Le CSS sono una band di San Paolo composta da 5 ragazze vagamente androgine e un tizio con i baffi che fanno musica per ballare alle feste piene di gente bella. Da quanto ci dicono in America, dal vivo spaccano. Hanno un miliardo di amici su MySpace, sono già stati in copertina di Pig Magazine, e hanno fatto un gran bel disco. Mercoledì 13 suonano live al Transilvania di Milano, e grazie ai nostri amici di Grinding Halt abbiamo una manciata di posti in lista gratuita da regalare a voi lettori. Basta che ci mandiate una mail. Nel frattempo li abbiamo chiamati mentre erano in tour in America per fargli qualche domanda sulle favelas, i transessuali brasiliani e quanto sono amati dalla stampa. L’intervista è qui sotto.
Vice: Ciao Adriano. Dove siete?
Adriano: Negli Stati Uniti.
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Siete eccitati del concerto in Italia?
Moltissimo.
Secondo te quali sono le cose più brasiliane del Brasile?
Il calcio. E a San Paolo la vita notturna e i ristoranti.
Io quando penso al Brasile generalmente penso al calcio, alla samba e alle favelas.
Beh, quelle sono cose più legate a Rio De Janeiro. San Paolo è diversa.
C’è rivalità fra le due città?
Si, c’è tanta rivalità e roba così. Noi non siamo tutti di San Paolo, quindi non è che siamo molto orgogliosi delle nostre origini pauliste.
Poi ci sarebbe un’altra cosa che lego al Brasile. Le tipe con il cazzo.
Vuoi dire i transessuali. Haha. Si è vero.
A Milano è pieno di trans. Non so le statistiche ma almeno la metà sono Brasiliane. I trans saranno il 90 per cento di tutte le prostitute.
Wow. Il 90 per cento?
No, magari non il 90 per cento. Mettiamola così: è davvero difficile trovare una puttana in strada che non abbia il cazzo. Puoi comprare ragazzi e transessuali ma è dura trovare una tipa normale.
Si, ne ho sentito parlare. Per i transessuali brasiliani andare a Milano o a Barcellona è come andare in America. E’ quasi il loro sogno. C’è proprio uno stereotipo del trasferimento a Milano per uscire dalla povertà o dalla tua situazione.
Wow. Mi vuoi dire che i Milanesi hanno una reputazione su sta roba perfino in Brasile?
Si, assolutamente. (Ride).
Ce ne sono un paio che vivono davanti al mio appartamento. Sono molto carine. Si strappano i peli con le pinzette sul balcone.
Ok.
Poi nello stereotipo del Brasile ci sono la povertà e la ricchezza estrema.
Certo.
Quindi i modi di uscire da quella povertà sono due: o giochi a pallone, o ti fai le tette e vieni a Milano.
Si, esatto. (Ride).
E la musica? E’ diventata un modo di uscire dalla povertà o no?
A dire il vero, si e no. A Rio la musica delle favelas è la samba o il baile funk, e entrambi i tipi di musica girano come una mafia. Gli artisti non fanno soldi. Ci sono due persone che gestiscono il tutto e fanno un sacco di soldi così che le classi medie possano consumare quella musica.
Ma gli artisti delle favelas rimangono nelle favelas.
Si.
Come i vecchi artisti blues in America.
Si, proprio così.
E i giornalisti musicali secondo te fanno parte di questa mafia?
Non saprei.
Beh, dimmi che ne pensi del giornalismo musicale.
Penso che, come tutto, ci sono cose fatte bene e cose fatte male. A me piace leggerlo, e penso che molti ragazzi ascoltino buona musica grazie al buon giornalismo. Certi giornalisti approcciano la musica con una mentalità aperta, con interesse, e questo crea il buon giornalismo.
Ok. Ma?
Ma ci sono giornalisti che non ne sanno niente e vogliono farsi fighi davanti alle band. Ti si fanno incontro con molto idee già fatte, preconcetti. Magari hanno qualcosa da dimostrare, e spesso già pensano che fai schifo perchè magari non gli piaci tu personalmente. Spesso vogliono solo fare polemica. Ti dicono cose tipo, “Fate schifo! Tutti dicono che siete fighi, ma in realtà fate schifo! Ho deciso che fate schifo perchè, perchè….” Ma non hanno nessuna ragione! E’ solo che vogliono provare che sono diversi dagli altri, che sono loro stessi e sono speciali, ed è per questo che si atteggiano. Cose così.
Sembra che parli per esperienza personale.
Si, in Brasile abbiamo la stampa dietro di noi, ma ci sono un paio di giornalisti che fanno così. Ce n’è uno in particolare che è proprio uno stronzo.
Vuoi usare questa intervista per mandarlo a fanculo?
Ah, no! Meglio di no. Magari ti mando una sua foto e lo mettete nei Dont’s.
Ok. Ci vediamo a Milano.
Si! A presto.
TANO SMELL
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