A quasi sei mesi dall’inizio della rivoluzione, e nel bel mezzo di un’operazione anti terrorismo per riportare Donetsk e Luhans’k sotto il controllo di Kiev, in Ucraina si sono tenute le elezioni presidenziali.
I separatisti della Repubblica Popolare di Donetsk (RPD) contrari alle elezioni hanno preso d’assalto una serie di seggi. In risposta l’esercito ucraino, affiancato da gruppi paramilitari, ha tentato di mettere in sicurezza le città dell’area di Donetsk per un corretto svolgimento delle elezioni. Venerdì scorso, due giorni prima delle elezioni, il Battaglione del Donbas è caduto in un’imboscata tesa dalle forze ribelli nella città di Karlovka. I ribelli si sono lasciati dietro una scia di morti e feriti, macchine crivellate ed edifici in fiamme.
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Domenica mattina a Donetsk non si è votato. La troupe di VICE News è andata così a Krasnoarmejsk, dove le procedure di voto si sono svolte sotto l’occhio vigile della polizia locale e di un’altra forza paramilitare, il Battaglione di Dnipro.
A Donetsk, invece, i sostenitori della RPD hanno manifestato contro l’elezione e altri spauracchi—la NATO, la giunta di Kiev e gli Stati Uniti. Tra un intervento e l’altro il Battaglione di Vostok—una milizia della RPD—è arrivata a bordo di carri armati e camion. La folla li ha accolti come eroi, consegnando loro banconote e fiori e sommergendoli di baci e abbracci impacciati. Tra i combattenti c’erano diversi uomini che sostenevano di essere ceceni musulmani giunti lì per proteggere “il popolo di lingua russa”.
A poche ore dalla chiusura dei seggi ci siamo diretti a Mariupol, nel sud. Grazie a una serie di nuovi posti di blocco lungo la strada, quando siamo arrivati le urne erano state chiuse da tre minuti, ma secondo uno dei commissari elettorali locali le votazioni si erano svolte senza intoppi.
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