Attualità

Alcune persone esperte di clima raccontano il peggio che hanno visto

“Se cammini sotto un albero durante una di queste ondate di caldo ti accorgi in fretta che per terra è pieno di uccelli morti."
Daniele Ferriero
traduzione di Daniele Ferriero
Milan, IT
il
Foto: Khanthachai Chaitrakulpiboon / Alamy Stock Photo.

Negli ultimi decenni, la politica e le alte sfere hanno ripetuto che avrebbero risolto il problema e sistemato ogni cosa riguardasse la crisi climatica, riuscendo in realtà solo a sminuire e sottovalutare la situazione. La cruda verità è che le nostre opzioni per salvare il mondo si stanno riducendo alla velocità della luce, a colpi di alluvioni, siccità e incendi.

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La COP26 è stata una delusione e i report ormai confermano che siamo instradati verso un futuro terribile. Per molti versi, sembra che ormai nulla possa più stupire o sorprendere le nostre menti ricolme di orizzonti disastrosi. E invece c’è ancora spazio per un po’ di terrore extra.

Ad esempio, in Australia, la frutta sta cuocendo direttamente sugli alberi a causa delle altissime temperature, mentre a New York le inondazioni improvvise sono sempre più frequenti e hanno causato diverse morti per annegamento. La crisi climatica produce sempre nuove conseguenze, peraltro sempre più frequenti.

Ma quali sono gli aspetti che sconcertano e spaventano gli specialisti e le persone in prima linea? Abbiamo parlato con cinque scienziati del clima per scoprirlo.

‘Non avrei mai pensato di vedere un incendio in quella che normalmente è una foresta alluvionale’

“Prima del COVID, trascorrevo alcuni mesi all’anno ai tropici. Facevo parte di una squadra che mappava le torbiere tropicali più grandi al mondo, nel centro del bacino del fiume Congo. A febbraio del 2020, per entrare in quelle torbiere palustri ho dovuto attraversare una foresta paludosa. Ma quella che di norma è una foresta alluvionata era invece in fiamme, perché era arrivata ad essere straordinariamente calda e secca. Non avrei mai pensato di camminare in un incendio per riuscire a entrare in un’enorme zona umida e paludosa. Veramente scioccante.” — Simon Lewis, Professore di scienza del cambiamento globale presso la University College London e la University of Leeds

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‘Ci sarà una enorme carenza di cibo’

“Lavoro come scienziato per la tutela e la conservazione da circa 15 anni. Dal 2005 al 2015 ho vissuto in Madagascar, che negli ultimi mesi ha fatto notizia per la carestia nel sud del Paese, definita come la prima carestia mondiale causata dal cambiamento climatico. Mentre nel Nord America e in Europa ci si sta accorgendo solo ora dell’impatto di questi fenomeni, in Madagascar ormai avvengono da anni.

“Nel sud del Paese, c’è un’alta concentrazione di popolazione rurale e agricoltori. Poiché manca un’infrastruttura dedicata all’irrigazione, le coltivazioni dipendono dalle precipitazioni. Per questa ragione, è necessario poter prevedere quando piove, in maniera da seminare nel momento migliore. Un tempo era proprio così, le piogge erano puntuali e arrivavano sempre a novembre. Ma nei dieci anni che ho trascorso in Madagascar la stagione delle piogge è diventata del tutto imprevedibile.

“Di conseguenza, anche l’agricoltura si è trasformata ed è diventata poco affidabile come mezzo di sostentamento per le famiglie, costringendo così molte persone ad abbandonare i campi e a perdere la fonte di reddito e di sussistenza. Il declino della produzione agricola è senza dubbio il problema più grande che la società globale si trova ad affrontare. La maggioranza delle colture mondiali fatica già a crescere e ad adattarsi ad aree che tra qualche anno o decennio non saranno più adatte per loro. Nel futuro prossimo, ci sarà quindi una grave carenza di cibo.

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“Esiste un sempre più celebre e consistente campo delle scienze sociali conosciuto come ‘collassologia,’ che prova a capire e prevedere i rischi di collasso della civiltà mondiale. Il principale fattore scatenante è simile a quanto viene chiamato il ‘cedimento simultaneo dei granai.’ Se buona parte delle principali fonti di grano mondiali verranno meno nello stesso momento, allora lo stato di problemi e malcontento che seguirà potrebbe essere sufficiente per far collassare la società umana così come la conosciamo.” — Charlie Gardner, ricercatore multidisciplinare, attivista e ambientalista

‘Sei a Los Angeles, cammini sotto un albero durante un’ondata di caldo e scopri che per terra è pieno di uccelli morti’

“Non sono strettamente uno scienziato che lavora sul campo, ma in qualche modo lo sono diventato avendo avuto modo di sperimentare varie ondate di caldo. In qualche caso abbiamo superato i 46° C. Gli alberi del mio giardino stanno morendo a causa del calore eccessivo. L’anno scorso c’è stato un grosso incendio a poca distanza da casa mia, ed è andato avanti a bruciare a lungo. Siamo letteralmente rimasti intrappolati in una nuvola di fumo per oltre un mese e ne abbiamo subito le conseguenze a livello di salute.

