Cina e biologico
Tutte le foto per gentile concessione di Piero Ling

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Cibo

La svolta del biologico in Cina ci salverà tutti?

Piero Ling: "Il paese ha una popolazione di un miliardo e mezzo di persone. Immagini l’impatto che potrebbero avere in sfide internazionali come la lotta al cambiamento climatico?"
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

Per noi rimane il primo grande amore dopo la cucina italiana. In un ristorante cinese abbiamo cominciato a familiarizzare con i sapori asiatici e i nuovi ingredienti; qui abbiamo iniziato a giocare con le bacchette - e dopo qualche anno abbiamo anche imparato ad usarle. Sono la terza comunità straniera più presente sul suolo italiano, ma forse non li conosciamo davvero abbastanza. Qui a MUNCHIES, allora, abbiamo pensato di dedicare alla cultura gastronomica cinese una settimana a tema in occasione del Capodanno Cinese.

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Benvenuti alla Chinese Week di MUNCHIES Italia.


Due i problemi principali dell’agricoltura in Cina: il progressivo spopolamento delle campagne e l’inquinamento.

Dal 29 settembre al 1 ottobre 2017 in Cina si è svolto il VII Congresso Internazionale di Slow Food. Il momento più importante di confronto per l’associazione che si batte per il cibo “buono, pulito e giusto” e che ha riassunto nella Dichiarazione di Chengdu i punti più importanti emersi dalla tre giorni di lavori. Ma anche e soprattutto un momento storico per la Cina, che ha ufficialmente presentato al mondo il suo volto verde. «La Cina ha dato un segnale forte ospitando il congresso. La cerimonia inaugurale è stata vista da 100 milioni di persone» ci spiega Piero Kuang Sung Ling, fondatore e coordinatore di Slow Food Great China, nonché proprietario dello Zheng Yang di Torino «Il paese ha una popolazione di un miliardo e mezzo di persone. Immagini l’impatto che potrebbero avere in sfide internazionali come la lotta al cambiamento climatico?».

Piero Kuang Sung Ling

Quando si parla di Cina è inevitabile snocciolare qualche cifra per dare ai nostri cervelli, settati su parametri italiani, la misura del paese di cui stiamo parlando.

I cinesi sono un quinto della popolazione mondiale ma hanno a disposizione solo il 7 per cento dei terreni coltivabili. Nelle campagne, anche se è difficile fare un conteggio preciso, vive e lavora circa la metà della popolazione: circa 600 milioni di contadini.

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I contadini applicano le nuove tecnologie al proprio lavoro, ad esempio utilizzando We Chat per scambiarsi consigli a distanza

Due i problemi principali dell’agricoltura: il progressivo spopolamento delle campagne e l’inquinamento. E qui entra in gioco Slow Food. «Da fine 2014 l’associazione ha sentito l’esigenza di entrare in contatto nel paese» racconta Ling «Dai momenti di confronto tra me, Carlin Petrini ( presidente internazionale di Slow Food, NdR) e Paolo Di Croce ( segretario internazionale di Slow Food, NdR) è emersa l’esigenza di usare un approccio totalmente diverso, cambiando mentalità rispetto agli altri paesi in cui siamo presenti. In Cina le associazioni devono essere riconosciute dal governo, non possono essere create dalle basi». E così sono cominciati gli incontri tra Slow Food e il Ministero dell’Agricoltura cinese, le attività di promozione, i viaggi nelle campagne “più profonde, dove gli stranieri non arrivano mai”. Fino ad arrivare all’organizzazione del Congresso nella città di Chengdu, capitale del Sichuan, che è stata dichiarata patrimonio gastronomico Unesco nel 2010 grazie a una cucina tipica che vanta circa 5mila piatti diversi. Quale luogo migliore per dare il via allo sviluppo verde della Cina, che dovrebbe renderla “il laboratorio d’avanguardia e di ricostruzione rurale” che auspica Petrini?

Carlo Petrini, fondatore di Slow Food

«Vogliamo sostenere i contadini nella promozione della sostenibilità, nella preservazione della biodiversità e nella lotta all’inquinamento. Finora abbiamo raccolto 70 prodotti tipici, che rischiano di scomparire, nell’Arca del Gusto: il processo di classificazione è estremamente impegnativo, pensa che di alcuni non si conosce nemmeno il nome» ci spiega Ling «Per Terra Madre 2018, che si svolgerà a Torino a settembre, contiamo di arrivare a 100».

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Tra i progetti futuri ci sono anche Slow Village: ristrutturare aree rurali e costruirvi hub con biblioteca, sala da tè, caffetteria. Autosufficienza completa, nuovi posti di lavoro. L’obbiettivo è crearne 1000 in 5 anni.

Un impegno sostenuto anche dalla Repubblica Popolare Cinese. «Di solito in relazione all’industria agricola cinese si parla solo di aspetti negativi. Ma chi lo sa che siamo il terzo produttore di bio al mondo?» spiega Ling «I piccoli produttori cercano sempre di migliorarsi e le aziende si stanno sensibilizzando. Il governo manda emissari tecnici nei villaggi. Ho visto un medico di medicina tradizionale cinese spiegare il concetto di bio ai contadini. E i contadini stessi applicano le nuove tecnologie al proprio lavoro, ad esempio utilizzando We Chat per scambiarsi consigli a distanza o per altri scopi, come vedere la crescita del riso in tempo reale».

Certo, la Repubblica Popolare Cinese è ben consapevole degli ostacoli che le si prospettano davanti. Circa un quinto dei terreni cinesi risulta ancora gravemente inquinato, grazie alla devastante combo delle emissioni dell’industria, del traffico delle zone urbane e dell’allevamento (il paese è ancora il principale responsabile dell’emissione di gas serra) che negli ultimi anni ha devastato il paese. Ma la volontà a cambiare, almeno sulla carta, c’è.

Ultima ma inevitabile domanda. La Cina cambia, i cinesi cambiano, i prodotti cinesi cambiano. E per i ristoranti cinesi in Italia c’è speranza? Anche qui, Ling vede rosa (o rosso e giallo, a seconda dei punti di vista). “Anche i ristoranti cambiano. Una volta si diceva genericamente ‘cinese’ e nei piatti non c’era spazio per spezie o verdure. Ora non è più così. Gli italiani viaggiano sempre di più e sono diventati clienti più esigenti. Non bastano il pollo alle mandorle o il riso alla cantonese, si va in un posto per le sue specialità - frattaglie, brodo… Noi ristoratori dobbiamo puntare sulla qualità delle materie prime e sulla consapevolezza che possiamo cambiare l’ambiente”.