Un paio di anni fa, il The Guardian ha preso una ricerca della Unite Union (sindacato britannico e irlandese), ampliandola e intervistando altri 1800 chef inglesi: dalla ricerca sono venuti fuori dati abbastanza sconcertanti. Ad esempio, il 60% dei cuochi lavora dalle 48 alle 60 ore la settimana; il 78% ha avuto un incidente dovuto alla stanchezza o allo stress; un quarto degli intervistati beve per sopportare la giornata di lavoro; il 56% si imbottisce di antidepressivi; e il 51 soffre (o ha, quantomeno sofferto) di depressione. Se volete saperne di più su quanti si attaccano alla bottiglia, ne abbiamo parlato un po' meglio qui."Tra tutte le fonti di stress da cucina, gli orari di lavoro sono probabilmente al primo posto. Sempre Gibbson dice nel suo studio che l'85% degli intervistati lavora 40 ore più del proprio orario alla settimana. E spesso saltano i loro giorni liberi e non fanno pause"
Ma allora, se fare il cuoco significa lavorare incessantemente per moltissime ore al giorno, al caldo, in piedi, senza pause, con salari spesso bassi e con vari attentati alla salute mentale, perché decidere di fare questo mestiere? Fare i cuochi, in fin dei conti, ai cuochi piace. L'adrenalina del servizio, il lavorare con le mani e il fatto di poter liberare la propria creatività potrebbe superare, almeno mentalmente, tutte le fatiche e i rischi del mestiere. Mentali o fisici che siano.Ma è davvero accettabile vivere un mestiere così, o ci sono dei margini di miglioramento? Per rispondere ho chiesto ad Antonio Labriola, che ha l'insolito quanto efficace titolo di chef-psicologo e la sua compagna Sonia Rotondo, anche lei psicologa. Ho chiesto loro nella fattispecie come si disinnesca lo stress o, in parole povere, come il lavoro in cucina possa impattare meno sulla salute mentale.Di mestiere loro vanno nei locali e li aiutano a risolvere i problemi interni attraverso esercizi e gruppi di ascolto
Sonia Rotondo e Antonio Labriola. Foto a sinistra per gentile concessione dell'intervistata. Foto a destra di Luca Appiotti per gentile concessione dell'intervistato.
"Abbiamo coniato l'idioma Mind En Place (felice storpiatura di Mise en Place)," mi dice Sonia, "per parlare dei problemi nei ristoranti e di come risolverli. Abbiamo scoperto la differenza abissale tra gli stellati e la media ristorazione: nello stellato i cuochi sono formati e hanno dei ruoli. Nel secondo caso, spesso ci sono due soli cuochi ad affrontare 200 coperti." Insomma, di mestiere loro vanno nei locali e li aiutano a risolvere i problemi interni attraverso esercizi (come quello di scambiarsi ruolo tra sala e cucina per capire meglio il lavoro dell'altro e rispettarlo) e gruppi di ascolto. Se poi vedono che qualcuno ha particolari problematiche, non essendo dei terapeuti, gli consigliano dove andare."Quindi, Sonia e Antonio," dico al telefono, "quali sono le maggiori fonti di stress e problemi nelle cucine? E soprattutto: si possono disinnescare?" Ne sono venute fuori tante, che si possono riassumere (spoiler) spesso semplicemente con: "bisogna dialogare.""Abbiamo scoperto la differenza abissale tra gli stellati e la media ristorazione: nello stellato i cuochi sono formati e hanno dei ruoli. Nel secondo caso, spesso ci sono due soli cuochi ad affrontare 200 coperti"
La formazione e la mancanza di comunicazione
"Nel sistema è scontato che nel momento in cui il ragazzo entra debba apprendere tutto senza essere affiancato," mi dicono Antonio e Sonia. "Se entri come commis devi conoscere delle pratiche. Magari, però, il ragazzo ha lavorato in posti dove mettono burro nella pasta al pomodoro e quindi per lui è normalissimo farlo sempre." E così succede che lo chef vada su tutte le furie e il ragazzo si senta profondamente mortificato. Generando un primo batterio da comunicazione insufficiente e stress. "Il primo consiglio per disinnescare lo stress alla base è quindi fare una formazione attenta di chi arriva. Se la si fa, si abbattono situazioni stressanti alla base dovute agli errori." Un suggerimento potrebbe essere l'affiancamento al direttore di sala, che può spiegare bene le due dinamiche del ristorante, sala e cucina.Il primo consiglio per disinnescare lo stress alla base è quindi fare una formazione attenta di chi arriva. Se la si fa, si abbattono situazioni stressanti alla base dovute agli errori.
Il fatto che lo chef sgridi il ragazzo appena arrivato evidenzia un altro punto fondamentale: la mancanza di comunicazione. Se fossimo stati negli anni '90, come ben evidenzia lo studio di Murray-Gibbson del 2007, con tutta probabilità vi sareste beccati un oggetto volante scagliato dallo chef, in alcuni casi anche incandescente. Perché lo chef è un'artista e - sì, sono cose che dice lo studio - quindi il suo comportamento è quello di un artista. O meglio: un semi-dio. Non del tutto sano di mente. Oggi i mestoli non volano più sui giovani (o lo fanno molto meno) ma c'è comunque un problema di comunicazione. Spesso nelle cucine e a fine servizionon ci si parla. "Il consiglio che diamo è che ci si riunisca almeno una volta a settimana per parlare di cosa non è andato, magari tenendo un diario," mi dice Sonia. "Bisogna dare appoggio e ascoltare, non dare per scontato che le cose si sappiano per osmosi. E l'altra cosa fondamentale sono i ruoli. Se i ruoli sono ben definiti, chi sarà in difficoltà saprà a chi rivolgersi," conclude Antonio. Il primo problema è stato disinnescato, ne rimangono altri tre.Un consiglio che diamo è che ci si riunisca almeno una volta a settimana per parlare di cosa non è andato, magari tenendo un diario
Gli orari
I fallimenti e gli errori
"Le gerarchie," dice lo chef-psicologo Antonio, "devono essere rispettate. Hanno un senso. Questo non deve trasformarsi in un abuso di potere però. Spesso lo spieghiamo con il caso psicologico dei bambini che si fanno male: se l'adulto si spaventa, il bambino si spaventerà e piangerà; se invece rimane normale e gli spiega che va tutto bene, il bambino sarà tranquillo e avrà imparato qualcosa." Anche qui, la chiave per disinnescare una potenziale bomba da stress è ancora il dialogo. E ora veniamo al punto in apparenza più facile, che ovviamente non lo è quasi mai."Ci crediate o no, una delle maggiori fonti di stress è la disorganizzazione delle cucine"