“Se cammini sotto un albero durante una di queste ondate di caldo a Los Angeles ti accorgi in fretta che per terra è pieno di uccelli morti. Si tratta di un’uleriore presa di coscienza di quanto la situazione sia anormale, nonché il simbolo della profonda emergenza verso cui stiamo andando velocemente a scontrarci. Mi colpisce proprio a livello viscerale, lo sento fin nel corpo.

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“Amo moltissimo il John Muir Trail, una parte della Sierra Nevada che si trova qui in California ed è lunga oltre 300 chilometri. L’ho percorsa a giugno del 2021 e ho trovato un considerevole aumento del numero di alberi morti rispetto alla volta precedente. Avrebbero dovuto esserci ancora sia la neve che diversi corsi d’acqua, ma non abbiamo trovato niente di niente ed è davvero scioccante.

“Anche le morti per annegamento nei piani interrati a New York mi hanno sconvolto. Non immaginavo le piogge potessero arrivare a causare tragedie simili. È una situazione con una connotazione negativa e sinistra. Lo stesso vale per la “cupola di calore”—una situazione di alta pressione che mantiene a lungo fissa l’aria calda sopra una zona e, in sostanza, la cuoce. In particolare mi ha colpito scoprire che la vita acquatica in pratica è cotta a morte nell’acqua bollente, come una specie di zuppa di pesce. In generale, sono tutti eventi che dovrebbe valere come avvisaglie, precursori degli anni a venire.” — Peter Kalmus, data scientist presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA e ricercatore presso il Joint Institute for Regional Earth System Science and Engineering dell’UCLA

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‘Mi ricordo che era mattina, ero seduto con un caffè in mano e ho pensato, “cazzo”.’

“Nella calotta polare della Groenlandia, su uno strato piuttosto alto e decisamente freddo, si trova una stazione, appropriatamente chiamata Summit Station. Quest’anno qui ha cominciato a piovere, invece che a fare la solita e attesa nevicata. È la prima volta, un caso senza precedenti, secondo gli atti ufficiali, ed è stato così sorprendente che non avevamo nemmeno i giusti strumenti per misurare le precipitazioni.

“Il tasso di scioglimento misurato in Groenlandia quest’anno, così come nel 2012 e in particolar modo nel 2019, è del tutto in linea con quanto i modelli passati avevano previsto accadesse. Già le previsioni sono sconcertanti, se poi appunto aggiungiamo il fatto che stanno avverandosi con 50 anni di anticipo…

“Un mio collega ha pubblicato di recente uno studio che dimostra quanto le proiezioni riguardanti l’aumento del livello del mare stiano seguendo le tracce dello scenario più sfavorevole, quello peggiore possibile. Mi ricordo di averlo letto che era mattina, ero seduto con un caffè in mano e ho pensato, ‘cazzo’. Noi scienziati del clima siamo completamente desensibilizzati, è molto raro che qualche paper o pubblicazione ci colpisca in questo modo.” — Ella Gilbert, climatologa presso la University of Reading

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‘Il corallo non è lentamente morto di fame, ma in gran fretta e letteralmente cotto’

“Di recente abbiamo potuto notare tre diversi casi di sbiancamento del corallo in rapida successione. Nel 2016, ci siamo sorpresi a constatare gli enormi quantitativi di corallo morto per questa ragione. In nove mesi è morto il 30 percento del corallo nella Grande barriera corallina, in gran parte nella parte settentrionale, che si estende per circa 700 chilometri.

“Di norma questi coralli vengono compromessi a livello nutrizionale, non hanno più modo di compiere la fotosintesi con le alghe. Se le alghe non ricrescono e ripopolano il corallo, quest’ultimo morirà lentamente di fame. Tuttavia, nel 2016 il corallo non è lentamente morto di fame, bensì è morto molto in fretta, letteralmente cotto. Avevamo a disposizione le informazioni satellitari che ci indicavano le temperature e la durata. Quell’anno abbiamo notato un aumento prolungato delle temperature in mare di 2 o 3 gradi centigradi rispetto al massimo estivo.

“Pensa alle dimensioni della barriera corallina: è lunga 2.300 chilometri. Il parco marino è grosso quanto l’Italia: 70 milioni di campi da calcio. Una mortalità di quasi il 50 percento è dunque un valore fuori scala. Noi siamo abituati ai danni periodici inflitti dai cicloni, nell’ordine di grandezza di 50 o 100 chilometri. I danni del 2016, per intenderci, si estendevano invece per 700 chilometri. È decisamente una sfida che dobbiamo affrontare.” — Terry Hughes, direttore dell’Australian Research Council (ARC) Centre of Excellence for Coral Reef Studies

Tutte le interviste sono state editate per chiarezza e brevità.

@thediyora