Música

Che cazzo succede ai video musicali?

Dev’essere successo qualcosa di catastrofico ai video di musica dance, ultimamente. Una crisi di mezza età che potrebbe essere dovuta a due fattori. Primo: sono finiti gli anni Novanta. Secondo: sono passati i primi dieci anni del Duemila, quando MTV deteneva il monopolio di tutto ciò che aveva a che fare con la musica. D’un tratto ci siamo ritrovati catapultati in un’epoca nuova, fatta di Vevo e di YouTube, un’epoca dominata dalla più feroce competitività. Un’epoca dove la corsa alla hit è spesso a scapito della qualità dei contenuti. Insomma, un cambio di paradigma che sembra avere avuto un impatto decisivo sulla musica dance commerciale.

Quei giorni felici, quei pomeriggi d’estate passati a fare zapping tra un pezzo su MTV e uno su ALL MUSIC (dopo i tempi magici di TMC) sono andati per sempre. Non c’è voluto molto perché YouTube prendesse il sopravvento e diventasse la piattaforma preferita da chi fa musica. Leggero, versatile, ma soprattutto molto più accessibile rispetto ai network televisivi tradizionali. YouTube ha messo fine a tutte le trafile per entrare in rotazione su qualche cazzo di TV, alle decine di mail per implorare i direttori della programmazione. E soprattutto a tutte le liberatorie, limitazioni e frustrazioni connesse a quel vecchio mondo.

Videos by VICE

Con la diffusione di YouTube i canali televisivi hanno iniziato a essere superflui, se non addirittura ridondanti. L’attenzione degli spettatori ha toccato i minimi storici. I contenuti hanno iniziato a differenziarsi sempre meno, la lotta all’ultima visualizzazione si è fatta sempre più spietata e la qualità ha ceduto sempre più terreno alle strategie commerciali.



“Per me il paragone azzeccato è quello con la mela di Adamo ed Eva: non è che ne puoi mangiare un pezzettino e basta, continuerai a rubare mele dall’albero della conoscenza perché la fame di curiosità è una fame infinita,” ci ha detto Sofia Mattioli, l’aiuto regista del bellissimo video di “Sleep Sound” di Jamie xx. Tutti hanno voglia di sfondare e hanno voglia di farlo in fretta, non è una novità. La fame di celebrità è uno dei temi che da sempre alimentano il dibattito sull’utilità di internet per la musica e in particolare per la musica elettronica e dance.

Oggi è molto raro riuscire a vedere in TV un amplesso tra due scheletri, come succedeva nel video di “Hey Boy Hey Girl” dei Chemical Brothers diretto da dom&nic o quella danza spaziale con Christopher Walken creata da Spike Jonze per il video di “The Weapon Of Choice” di Fatboy Slim. E il bello è che non è detto che questi due video abbiano dato una vera e propria svolta alle vendite di Fatboy Slim o dei Chemical. Non è detto nemmeno che questi due video abbiano davvero aumentato il loro pubblico o li abbiano resi artisti mainstream. Eppure, nonostante tutto, quei video erano fissi in rotazione su MTV, il baluardo del mainstream.


Avete mai notato che la musica dance non ha mai trovato un look che facesse al caso suo? Per esempio, l’Hip Hop o l’R&B hanno ormai una tradizione solidissima in fatto di video art e la loro recente incursione nelle produzioni più pop non ha particolarmente compromesso l’immagine che il mondo ha di loro. Certo, se poi ti chiami Drake o Kanye tutto diventa più facile e la gente smetterà di guardare i tuoi video con particolare attenzione alle finezze. Sarà sufficiente metterci tante fighe, tanto petting su una motocicletta, tanta azione, tante macchine, o tanto di tutto. La stessa cosa vale anche per i Chemical o per Fatboy Slim, oggi che sono diventati dei grandissimi nomi, ma la situazione cambia radicalmente se guardiamo ai piccoli producer o alle label meno conosciute. Per loro, fare un video che funzioni è indispensabile per aumentare le visualizzazioni, per incentivare le persone a condividere, per entrare nell’olimpo della “gente famosa su internet”.

La proliferazione di contenuti video online, pensati per spingere le hit, è diventata ormai una costante. Una costante di cui non solo non si potrà più fare a meno, ma che è diventata sempre più decisiva da quando anche YouTube gioca un ruolo cruciale nell’influenzare le classifiche di vendita. Tutto ciò pesa enormemente sulle spalle dei produttori e dei registi di video, che si vedono costretti a produrre materiali sempre nuovi, ma che restino pur sempre calibrati sui gusti del mercato. Non si direbbe, ma i risultati sono molto spesso più stupefacenti del previsto.

Provate a guardare quel che succede per esempio nel video di “Geko”, un pezzo del producer olandese Oliver Helden. L’autore si fa chiamare Kidshow, ma il nome cela in realtà due registi importanti: Andrei Schwartz e Sam Jones. Il video inizia riprendendo tutti gli stilemi della classica commedia leggera e familiare, ma si trasforma presto in un bordello allucinante con incesti, porno tentacolare e un cazzo di gattino dorato (presente quelli cinesi che muovono la zampa?) che compare di tanto in tanto e che ti fissa minaccioso. È roba bella sul serio, dateci un’occhiata.


