Matthew Leifheit: Penso di averla scoperta in un articolo di David Sedaris su NPR, dove raccontava di aver incontrato un tizio che chiedeva, “Sei mai stato a Fire Island?”, al posto di “Sei gay?” Ci sono poi stato fisicamente nel 2015 per un articolo di VICE. È un luogo molto bello dal punto di vista naturalistico ma è anche piuttosto sordido. È gay sino all’eccesso e se ne vanno tutti in giro col sospensorio, tanto che in quei primi momenti mi veniva da pensare, “Non sono quel tipo di gay.”
Due uomini nudi in una camera da letto kitsch. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive.'
Durante la scuola di specializzazione ho cominciato a osservare le fotografie del collettivo PaJaMa. Negli anni Quaranta trascorrevano molto tempo a Saltaire, la parte “non gay” dell’isola, realizzando fotografie surreali del bizzarro paesaggio, incluso il bosco di agrifogli composto da queste piantine contorte e grandi come bonsai. Ci sono tornato nel 2017 e da allora ho cominciato a fotografare l’isola e a lavorarci seriamente, tanto che da quel momento ho realizzato la maggior parte delle mie fotografie soprattutto qui.Col tempo come è cambiato il progetto?
All’inizio credo che cercassi di incanalare la mia percezione di Fire Island, era una sorta di fantasia culturale dedicata a questo luogo. Avevo scattato molte foto a una famosa festa in biancheria intima presso l’Ice Palace Bar, dove hai uno sconto sul biglietto d’ingresso se il tuo intimo non ha tessuto sul sedere. Col tempo ho sviluppato un mio modo personale di rapportarmi all’isola, e il lavoro ha cominciato a riguardare la mia esperienza con le persone che ho conosciuto nonché, alla fine, persino col paesaggio.
La spiaggia, di notte. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive.'
Ero davvero ossessionato dall’idea di realizzare queste composizioni complesse, coreografate e con molte persone. Volevo avere la possibilità di dirigerle. Non l’avevo mai fatto prima, ma Fire Island è quel tipo di luogo in cui le persone sono sempre disponibili a prender parte a una qualche performance… Non avevo alcuna intenzione di scattare foto troppo dirette. Non è ciò che sono come persona ed artista, e sarebbe stato un atteggiamento invadente. L’unico modo per mostrare davvero questo posto era quello di mettere letteralmente in scena quelle immagini. Avevo bisogno che quelle persone facessero parte del processo, che si portassero dietro l’idea della performance.
Uomini nudi in posa su un tetto. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive.'
Parte del discorso sull’isola riguarda il fatto che viene minacciata dall’erosione, a causa del riscaldamento globale. La spiaggia cambia forma ogni anno, il che è una cosa affascinante se legata all’idea dell’identità queer, ma permette anche di intravedere o prefigurarne la rovina. È un ecosistema piuttosto fragile.Un amico che lavora come ranger del parco mi ha raccontato che l’ambiente e il panorama erano al loro meglio durante gli anni Settanta e che ora invece è in declino. Credo sia interessante che secondo alcune persone anche gli uomini gay—una categoria a cui appartengo—abbiano raggiunto l’apice in quegli anni.La nostra cultura stava cominciando a prosperare proprio in quel periodo, dopo aver conquistato diverse libertà legali e sessuali, e subito prima che la crisi dell’AIDS la colpisse. Credo sia molto interessante che Fire Island—che è stata uno dei luoghi simbolo di quella fioritura culturale—abbia un ecosistema che riflette l’evoluzione della mia gente.
Un uomo coperto di pesce. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive'.
Tutte le fotografie realizzate negli ultimi anni riguardano la cultura gay, e nello specifico ciò che io chiamo “cultura fr****.” La maggior parte delle persone presenti in questi spazi sono uomini, si tratta in tutto e per tutto di uno spazio di socialità per uomini gay. Molte foto sono state tra l’altro scattate presso il Belvedere Hotel, una struttura che accetta solo uomini.
Due uomini nudi si abbracciano sulla spiaggia. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive.'
Penso sia un tratto in comune con il resto del mio lavoro: un’intensità emotiva quasi insopportabile e uno sguardo un po’ troppo ardente. È in questo senso che la mia opera ha dei tratti camp: è così elaborato da risultare quasi farsesco e stravagante. Un mio amico mi ha definito “un artista di incubi gay,” e penso proprio che abbia ragione.È piuttosto inusuale una visione così esplicita della sessualità di questo posto.
Molto di quel che sappiamo di Fire Island deriva dalle foto di Tom Bianchi, che in fondo erano foto della cultura anni Settanta dei “cloni.” I gay del tempo adottavano una sorta di uniforme, basata su un look da classe operaia che permetteva loro di sentirsi parte di quello stesso mondo che in realtà li rifiutava.
Un uomo gay con la barba posa vicino a dei fiori. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive.'
È soprattutto uno sguardo su qualcosa che mi pare molto complicato, a causa della mia esperienza con la sessualità. Riguarda le differenti priorità generazionali, ma anche il fatto d’invecchiare in quanto persona queer. In fondo, è uno spazio intergenerazionale. Questo lavoro non è né una celebrazione né una critica, spero che esprima i miei sentimenti contrastanti a riguardo.Credo che il posto ideale per il libro possa essere nel Midwest, dove qualche adolescente può riuscire a trovarlo, qualche persona che non sa nemmeno che questo tipo di mondo esiste, e che dunque possa avere questa strana e complicata esperienza relativa alla sessualità. Se qualcuno dovesse masturbarsi su questo libro, per poi non sapere come valutare l’esperienza, be’, lo considererei un successo.
Gruppo di uomini gay nudi su una scala. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive.'
Primo piano di un uomo. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive'.
Un uomo nudo tiene in mano e addosso dei pesci. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive'.
Uomo semi-nudo sulla spiaggia a gambe divaricate. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive.'
Silhouette di un uomo. Foto di Matthew Leifheit da 'To Die Alive'.