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Chi è 6IX9INE, il rapper più odiato di Instagram

Il successo, nel 2018, è qualcosa di fulmineo e disordinato. Quello che ha toccato 6IX9INE o Teka$hi 6IX9INE, che si chiama Daniel Hernandez e viene da Brooklyn, è cominciato con un meme.

Partendo dal presupposto che è assurdo definire un genere solo per la piattaforma su cui sono stati caricati i primi grandi successi mainstream dei suoi nomi più in vista, il SoundCloud rap è diventato velocemente codificato. Basta gridare un pochetto e usare suoni distorti, dire cose il più grevi possibile, avere in testa dei capelli strambi e, soprattutto, il più grande segno di dedizione alla causa della fama dell’era contemporanea: il tatuaggio in faccia. 6IX9INE ne ha tanti, e su tutto il corpo, e tra l’altro raffiguranti il numero che ha scelto come nome d’arte: il 69, inno al cunnilingus-cum-fellatio, uno dei grandi classici dell’adolescenza maschia e infoiata assieme al cazzo disegnato sul libro di scuola dell’amico o dell’amica di turno.

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L’idea che 6IX9INE ha avuto per costruirsi una carriera è stata quindi quella di esagerare consciamente qualsiasi aspetto scioccante legato alla sua scena di riferimento. Ha cominciato ad affermare l’esistenza di una ScumGang, letteralmente “gang della feccia”, e a produrre contenuti testuali e visivi dal valore esclusivamente provocatorio e irritante. Uno dei suoi primi singoli, “ScumLife”, alternava in maniera completamente casuale uno scenario alla The Purge, classiche scene di macchine di lusso e culi di donne, clip di anime (perché è fondamentale avere una sensibilità #aesthetic) e immagini di disagio e povertà (bambini africani denutriti, scene di guerra) in contrapposizione a momenti di privilegio (un discorso del Papa, la vittoria di un premio da parte di Taylor Swift). Il testo era una morta serie di luoghi comuni del rap di strada, appoggiato su un catafalco visivo che cercava inutilmente di dargli un senso più grande di “Sono un criminale, puttana!”

Poi, però, è arrivata “GUMMO”.

“GUMMO” fa schifo tanto quanto “ScumLife”: è una serie di noiosi e ributtanti luoghi comuni del rap machista, resi consciamente il più fastidiosi possibile. Un esempio?

“Lei vuole scopare ma si tiene su i vestiti, voglio solo il mento / Zio, è tutto quello per cui la uso, poi la calcio fuori dalla porta / Non la voglio, puoi tenertela, ‘sta troia, ne vuole ancora”.

È la stessa formula lirica che ha definito il successo di “Look At Me!” di XXXTentaction (che, vi ricordo, cantava felicemente di “non riuscire a tenere il cazzo nei pantaloni”). Come X nei suoi momenti più casinari, anche 6IX9INE cerca di nascondere la sua vuotezza lirica gridando come un forsennato, sebbene non scelga di aiutarsi con un beat particolarmente brutale o distorto. Il più grande cambiamento è però nel suo aspetto, che si fa tatuato, colorato ed esagerato.

“La mia personalità da SCUMBAG è pensata solo per scioccare”, ha dichiarato 6IX9INE in una video-intervista fondamentale per capire i motivi della sua fama. “Ho cominciato facendo merchandising con sopra scritte le parole ‘HIV’ e ‘pussy’. Sono diventate famose e virali. Bam”. Ma a 6IX9INE, a quanto sembra, è parsa una buona idea fare qualcosa di offensivo anche nella vita reale.

Come riportato da approfondite inchieste di Genius e Jezebel, corroborate da documenti legali, nel 2015 6IX9INE è comparso, da diciottenne, in tre video espliciti assieme a una ragazzina tredicenne. In uno la teneva in braccio mentre un’altra persona le toccava i seni, in un altro la vagina, e in un terzo fingeva di fare sesso con lei schiaffeggiandole il sedere mentre lei faceva sesso orale su un’altra persona. 6IX9INE ha ammesso alla polizia di aver caricato personalmente i video su internet “per la sua immagine”, in un gesto di gloriosa idiozia. Al momento, 6IX9INE ha patteggiato una serie di condizioni che gli permettono di restare in libertà. Non dovesse rispettarle, potrebbe essere condannato da uno a tre anni di prigione.

Tutto questo, come dimostra il caso di XXXTentacion (in attesa di processo per aver pestato e minacciato la sua ex ragazza, e per questo ugualmente adorato da orde di fan e criticato da orde di persone con un minimo di senso della decenza) non può che far bene, sul breve termine, alla carriera di 6IX9INE. X ha sfruttato il rumore attorno alla sua vita privata pubblicando un album pieno di pregi quanto di difetti, e ora ha firmato un contratto dal valore di circa sei milioni di dollari. 6IX9INE non ha ancora convinto una major a dargli un sacco di soldi, sebbene abbia mentito dichiarando di averlo fatto, ma la possibilità che questo succeda, nonostante di mezzo ci sia una ragazzina minorenne, non è del tutto inconcepibile.

Come se non bastasse, alla controversia legale attorno a “GUMMO” se ne è aggiunta una artistica: il produttore del beat, P’ierre Bourne (quello di “Magnolia” di Playboi Carti), lo aveva venduto a Trippie Redd, che lo aveva regalato a sua insaputa a 6IX9INE. A brano pubblicato, Bourne si è pubblicamente distanziato dall’operazione sostenendo che non avrebbe più lavorato né con Redd né con 6IX9INE, principalmente in nome delle accuse legali a lui intentate. Contestualmente, Bourne ha chiesto a 6IX9INE di rimuovere il suo tag personale dal beat. Con il passare del tempo, anche Redd ha cominciato a prendere le distanze da 6IX9INE. Tutta benzina sul fuoco della conversazione online, come dimostra Google Trends: il video, postato l’8 ottobre 2017, marca infatti un’impennata nella frequenza di ricerca del termine “6IX9INE” a partire da quella data.

Da allora, 6IX9INE ha pubblicato altre cose: quella più di successo si intitola “Kooda” ed è ancora la stessa identica roba. Un beat pesante, parole vuote come una sega frustrata tra minacce di morte e dichiarazioni di generica prestanza sessuale. Al momento, ha circa 40 milioni di visualizzazioni in meno di “GUMMO”: di questo ritmo, gli basteranno due o tre video ufficiali per finire nel limbo della mediocrità. Certo, a meno che non riesca a fare cose ancora più controverse, o non rischi di fare qualcosa anche solo un minimo di testualmente o musicalmente diverso dalle idiozie trite e ritrite che propina.

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