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Sì, valeva la pena fare un sequel di Star Wars

Mercoledì è uscito il settimo episodio della saga di Star Wars, quello che potrebbe ridare fiducia ai fan delusi e dare inizio a una nuova era nella storia della serie. Dimostrando anche che un remake, se fatto bene, può aggiungere molto.

Tutte le illustrazioni di

Meaghan Garvey.

Quando annunciarono che la realizzazione del settimo episodio della saga di Star Wars sarebbe stata affidata a Jeffrey Jacob Abrams e a Lawrence Kasdan iniziai a tranquillizzarmi e a pensare che si poteva tornare a essere fiduciosi di rivedere in sala, finalmente, una space opera come si deve. Il primo è il creatore di serie televisive del calibro di Lost, Alias e Fringe, ha prodotto quel piccolo capolavoro di marketing che è stato Cloverfield ed è stato il regista dei due episodi del recente rilancio cinematografico del franchise di Star Trek. Il secondo invece potreste non averlo mai sentito, sebbene sia uno dei responsabili di due tra i fenomeni culturali pop più importanti degli ultimi quarant'anni: Kasdan è infatti lo sceneggiatore de I Predatori dell'arca perduta e del più apprezzato tra i film di Star Wars, L'Impero colpisce ancora. Ovvero quello che compare quasi sempre nelle classifiche dei film più importanti della storia del cinema e che viene considerato il miglior sequel di tutti i tempi quasi all'unanimità.

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Fu lui a suggerire a George Lucas di inserire ne Il ritorno dello Jedi gli Wookie (la razza a cui appartiene Chewbecca) invece che gli odiosi Ewok e di ascoltare Harrison Ford quando lo supplicava che il suo personaggio, Han Solo, chiudesse la sua avventura nella galassia lontana lontana con una morte onorevole. Purtroppo però Lucas non lo ascoltò e ci ritrovammo a guardare orsetti pelosi che sconfiggevano a sassate la più letale strapotenza militare dell'universo. PerciòIl ritorno dello Jedi è il film più moscio della trilogia originale, ed è il frutto della convinzione di Lucas di poter fare tutto da solo senza ascoltare i suoi collaboratori più preziosi—anzi sostituendoli con burattini disposti a tutto per assecondare l'uomo che ha creato il blockbuster moderno. La stessa malsana convinzione che 16 anni dopo l'ha spinto a sfornare l'orrenda trilogia dei prequel: una massa informe di brutta computer grafica verbosa oltre ogni buon gusto e piena di personaggi irritanti come Jar Jar Binks.

È per questo che l'allontanamento di Lucas dalla nuova serie di film ad opera della Disney—che nel 2012 ha acquisito la Lucasfilm—è forse la cosa migliore che potesse succedere. Il Creatore (Lucas) aveva intrapreso un sentiero autodistruttivo e aveva dimostrato di non essere più capace di gestire la situazione tenendosi sempre al di qua del ridicolo.

Ma di cosa parliamo quando parliamo di Star Wars? La ricetta è semplice, se non addirittura grossolana: basta prendere di peso elementi tipici del fantasy—la principessa in pericolo, l'eroe predestinato di umili origini, l'amabile canaglia e tutta quella roba tolkeniana sul fatto che anche la persona più apparentemente insignificante può cambiare il mondo—e traslarli in un universo fantascientifico con astronavi, alieni e raggi laser. L'idea geniale, però, è di rendere questo universo vissuto, usurato, quasi lercio: siamo ben lontani dagli ambienti stranianti bianco asettico della cosiddetta fantascienza alta.

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Tutto ruota attorno alla Forza, un campo energetico creato dagli esseri viventi che tiene unita tutta la galassia. Un concetto semplice che però funziona e che in un certo senso rappresenta il vero punto forte di Star Wars: i film originali erano così semplici da dire anche meno del necessario. Ed è proprio questo il motivo per cui i prequel non funzionano, perché pretendono di spiegare tutto con disorientanti fiumi di ciance.

In una parola, perché tutto il carrozzone stia in piedi è necessaria la semplicità. E Kasdan e Abrams l'hanno tenuto in mente e sono riusciti a riportare in vita un mito che sembrava morto e sepolto sotto le ambizioni del proprio creatore. Hanno trovato la soluzione che era sotto gli occhi di tutti ma a cui nessuno aveva ancora pensato: fare un nuovo film, con personaggi nuovi e vecchi, ambientato trent'anni nel futuro rispetto agli eventi del sesto episodio—un film che però è un remake.

Esatto, Il risveglio della Forza è, di fatto, un remake di Una nuova speranza, il film del 1977 da cui tutto è iniziato, quello a cui se avete più di 25 anni forse vi riferite semplicemente come a Guerre Stellari. È l'episodio che visto oggi risulta più datato, a causa del ritmo lento rispetto ad altri blockbuster odierni e di alcune soluzioni narrative naive, ma che resta in ogni caso una pietra miliare del cinema fantastico. Siamo abituati a maltrattare i remake, a profonderci nella scrittura di condanne contro una Hollywood povera di idee costretta a ripescare dal passato. Nella maggior parte dei casi, è così. Ma in questo caso specifico fare un remake "mascherato" da pellicola nuova non è necessariamente un male.

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Anzitutto la cosa non è stata fatta sottobanco per fregarvi e farvi pagare un altro biglietto per una cosa che già avete visto. In sede di proiezione stampa Disney è stata chiara—e anche vagamente minacciosa—sul fatto di non spoilerare nulla della trama negli articoli per non rovinare i tanti colpi di scena. I più maliziosi ci hanno sentito puzza di bruciato, ma in realtà le innumerevoli similitudini con il capostipite della saga sono cercate e volute dagli autori (e anzi in alcuni casi sono evidenti fin dal trailer), come una serie di strizzatine d'occhio ai fan di vecchia data.

Se fate parte della cerchia degli appassionati avrete sicuramente elaborato le vostre teorie su quello che sarebbe successo basandovi sui criptici spot tv e sui rumor dalle fonti incerte trapelati in rete. Fidatevi, non sapete nulla. Voi pensate di conoscere la storia, ma non la conoscete affatto.

Certo riconoscerete questa o quella situazione, rivedrete personaggi che conoscete da quando eravate piccoli e magari riuscirete anche a prevedere come evolveranno alcune sottotrame. Tuttavia, citando Mark Hamill in una delle featurette promozionali pubblicate sul canale YouTube di Star Wars: "Siete degli esperti, ma non conoscete questa storia. È cambiato tutto, ma non è cambiato nulla."

È per questo che Il risveglio della Forza vi farà sentire a casa ma saprà anche farvi innamorare delle tante cose nuove, in primis dei personaggi inediti e delle loro storyline. In pratica,Il risveglio della Forza è un grande racconto americano, montato ad arte, che non conosce momenti morti, con le musiche di John Williams e con una classica storia di formazione che però riesce a evocare un'ampia gamma di suggestioni.

Fare un remake così non significa aver fatto il compitino. Significa aver cercato di riconquistare i fan delusi con uno starting point che fa da apripista per quello che verrà (e che sarà sicuramente più ardito e coraggioso), fargli ricordare cos'è Star Wars e perché lo amano.

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