Sono cresciuta nella Silicon Valley due decenni prima che diventasse abbastanza figa da essere il titolo di uno show di HBO. I miei genitori erano i soliti hippie che guidavano Volvo adornate di adesivi con su scritto “Salva il Tibet” e “Contesta l’autorità”. La scuola elementare pubblica dove andavo, sulle montagne di Santa Cruz, aveva solo 30 alunni in quinta elementare.
Senza distinzione di reddito o classe sociale, che usufruissero di sussidi sociali o avessero abbastanza soldi da procurare ai propri figli delle Jeep Power Wheels in miniatura—ma guidabili—per Natale, i genitori davano una mano al meglio delle loro possibilità. Mio padre portava la nostra classe a fare escursioni, mentre la mamma di un’altra ragazza era a capo del nostro reparto di Girl Scout. In quinta elementare, ci fermavamo dopo scuola così che il papà della mia amica Sara potesse insegnarci qualcosa sui computer.
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Il papà di Sara era Steve Wozniak, il cofondatore di Apple.
“Per me era meno importante ciò che insegnavo e più importante motivare le persone a rendere le cose il più divertenti possibile,” mi ha detto Wozniak recentemente, al telefono, dopo essermi messa di nuovo in contatto con lui dopo quasi 22 anni. “Avevo quella libertà perché ero io a finanziare le lezioni, e non ero sotto lo scrutinio di un preside. Il mio obiettivo non era quello di formare degli esperti di computer, o prepararli a lavorare per compagnie informatiche. Non c’è bisogno che tutti diventino degli esperti di computer.”

Una foto di classe dell’autrice, dove lei e compagni mostrano i loro laptop Macintosh PowerBook, procurati da Wozniak. L’autrice è sullo scivolo, in alto. Immagine: Cati Myer
Le chiavi per il regno del primo internet
Wozniak insegnava alla mia quinta elementare nel 1995, quasi dieci anni dopo che il cervello dietro ad Apple 1 aveva lasciato la compagnia per dedicarsi ad altre imprese, tra cui CL9, che portò sul mercato commerciale il primo telecomando programmabile.
Ripensando a quelle lezioni, mi ricordo di aver guardato fuori dalla finestra della classe il nostro primo giorno. Stava piovendo e Steve camminava attraverso l’area giochi con un cappello a forma di ombrello rosso, bianco e giallo—già sintomatico del suo amore per le innovazioni bizzarre. Era entrato, si era tolto il cappello e ci aveva detto di riunirci tutti. Poi aveva tirato fuori dalla tasca un floppy e aveva iniziato a smontarlo per farci vedere a cosa servisse ogni singolo pezzo. Nel retro dell’aula c’erano 30 Macintosh PowerBook (1400c) nuovi di zecca, in prestito a noi. Ci disse anche che coloro che avessero padroneggiato i concetti avrebbero potuto tenere i loro, alla fine dell’anno.
“Per me era meno importante ciò che insegnavo e più importante motivare le persone a rendere le cose il più divertenti possibile.”
Abbiamo passato i mesi successivi ad imparare come usare internet, creare un network, e costruire semplici siti. Mi ricordo di essermi sentita come se avessi le chiavi per qualche magico regno.
Steve metteva un sincero impegno nelle lezioni, ma faceva sempre in modo che le cose rimanessero interessanti. Ogni tanto ci portava degli Happy Meal di McDonald, che erano incredibilmente eccitanti e ribelli per dei bambini regolarmente costretti a mangiare granola da genitori coscienziosi. Inoltre adorava condividere aggeggi curiosi con noi: un giorno ha regalato a tutti noi delle penne laser, e subito dopo deve aver realizzato di aver commesso un terribile errore, visto che abbiamo passato il resto della lezione a cercare di accecarci a vicenda di nascosto.
Il giorno in cui ho scoperto che la rete non era fatta dai ragni
Non ero esattamente l’alunna di informatica ideale. Quando Steve ci disse che ci avrebbe insegnato come entrare nel “world wide web”, mi immaginai un qualche tunnel sotterraneo segreto dove avrei potuto arrampicarmi su gigantesche tele di ragno che connettevano ogni città del mondo. Avevo sentito di gente che cercava di scavare gallerie per la Cina—chi aveva idea che stessero sbagliando tutto?
Inizialmente ero delusa, quando ho scoperto che il web era invisibile e dentro il mio computer, ma la mia delusione è stata subito rimpiazzata dalla gioia quando Steve ci ha fatto conoscere America Online. Ci ha aiutato a impostare delle username, e noi ci connettevamo e aspettavamo che la voce di Dio ci dicesse che avevamo posta. Decisi presto che tutto ciò era molto meglio di una gigantesca ragnatela sotterranea.

