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La miglior canzone rap di ogni anno dal 1979 al 2014

Oh, Shea Serrano. Sembra ieri quando il nostro amato critico musicale era un semplice insegnante di scienze delle medie e scriveva i suoi primi articoli per Noisey dopo il tramonto, diffondendo la sua profonda conoscenza dell’hip-hop e il suo senso dell’umorismo in pezzi quali la recensione di un talent show per bambini e la monografia sul rapper Maxo Kream. Be’, Shea si è fatto grande e ha trovato un lavoro full time da redattore a Grantland. Ha anche fatto uscire un paio di libri, se si può chiamare libro un “albo da colorare“, tsk. (Scherziamo, è una figata.)

L’ultimo lavoro di Serrano, The Rap Year Book: The Most Important Song From Every Year Since 1979, Discussed, Debated, and Reconstructed, non uscirà prima del 13 ottobre, ma è già in cima alla classifica dei best seller in tre categorie su Amazon (rap, storia e critica, umorismo e spettacolo). La casa editrice ha già ordinato una seconda stampa. Siamo molto orgogliosi di lui!

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E comunque, con una prefazione scritta da Ice-T, non c’è alcuna possibilità che questa analisi delle canzoni più importanti del rap anno per anno in 36 capitoli faccia schifo. Naturalmente potreste trovarvi in disaccordo con alcune delle scelte di Serrano—davvero “Still Tippin’” è stata più importante di “Drop It Like It’s Hot” nel 2004?—ma che ci volete fare, è la vita.

Visto che si potrebbe trattare di uno dei più importanti tomi sul rap della storia dei tomi sul rap, abbiamo telefonato a Serrano a casa sua, a Houston, per scoprire qualcosa di più sul libro e farci raccontare di come ha mancato la deadline e previsto la candidatura presidenziale di Kanye.

Noisey: Hey Shea. Prima di tutto, voglio dirti che sei un grande. Leggo il tuo Twitter tutti i giorni e mi fa sempre ridere.
Shea Serrano:
Be’, ottimo. Mi sembra che tu abbia ragione su tutto finora. È tutto giusto.

Cosa ascolti di bello ultimamente?
SS:
Prima che tu mi chiamassi stavo ascoltando il disco di Kendrick, To Pimp A Butterfly. Lo ascolto in continuazione. Come novità, qualcuno mi ha parlato di questo tale Cousin Stizz. Non ricordo dove ne ho sentito parlare. Ha fatto una bella tape che mi piace molto. Così ascolto lui e Kendrick e roba a caso su internet.

Parliamo dei tuoi libri, a partire da Bun B’s Rapper Coloring and Activity Book del 2013. Come ti è venuta l’idea di un albo da colorare?
SS:
Avevo beccato Bun B un paio di volte e penso lui sapesse chi ero. Così ci siamo messi a parlare di scrivere un libro assieme e abbiamo scambiato un po’ di idee. All’inizio doveva essere una specie di “guida di sopravvivenza al rap”, ma non siamo mai riusciti a farla funzionare. Allora abbiamo cercato nuove idee. Un giorno io stavo disegnando dei ritratti di rapper locali di Houston per postarli su Twitter. Ero con i miei figli, e anche loro disegnavano insieme a me. Quando li ho messi online la gente che conosceva i rapper sembrava apprezzarli molto, così ho pensato: “Magari se facciamo i rapper davvero famosi piacerà a molta più gente”. Ho scritto a Bun e gli ho detto: “Cosa ne pensi di un albo da colorare con questi?” Pensavo mi avrebbe detto di no perché è un rapper, sai com’è, invece l’idea gli è piaciuta. Così ho scaricato la versione di prova di Adobe Illustrator per trenta dollari e ho iniziato a lavorarci. Gli ho mandato le prime due pagine e lui mi ha risposto “Cazzo, facciamolo”. Le ho messe su Tumblr e una settimana dopo avevo già cinque o sei pagine online, e ho ricevuto una telefonata da una editor. Le aveva viste perché erano diventate virali. Una volta partita è successo tutto super velocemente.

