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televisione

Domenica la ‘profezia’ di Mentana su Giletti si è avverata

“Non si gioca col il telegiornale, quante volte te l’ho detto?”
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
Grab via La7.

Il 3 agosto 2017 Andrea Salerno, il direttore di La7, pubblica un selfie su Twitter in cui compaiono lui, il presidente dell’emittente Urbano Cairo, l’ad Marco Gigliani, il direttore del TgLa7 Enrico Mentana e Massimo Giletti. La foto, sgranata e tagliata male, sancisce ufficialmente il passaggio del conduttore dell’Arena al settimo canale. Giletti ha firmato un contratto di due anni dopo aver dichiarato di aver lasciato la Rai “con molta amarezza,” a causa della cancellazione del suddetto programma, in onda all’orario della pennichella domenicale.

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Qualche settimana dopo, il 26 settembre, durante la puntata di DiMartedì, viene mandato in onda il promo del suo nuovo programma, ancora senza una data di inizio e un titolo. Nello spot Giletti è intento a dare una breaking news dagli studi del Tg La7, ma viene estemporaneamente bloccato da Enrico Mentana che da dietro la scenografia verde gli spiega che "non si gioca col il telegiornale, quante volte te l’ho detto?"

Giletti il telegiornale non lo toccherà più e condurrà invece il programma, dai tratti di infotaiment, Non è l’Arena—che in realtà ricorda molto le vecchie edizioni del suo format Rai con qualche servizio in più, un tocco di Boncompagni e uno studio diverso. Andrà in onda sempre di domenica, ma in fascia serale, dalle 20.30 in poi.

Ecco. L'altro ieri era domenica. Ma era una domenica, diciamo così, ‘speciale’. Mattarella aveva appena distrutto/evitato un governo “legastellato,” si aprivano nuovi scenari, venivano fatti nuovi nomi. Quindi in sostanza, come capita sempre in questi casi sul settimo canale, c’era in onda una delle tante #maratonementana fatte in queste settimane e in cui finalmente c’era nuovamente qualcosa da dire.

Eppure, invece che stravolgere la programmazione del canale come spesso è capito, Mentana ha dovuto passare—come ha fatto notare lui stesso, a malincuore—il testimone a Giletti. Che, per l’occasione, si è ritrovato nella sostanza a gestire una sua personale maratona durata all’incirca tre delle quattro ore del suo programma.

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All’indomani di questa sorta di cambio, leggendo i dati degli ascolti, è evidente come il programma di Giletti sia andato oltre ogni aspettativa rispetto ai suoi standard (13,5 percento di share) e abbia battuto in certi momenti Che tempo che fa di Fabio Fazio, non senza scontentare qualche affezionato del canale.

In effetti, lo stile di Giletti sembra distante anni luce rispetto ad altri personaggi "serali" come Gruber, Floris, Mentana—che per quanto diversi fra loro, si pongono sempre l’obiettivo di spiegare la realtà dei fatti evitando di parlare direttamente alla “pancia” dei telespettatori.

Giletti, pur avendo iniziato la sua carriera cercando di strappare qualche frase ad Andreotti, ha una formazione ben diversa. Ha condotto per anni soprattutto programmi televisivi da pre/primo pomeriggio come Mezzogiorno in famiglia, Domenica In, L’Arena e affinato, in un certo senso, uno stile a braccio, un po’ piacione e che cerca molto spesso di rintracciare argomenti vicino al pubblico. Lo stesso Floris ha detto di Giletti: “è sempre stato in grado di mischiare l’alta politica con anche i fatti concreti che interessano le persone.”

A tal proposito, in un'articolo del 2015, Vittorio Feltri spiegava che "Giletti intercetta come meglio non si può i malumori e addirittura gli odi più diffusi suscitati dalla cattiva politica e dalle disfunzioni burocratiche. Da questo punto di vista, egli è impeccabile. […] E noi gli diamo atto di essere attrezzato per durare a lungo nel ruolo di 'buttadentro'."

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Tutto questo però utilizzando sempre un linguaggio—come rileva a dicembre 2017 L'Espresso recensendo Non è l'Arena—distante da quel giornalismo d'inchiesta a cui Giletti dice di tendere, perché infarcito di frasi del tipo “Rimandatemi l’immagine, forse non avete visto bene./Io non voglio insistere ma voi per caso vi siete resi conto di quello che stiamo dicendo?”

Intendiamoci: qui non sto mettendo in dubbio il fatto che, come lo stesso Giletti e diversi commentatori hanno fatto notare, il conduttore sia stato probabilmente allontanato dalla Rai per il suo essere "scomodo"; ma sto discutendo sul suo modus operandi—magari inconsapevole—che sembra un mix tra le facce contrite di Barbara D'Urso, il fare assertivo di Del Debbio e lanci che manco a Studio Aperto.

Ed è proprio questo stile che i commentatori di Twitter hanno contestato durante quella che potremmo chiamare #maratonagiletti—a partire dall'apertura del programma in cui si paragona la situazione del paese a un cubo di Rubik "da rimandare al mittente" e ancor prima dalla scelta dei personaggi in studio e in collegamento.

Inoltre, come ha fatto notare il giornalista Giancarlo Loquenzi, "sono due giorni che in tv parlano solo Salvini e Di Maio, da soli senza contraddittorio, senza vere domande, senza alternative, chiamati per nome da conduttori adoranti, con slogan fotocopia." Loquenzi si riferisce alle interviste avvenute ieri dalla D'Urso e ai momenti di domenica in cui Giletti permette a Salvini dei monologhi senza mai porgli domande fondamentali. Non una mossa del tutto apprezzata, soprattuto perché proprio Giletti è da sempre famoso per le interruzioni in studio:

Anche il fine puntata sul caso delle sorelle Napoli, tre allevatrici siciliane che si sono ribellate alle intimidazioni della mafia e che Giletti va a trovare, si perde tra baci, abbracci e complimenti da parte di Irene, Ina e Anna al conduttore.

Ecco: non so se questo modo di fare e agire sia etichettabile, come hanno fatto notare diversi commentatori, come populista, ma sicuramente è distante da tutto l'apparato informativo di La7 capitanato da Mentana e molto più vicino a Rete 4.

In questo senso, l'avvertimento di Mentana a Giletti sul "non si gioca a fare il Tg" suona stranamente profetico.