“È andata così. Ci hanno contattato i produttori della Warner perché volevano che il video di quel pezzo avesse qualcosa di mai visto. Insomma, volevano vedere qualcosa che non ti aspetteresti di vedere in un video.” ci ha spiegato Andrei. “Devo dire che mi stupì scoprire che una richiesta del genere veniva proprio dalla Warner. E non ti nego che la cosa mi impauriva anche un po’.” Ecco, vedere che una richiesta del genere sia stata formulata proprio da una major, secondo me spiega efficacemente la natura del nostro tempo. “Capisci, la Warner ci aveva dato dei margini per poter fare ricerca con la video art, per provare a fare qualcosa di nuovo.” ci ha raccontato Sam, l’aiuto regista. “Per ispirarci abbiamo guardato un sacco di video di Aphex Twin e di Fatboy Slim. Quelle cose ci hanno influenzato molto, anche se forse, vedendo il risultato finale, non si direbbe proprio.”

Che il video di “Geko” sia qualcosa di diverso, be’, non ci sono molti dubbi. “Geko” è solo l’ultimo di una serie di video di brani dance che si misurano con concetti (visivi e no) completamente anomali per quell’orizzonte. È il caso, per esempio di quella specie di mangianastri impiantato nel corpo del protagonista di “Need U” di Duke Dumont; oppure delle teste che si sostituiscono ai piselli dei personaggi del video di “Big Bad Wolf” (Duck Sauce). Una delle ragioni che hanno portato a questo cambio di registro può essere individuata nella crescente disponibilità di macchine da presa ad alta risoluzione ma a bassissimo costo. Ora che tutti sono in grado di fare video carini, la vita si complica un po’ per i registi professionisti.

“Questo progetto per la Warner ci ha spinto a lavorare tantissimo e a produrre idee completamente fuori di testa.” ci ha detto poi Sam. “Sapevamo perfettamente cosa stavamo facendo. Volevamo che ne uscisse qualcosa di nuovo, di mai visto. Non potevamo permetterci che il risultato assomigliasse ad altre cose.” Andrei è convinto che l’altissima competizione che impone oggi il mercato li abbia spinti a produrre del materiale più preciso e più conciso. “Questo clima ci portava a riflettere in continuazione sulla qualità del nostro girato. Se ogni passaggio fosse davvero indispensabile, o se avessimo potuto girarlo altrimenti.”

Questa nuova forma di intrattenimento multimediale oggi rappresenta, nel bene o nel male, l’orizzonte privilegiato della dance mainstream. Questo però non vuol dire che la vera ricerca o l’innovazione si facciano solamente lì. Un ottimo esempio è quello di cui parlavamo prima: Sofia, che con Cherise Payne ha fatto ballare un gruppo di persone sorde sulle note di “Sleep Sound”. “Per quel che mi riguarda è importantissimo che ci sia una concettualità solida dietro l’immagine,” dice Sofia. “Se così non fosse, le cose sarebbero di certo molto più semplici. Non è detto però che sarebbero più divertenti. Perché? Perché basterebbero poche immagini per accompagnare le sensazioni che un certo brano è in grado di trasmetterti.”


Sam, invece, ha un’altra visione della cosa: “A me interessano le cose meno strane e, perché no, un po’ meno spinte. Solo mi chiedo se un video musicale rappresenti il mezzo più efficace per questo tipo di video art. Mi capita spesso di vedere costruzioni più contemplative e in certi casi la concettualità riesce a rappresentare un pezzo molto bene. La maggior parte di questi video però sono di una noia mortale. Ecco, io credo che fare quel tipo di cose non basti. Agli spettatori, oggi, servono esperienze più forti.”

Ora, non ci sono dubbi sul fatto che esistano divergenze d’opinione tra chi segue prodotti mainstream e chi si occupa invece di musica indipendente. Detto questo c’è anche chi ha rinunciato da un po’ di tempo all’innovazione per dedicarsi a produzioni perfettamente in linea con i gusti e le idiosincrasie del mercato. Prendete il video di “Nobody To Love” di Sigma e avrete davanti agli occhi un caso esemplare del filone spiaggia-sole-mare-sole-tramonto-fighe. Insomma, la versione 2014 di “Boys of Summer” di DJ Sammy. Bene, se c’è una cosa evidente è la facilità con cui si può riassumere l’immaginario di Sigma. Bastano poche parole: “figa e impronte sulla sabbia”. Ben diverso invece è il caso di “Geko”, dove la complessità di pensiero, dell’immagine e del suono è un vero e proprio elemento differenziante. “L’universo che abbiamo cercato di evocare in questo video chiama in gioco concetti decisamente complessi. È come se fossimo su una piastrina da microscopio, siamo sotto esame, l’unica cosa che conta in questo caso è portare al limite estremo il concetto di partenza.”

Alla domanda legittima “che ne sarà della musica dance tra cinque anni”, credo che nessuno sia in grado di rispondere. Con la rivoluzione di YouTube che ha toccato da vicino anche le produzioni più commerciali, i gusti, gli obiettivi e (quindi) i risultati sono stati ampiamente riposizionati. A tutto ciò si aggiungono poi un sacco di limitazioni e una concorrenza sempre più spietata e opprimente. Questo però non vale per la scena indipendente, che continua a essere in grandissima forma.

I Plaid, che sono ormai dei veterani della Warp, hanno creato di recente un’applicazione web per lanciare il loro nuovo brano “Thether”. L’idea è quella di creare un’interazione tra la traccia e l’ascoltatore, che può interpretare graficamente le complicate linee ritmiche e melodiche del pezzo. Ben Dawkin invece ha pubblicato di recente un corto intitolato Dealer, che altro non è che il racconto di una notte a Londra in compagnia di uno spacciatore. Dawkin racconta che l’ispirazione per questo progetto, gli è venuta ascoltando “Rival Dealer” di Burial. L’idea è interessante e mostra con efficacia come i video, se realizzati con attenzione e con i giusti mezzi, possano contribuire ad ampliare l’orizzonte di senso della musica.

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