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Questo post fa parte della nostra serie #Campaign4Change.
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Claudia Lagona in arte Levante ha da poco compiuto 28 anni ma è già affermata nel panorama della musica pop italiana da qualche tempo ormai. All’inizio fu il ritornello di “Alfonso” che si insinuò nelle menti del pubblico e finì per essere una delle cose più canticchiate sui mezzi, negli uffici, in coda in tangenziale. Se non ve lo ricordate, provate a riascoltarlo e capirete perché.
Ma Levante è anche una cantautrice molto sensibile quando si parla di sentimenti, come si può cogliere dal secondo album uscito da poco più di un mese Abbi cura di te in cui tira fuori un lato più intimista, che sta portando a spasso per l’Italia con un tour estivo.
Divisa tra le grandi voci femminili del passato su cui si è fatta l’orecchio e la quotidianità di una ragazza del 2015 con un Instagram molto attivo che gestisce personalmente, ci ha raccontato perché per lei la parola chiave è “leggerezza” e cosa significa Add more color to the world in campo musicale.
VICE: È da poco uscito l’ultimo disco, Abbi cura di te. Come è andata l’accoglienza?
Levante: Meravigliosa direi. Le aspettative su questo secondo disco erano molto alte, soprattutto le mie. Volevo mettermi in gioco, ho osato con la voce, sono andata più in alto e ho scelto nuovamente Bianco (mio amico e fratello scelto) per gli arrangiamenti, con la new entry Ale Bavo alla produzione delle voci. Pare che Abbi cura di te abbia stupito i fan. La sensazione è stata quella di un grande sospiro, tipo “Uh, ha superato la prova!” In ogni caso, al di là delle aspettative altrui io sono incredibilmente felice di questo nuovo lavoro.
In che modo si è sviluppata la tua parabola musicale? Non sei uscita da nessun talent show, e questo è quasi strano nel panorama musicale “pop” di oggi.
Io sono nata e cresciuta in un periodo in cui tutto si stava trasformando, a cavallo tra la vecchia gavetta e i provini ai talent. Sto proprio lì in mezzo. Ho scelto di fare musica da piccolina. La passione per la scrittura e le melodie l’ho sempre avuta e in casa mia i musicisti si sprecano, per cui dal mio primo provino all’età di 13 anni è iniziato un percorso altalenante e tortuoso in cui, passo passo, ho scoperto chi sono veramente, che musica volevo fare e le cose che volevo dire.
Ci racconti le tue influenze musicali? Sei più un’esploratrice dell’ultima novità o ti piace spulciare nel passato?
Sono molto curiosa, felice di ascoltare nuove produzioni, nuove voci e nuovi testi, ma alla fine mi ritrovo a fare le mie solite capriole nel passato e ritornare ai miei vecchi ascolti. Sono cresciuta ascoltando grandissime voci femminili, da Janis Joplin ad Alanis Morissette, passando per Tori Amos e per le nostre Mina, Carmen Consoli, Meg, Cristina Donà.
È dalla musica pop che trai ispirazione, come immaginario e come sonorità, o di piace spaziare?
Non sono così “inquadrata” negli ascolti. Ascolto davvero di tutto, spaziando tra vari generi… Di certo il pop è il mio preferito—ma ho una considerazione molto alta e colta di questo genere. Quando parlo di pop ci metto in mezzo anche i Nirvana.
Come Abbi cura di te si diversifica da Manuale distruzione? A livello di ricerca, di ispirazione, di quello che hai voluto trasmettere. Anche in Abbi cura di te sei autrice di tutti i testi?
Sì, sono autrice di musica e testi. Lo sarò sempre. Raramente canto cose non mie, a meno che non si tratti di testi che sembrano cuciti addosso a me. Abbi cura di te è la risposta opposta a Manuale distruzione. Nel primo disco c’è una sorta di tristezza adolescenziale o comunque qualche strascico di quel mondo un po’ tormentato e cinico, nel secondo disco si ritrova una me più felice, più consapevole, desiderosa d’equilibrio e leggerezza. E nonostante questo è forse più intimista rispetto al primo disco.
Come sta andando il tour? Ti piace l’interazione con il pubblico o preferisci il momento creativo più intimo?
Il tour sta andando benone! Durante i live la gente è incredibile, canta a squarciagola, salta e mi esalta. È decisamente una sensazione diversa dalla fase creativa in cui mi chiudo in camera a comporre, ma sono entrambe bellissime. Non potrei rinunciare a nessuna delle due. In più io sono una persona molto carnale, affettuosa, socievole e dunque poter incontrare il pubblico è l’apoteosi della felicità.
Sui social network sei molto seguita, li gestisci personalmente?
I social network sono parte della nostra vita e non lo si può negare! Io, finché riesco, tento d’essere sempre presente. Instagram appaga il mio lato esteta e mi piace un sacco. Ho bisogno di esprimere la mia creatività a 360 gradi e lo faccio anche tramite quelle fotine. Sono io a gestire tutti i social e non potrebbe essere diversamente!

L’art che Levante ha realizzato in esclusiva per #Campaign4Change
Cosa farai per riposare dopo il tour?
No! Non voglio riposare! Per me riposare vuol dire morire. Dopo il tour estivo ci sarà quello invernale, scriverò un altro disco e ci sarà ancora un tour e poi ancora e ancora.
Quando sarò morta riposerò di certo.
Secondo te la leggerezza e la semplicità hanno un potere comunicativo forte, superiore anche per certi versi ad altre strutture?
Che palle le altre strutture! Scherzi a parte, dipende dalla leggerezza e dalla semplicità. Non è facile essere semplici senza essere banali. Di certo le cose più immediate hanno un effetto fortissimo sulla nostra testa ma sarebbe bello non abituarsi a questo e tentare di essere “strutturati” in caso ce ne fosse bisogno.
Com’è il tuo pubblico, come è composto?
Il mio pubblico sembra essere eterogeneo. Interagisco con persone di età e culture totalmente differenti. Anche durante i live, dal palco, mi accorgo che sotto c’è il ragazzino con gli amichetti e poi il signore adulto con la moglie e ancora giù in fondo dei trentenni. Attaccati sotto al palco quelli intorno ai venticinque! Ho espresso bene il concetto di eterogeneità del mio pubblico!?
Come gestisci la tua vita pubblica, soprattutto in un momento storico in cui internet rende tutti raggiungibili?
Nella maniera più serena del mondo. Non sono una star, non mi atteggio a star e se diventerò una star (DaiGesùTipregoooo) sono certa che sarò la persona semplice di sempre. A me sembra tutto abbastanza normale. Non so i miei colleghi, ma io non mi sento diversa dalla barista sotto casa che salutano e stimano tutti perché fa dei cappuccini buonissimi ed è pure simpatica!
La musica pop soffre di uno stigma in Italia?
Non saprei dirti! Io non ho problemi con generi e colori. Se una cosa è bella, è bella e basta. È un problema altrui se ci si copre gli occhi pensando che tutto quello che non rientra nelle etichette che abbiamo dato puzza di merda. Lo stigma sul pop è un problema tutto italiano.
Cosa significa per te “aggiungere colore al mondo”?
Aggiungere colore al mondo significa abbattere l’omologazione. Lasciare che un arcobaleno investa le nostre vite per renderle diverse e speciali allo stesso modo. La musica è il colore più bello. Può arrivare a tutti e può renderci migliori. Per questo il mio claim è “Schiocca le dita. Dipingi il mondo con una croma.”
Questa è la #Campaign4Change di Levante. Qual è la tua? Condividila qui.
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