 'intermediario': vogliono che io mangi come loro amerebbero mangiare". "Dovrebbe essere un momento festivo" prosegue Julia "Ma a me non diverte sporcare il water perché è una convenzione sociale".

A tavola mi dicono 'tu te lo puoi permettere'. Quindi questo vuol dire che più avanti non potrò più. Mi sono sentita ancora più legittimata a restare anoressica.

Davanti ai disordini alimentari le famiglie si agitano: ma è davvero giusto reagire così? Nicolas Sahuc mi spiega che di solito i medici consigliano alle famiglie dei malati di comportarsi come se niente fosse durante le feste - che sarebbe ancora più ansiogeno preoccuparsi troppo. "I malati devono imparare a rispettare i proprio corpi. E il corpo non è un meccanismo. Quelli che dicono a un'anoressica 'mangia per prendere peso' hanno una concezione completamente meccanica del corpo. In effetti, bisogna uscire dal peso per comprendere il corpo".

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In un momento in cui non arrivavo a ingerire 300 calorie al giorno, avevo paura di crollare e di scoprirmi fallibile.

Immaginiamo che, nello spirito di un'anoressica, queste ingiunzioni possono essere interpretate controcorrente e quindi provocare l'effetto inverso: "A tavola mi dicono 'tu te lo puoi permettere'. Quindi questo vuol dire che più avanti non potrò più. Mi sono sentita ancora più legittimata a restare anoressica" ha detto una delle ragazze con cui ho parlato.

Sophia ricorda: "Avevo paura di uscire dalla mia camera per ritrovarmi faccia a faccia con tutto questo cibo che mi rifiutavo di mangiare e che mi faceva invidia. In un momento in cui non arrivavo a ingerire 300 calorie al giorno, avevo paura di crollare e di scoprirmi fallibile".

Laurie mi confessa un'altra malattia, quella dei rituali legati alla malattia: "Natale è il pasto più difficile perché dormo a casa e non posso vomitare la sera (mi ha madre mi ha già scoperto)". Mi spiega di essere divisa tra "il senso di colpa dopo aver vomitato, più o meno discretamente" e "la vergogna di non essere capace di impegnarmi per fare felici i miei genitori". Uno dei peggiori ricordi: "Lo sguardo di desolazione di mia madre quando non finisco quello che passa ore a preparare…".

Quello dei genitori è una leva affettiva per Julie: "Il peggio è vedere lo sguardo dei miei genitori a tavola: io prendo un piatto normale - mi sforzo dicendomi che un po' di tacchino con piselli e carote e una patata non è così terribile - e leggo nei loro occhi così tanta speranza. Non dicono nulla ma capisco quello che pensano: si dicono che sono guarita, che sono sulla buona strada… io so che il giorno dopo e quello dopo ancora non mangerò che qualche mela pensando di aver mangiato troppo la Vigilia".

Le persone che hanno queste malattie soffrono tutto il piatto, e spesso questo periodo dell'anno, che dovrebbe essere solo di festa, rende il tutto ancora meno sopportabile. E anche per coloro che cercano di uscirne e trovare un equilibrio, questo periodo di bagordi culinari resta una prova.

Nessuno può capire la pena provata da alcuni in rapporto alla loro alimentazione. Senza voler guastare la spensieratezza e la gioia delle feste che stanno arrivando, è il caso che perfino i maggiori festaioli facciano in modo di evitare delle gaffe.

Quindi se esitate a slacciarvi la cintura e fare il bis e godervi questo momento di gioia del palato, renendovi conto che il vostro vicino di tavolo fa fatica a finire il proprio piatto, mettete dell'acqua nel vostro vino e ricordatevi che ognuno mangia secondo il proprio appetito.

*Tutti i nomi sono stati modificati.