Gli studenti stranieri in Gran Bretagna potrebbero presto cominciare a provare sulla propria pelle le conseguenze della Brexit.
In settimana, il ministro degli Interni Amber Rudd ha riferito al Times che – nell’ottica dell’attuazione dei piani conseguenti al voto del referendum – i lavoratori non inglesi dovrebbero essere in qualche modo ‘schedati’ dalle aziende per le quali lavorano.
Videos by VICE
“Firms must list foreign workers,” aveva spiegato al quotidiano londinese. In un discorso tenuto alla conferenza del partito Conservatore, lo stesso ministro Rudd ha poi annunciato nuove misure in tema di immigrazione, tra cui la proposta di deportare i cittadini dell’Unione Europea per reati minori, e di estendere i controlli sugli affittuari che affittano case a immigrati irregolari
Un approccio che rischia di avere ripercussioni anche in altri settori della vita pubblica britannica, e in quella quotidiana di centinaia di migliaia di persone: il programma per arrivare alla riduzione del numero di immigrati che vivono in UK, infatti, potrebbe avere anche conseguenze concrete fra gli studenti universitari, complicando la vita di una parte di popolazione tanto diversificata quanto fondamentale dal punto di vista socio-economico.
L’idea è quella di tagliare drasticamente il numero di visti per gli studenti internazionali – che ritiene essere troppi – e istituire un fondo di 140 milioni di sterline per controllarne l’afflusso — magari basando i regolamenti sul tipo di corsi e sulla qualità degli atenei.
L’obiettivo finale è portare sotto quota 100mila il numero d’ingressi annui in UK: il flusso migratorio, secondo il ministro, sarebbe da considerare sostenibile solo nell’ordine “delle decine, non delle centinaia di migliaia di persone.”
“Ho la sensazione che il Regno Unito si stia progressivamente guadagnando la reputazione di paese esclusivista,” racconta Kunal Purohit, studente di origini indiane della SOAS a Londra. “Non è giusto che gli studenti – che pagano già abbastanza – si sentano dire che i loro corsi non sono abbastanza selettivi.”
La proposta è stata accolta con sgomento da molti atenei. Susan Roth, amministratrice della SOAS University a Londra, dice che i piani di Rudd suscitano preoccupazione nelle università di tutto il paese.
“Il Regno Unito ha sempre vantato la popolazione studentesca più diversificata,” ha spiegato, aggiungendo che il piano potrebbe scoraggiare gli studenti internazionali.
“Abbiamo già visto quel che è successo con l’eliminazione dei permessi di soggiorno per il lavoro: c’era la sensazione che sarebbe stato difficile ottenere il permesso di soggiorno, e il numero degli studenti è crollato.”
Sally Hunt della University and College Union ha riferito al Guardian che la proposta di Rudd “è come alzare un ponte levatoio,” aggiungendo che ritiene necessario sviluppare un approccio del tutto diverso sul tema, in modo che gli studenti internazionali non si sentano esclusi.
Gli studenti internazionali contribuiscono all’economia britannica con un indotto di 7 miliardi di sterline, circa 8 miliardi di euro. Cifre che tuttavia potrebbero essere già cambiate – al ribasso – dalla scorsa primavera, specie se si pensa al fatto che il numero complessivo delle domande da parte di studenti non-UE è sceso del 6 per cento circa — un crollo che ha accresciuto il timore che il voto per il leave abbia spinto alcuni studenti a cercarsi un’università altrove, e che le cose continueranno a peggiorare.
Leggi anche: Cosa pensano della Brexit gli italiani che vivono in UK
Ad oggi, fino all’entrata in vigore di nuove norme derivanti dal voto referendario, gli studenti italiani in UK pagano le stesse tasse di iscrizione degli studenti inglesi, hanno diritto a ottenere prestiti – per un importo massimo di 9mila sterline all’anno – e ha accesso all’assistenza sanitaria gratuita.
Secondo quanto riportato al Sole24Ore dall’avvocato Martin Pugsley, dello studio legale Delfino Willkie Farr & Gallagher, lo scenario più plausibile – prima dell’entrata in vigore di misure più restrittive, come già paventato dal ministro degli Interni – gli studenti italiani sarebbero costretti a pagare le tasse universitarie per gli studenti internazionali, “che nel caso di Medicina possono arrivare fino a 36.600 sterline all’anno”. Inoltre, perderebbero il diritto ai prestiti studenteschi e l’assistenza sanitaria gratuita.
Stando all’ultimo rapporto Migrantes, il Regno Unito è ancora tra le destinazioni preferite dagli studenti italiani. Lo scorso anno il tasso netto di immigrazione nel Regno Unito si è attestato a 333mila unità.
Segui VICE News Italia su Twitter, su Telegram e su Facebook
Foto di Tejvan Pettinger via Flickr, rilasciata su licenza Creative Commons.
Ha collaborato Isabella Mackie