Qual è stato il rapper più difficile da disegnare?
SS:
Ahh. Big Boi, stranamente. Semplicemente perché ha un viso anonimo, mi sa. Non ha tipo una bella cicatrice in mezzo alla faccia o la barba o i baffi o niente. È solo una faccia normale. Quindi lo disegni e dici: “Sembra Big Boi questo? Non lo so”. Non è un tipo facile da riconoscere.

In effetti. Parliamo del libro Rap Year Book. Come ti è venuta l’idea?
SS:
L’idea è venuta dalla editor del libro da colorare che mi ha detto “Facciamone un altro”. Io ho detto: “Ci sto, però niente libri da colorare perché sono una rottura di palle”. Ho dovuto rincorrere tutti i personaggi ritratti per fargli firmare una liberatoria. Ci sono voluti sei mesi ed è stata la più grossa rottura di palle di sempre.

Abbiamo parlato un po’ di cosa fare e lei mi ha dato l’idea per l’almanacco del rap. Non aveva un titolo, ma l’ha spiegata così: “Scrivi un capitolo per la canzone più importante di ogni anno. Ne scegli una e spieghi perché”. Io ho risposto: “Senti, no, non si può fare. Sembra terribile. Non ho voglia di studiare per questa cosa. Non mi interessa il rap del 1982. Non fa parte della mia vita, non mi interessa.” Così siamo andati avanti e sembrava non se ne facesse nulla, ma poi mia moglie mi ha detto che dovevamo traslocare. Stavamo in una villetta a schiera e avevamo due figli, ma poi ne abbiamo avuto un terzo. Così ci servivano dei soldi per la caparra per una casa vera.

E così ho pensato: “Mi sa che mi tocca fare l’almanacco del rap”. Sono dovuti passare sette od otto mesi prima che prendesse forma e mi rendessi conto che poteva essere una cosa davvero fica, se fatta bene.

Wow. Quindi hai dovuto studiare un sacco per questo libro, specialmente perché non sei un fanatico del vecchio rap delle origini, giusto?
SS:
È stato orribile. Davvero tremendo. È stato come tornare all’università. Perché un’infarinatura ce l’hai, qualche nome lo conosci: “Ah già, Kurtis Blow, sì sì”, ma non sapevo nulla dei personaggi coinvolti e degli eventi che hanno trasformato il rap in una realtà. C’è voluto molto tempo.

Come hai svolto le ricerche? Sei stato in biblioteca?
SS:
Questa è la figata. Se vai all’Università del Texas hanno un mucchio di vecchie riviste, tipo un archivio. Allora mi sono messo a guardare vecchi numeri di Vibe del 1991 cercando il tizio di cui stavo parlando. Ci sono anche vari servizi a pagamento su internet che forniscono un archivio di tutti i vecchi archivi e te li lasciano leggere. Io li ho usati, ho anche letto alcuni vecchi libri. Ho parlato con un po’ di gente, alcune persone mi hanno dato una grossa mano. Cito sempre Chuck Eddy, che negli anni Ottanta era un famoso critico rap. Ha scritto di tutto. E Brandon Soderberg. Lui è in giro da un po’ ed è molto intelligente. Si trovano tanti giornalisti in giro che sono esperti di diverse cose e sono sempre molto contenti di parlare di queste cose perché le conoscono bene. Mi sono appoggiato a molte persone per riuscire a scrivere questo coso.