Steve Wozniak guida un trenino di studenti di seconda e terza media con in braccio i laptop Macintosh PowerBook che ha acquistato per loro, in un immagine del 1993. Immagine: Getty
“In realtà ho speso parecchio [denaro] per portare internet nelle scuole e dare anche solo una connessione dial-up a tutti gli studenti,” ha detto Steve durante la nostra recente conversazione, riflettendo sui primi giorni di internet e come si sperava che cambiasse il modo di imparare dei bambini. “Ma i network erano importanti e AOL era presente prima di internet. Abituati alla velocità del dial-up, potevamo a malapena immaginare cose realmente in diretta, istantanee. Ma prima di internet, AOL offriva delle chat, ovvero dei precursori del social web. Si poteva entrare nelle stanze e nelle categorie a propria scelta. Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, pensavo semplicemente che i computer sarebbero diventati sempre più comuni nelle scuole. Tutte si stavano procurando laboratori.”
Prendere lezioni in privacy virtuale (con un piccolo aiuto di Jonathan Taylor Thomas)
Una volta realizzato che tecnicamente saremmo potuti entrare in contatto con chiunque o qualunque cosa, ho immediatamente cercato di sapere se la celebrità di cui il mio giovane cuore si era invaghito, nonché star di Home Improvement, Jonathan Taylor Thomas, avesse voglia di uscire con me. Sicuramente, anche lui aveva l’internet. Perciò naturalmente gli ho scritto una mail a JTT@aol.com dicendogli quanto lo amassi nella serie e che sapevo che probabilmente sarebbe stato molto impegnato, ma se avesse avuto voglia di venire a trovarmi, gli avrei fatto vedere la mia collezione di Pog. Gli ho dato il mio indirizzo e il mio numero di telefono, giusto per sicurezza.
Due settimane dopo i miei genitori hanno ricevuto una lettera molto cortese, battuta al computer da un dentista di Des Moines, che suggeriva loro di monitorare più attentamente le attività online della figlia, visto che stava dando le sue informazioni personali a dei completi estranei. Ed ecco come ho avuto la prima lezione di privacy virtuale a 10 anni.
L’eredità di Woz come insegnante di informatica
Dei 30 ragazzi nella nostra classe, almeno otto di noi hanno poi intrapreso una carriera nella tecnologia. Uno dei miei vecchi compagni, Dan Leis, mi ha detto che è stato Steve, con il suo insegnarci il codice binario e reti come l’ormai defunto Token ring, a spingerlo a entrare nel mondo tech. Non ho alcun ricordo di quella parte del programma e posso solo supporre che sia stato insegnato quando sono sgattaiolata fuori per giocare a “Obbligo o verità” nella serra dietro la nostra aula. Un’altra compagna, Bianca Yacoub, che adesso lavora per Apple in California, ha menzionato i suoi metodi di insegnamento nella nostra classe nel suo colloquio. Yacoub aveva problemi di vista a causa dell’albinismo, e aveva difficoltà a vedere il font sui nostri laptop, così Steve è andato a casa sua ad installare un enorme schermo per permetterle di vedere meglio le lezioni.

Steve Wozniak istruisce bambini durante una lezione di informatica del dopo-scuola negli anni ’90. Immagine: Getty
Il mio ricordo più vivido di quelle lezioni è una conversazione che ho avuto con Steve. Non era un segreto che io non fossi l’allieva migliore della classe. Trovavo i computer divertenti, ma gli aspetti tecnici li ho presto dimenticati. Una volta Steve mi aveva beccato con la testa da un’altra parte, ed ero stata immediatamente sommersa dal senso di colpa. Dopo lezione era venuto da me e mi aveva chiesto come stesse andando il corso. Ho risposto subito: “Bene!”, ma ho subito proseguito con il confessare che non amavo imparare l’informatica nello stesso modo di alcuni miei compagni. Lui mi aveva solo sorriso, e mi aveva chiesto che cosa mi piacesse.
Avevo ammesso che, in generale, la scuola non era facile per me, ma che amavo l’arte e nella sua classe mi piacevano i software che permettessero di costruire cose, come Sims City. Mi disse che anche queste cose erano importanti, e che quando era più giovane anche lui non amava particolarmente la scuola. Era stato gentile e non mi aveva giudicato: mi aveva permesso di essere me stessa in merito alla questione.
Per saperne di più: 2001: An Apple Odyssey
Nella nostra recente conversazione, quando ho condiviso questo ricordo con Steve, lui ha ridacchiato e ha aggiunto: “Perché non lasciare che i giovani studenti vadano nella direzione che preferiscono loro? Lasciamoli andare e fare ciò che vogliono e non forziamoli ad andare alla stessa velocità di qualcun altro. Buona parte della scuola potrebbe essere asilo nido, in ogni caso. Se le persone hanno qualcosa nel loro cuore, non li si dovrebbe rallentare…mi piaceva essere un super geek, ma sicuramente non ho mai cercato di imporre i miei valori agli altri.”
Alla fine dell’anno, a tutti era stata data una copia cartacea della biografia di Steve, Steve Wozniak, Inventor of the Apple Computer, di Martha E. Kendall. I bambini premiati con un computer avevano un adesivo di una stellina luccicante sull’ultima pagina. Avevo aperto la mia copia, ero andata all’ultima pagina e al posto di una stellina avevo trovato una nota che diceva: “Vai a costruire grandi cose. I miei migliori auguri, Steve.”
Guardando indietro adesso, penso che l’essere una specie di Dio della tecnologia di “The Woz” fosse un po’ troppo per noi, come molte altre cose quando avevamo dieci anni. Credo che pensassimo tutti a lui solo come il fico e super intelligente papà di Sara che faceva computer. Pensavamo anche che fosse fico che il papà di un’altra nostra compagna fosse un vigile del fuoco, e che il coniglio di classe mangiasse più o meno tutto ciò che gli veniva offerto. Eravamo bambini. In ogni caso, lui ci aveva dato allora la libertà di essere ciò che eravamo, di scoprire le nostre vere passioni e di opporci alle norme imposte, sia che fossero i limiti di un programma scolastico, sia che si trattasse di genitori che ci impedivano di mangiare cibo spazzatura.
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