Dal concepimento del libro—o dal momento in cui hai deciso di comprare casa—a quando l’hai consegnato alla editor, quanto tempo è passato?
SS:
Adesso ti spiego cos’è successo, è la storia più stupida del mondo e mi vergogno che sia successo così. Mi hanno dato un anno per scrivere il libro e io ho detto “Ok”. Pensavo: “Non ci metterò mai un anno intero per scrivere 36 articoli. Ci metto due ore a scriverne uno”. Allora ho aspettato otto o nove mesi senza fare assolutamente nulla. Ero sicuro di buttarlo fuori di getto. Nessun problema. E poi è arrivato il decimo mese, poi l’undicesimo, e non avevo ancora cominciato. L’editor ha iniziato a scrivermi tipo: “Yo, che succede? Dov’è la mia roba?” Allora mi sono detto: “Dai, cominciamo.” Questo è successo tipo sei settimane prima della deadline e avevo due capitoli in mano, due su trentasei. Quindi sono andato nel panico. Mi sono messo a scrivere il capitolo su DMX [1998: “Ruff Ryder’s Anthem”]. Conoscevo un pochino la storia di DMX, avevo letto la sua autobiografia, ma non ne sapevo abbastanza, così ho dovuto studiare un botto di altra roba per completare il puzzle. Mi ci è voluta una settimana a finire quel capitolo. Ci ho lavorato ogni sera, tipo otto ore ogni sera. Dio mio. È stato così che mi sono reso conto che non avrei mai finito in tempo.

Arriva il giorno della consegna e io ho solo otto capitoli pronti, e lei non è molto contenta. Mi danno altri due mesi per finire. A quel punto mi sono messo sotto davvero e ho capito come dovevano essere i capitoli dal punto di vista visivo. Perché la cosa più difficile è questa: decidere la struttura. Come lo rendo il più facile possibile da leggere? Come lo rendo piacevole? Alcune cose sono davvero pesanti. Non mi sono divertito per niente, finché non ho finito e ho detto: “Oddio, ma questa roba è incredibile”.

Hai paura che il pubblico disapprovi la tua selezione di canzoni?
SS:
No, quella è l’ultima cosa che mi preoccupa.

Che cosa ti preoccupa allora?
SS:
Be’, ci sono alcune persone che ammiro come scrittori ed editor e penso che abbiano molto talento, e quelle sono le persone il cui giudizio mi interessa davvero. Ma la gente su Twitter o robe del genere, sarà tutto come al solito. Tu scrivi qualcosa e un gruppo di persone ti dice che è fantastico e un altro gruppo ti dice che è terribile. Ma lo scopo del libro è iniziare una conversazione. È impossibile scrivere una cosa del genere e avere tutti che dicono: “Ecco, è tutto esatto.”

Abbiamo pubblicato il capitolo del 2004 su Grantland, e l’ho scritto chiaramente. Nel primo paragrafo dice: “Questa non è la miglior canzone del 2004. La migliore e la più importante sono due cose diverse. “Jesus Walks” di Kanye West è la miglior canzone del 2004. Ma questa canzone è stata più importante. Ecco perché.” E su Twitter erano tutti lì a scrivere “Non posso credere che tu abbia scritto che questo pezzo è meglio di ‘Jesus Walks’”. Mi prendete per il culo? Non prestate attenzione. Quindi questo è quello che succede, ma mi fa piacere. Sta lì il divertimento. Voglio scatenare una conversazione. Voglio spiegare perché “Same Love” di Macklemore è stata molto importante per la musica, anche se ti fa schifo. Alcune sono impossibili da ignorare, alcune sono indiscutibili. Non c’è alcun pezzo più importante di “Nuthin But a ‘G’ Thang”, ma per altre ci sarà spazio di discussione. Tipo “quella del 1994 dovrebbe essere di Biggie, non di Nas” e sto già sentendo cose del genere. Funziona così e basta, man.

Hai una numero uno assoluta, tra tutte e trentasei, in mente?
SS:
Di tutto il periodo, la più importante… sai, potrei scegliere “Nuthin But a ‘G’ Thang”, forse solo perché l’ho ascoltata stamattina. Ma Dr. Dre, sai, le sue impronte sono dappertutto, da così tanti anni, quindi lui è la scelta più ovvia.

Pensi che possa piacere anche a chi non piace il rap?
SS: Sì, senza dubbio. Una bella fetta del libro non parla nemmeno di rap. Ma questo è un segreto. Perché non volevo usare duemila parole solo per spiegare perché una certa canzone è importante. Perché poi devi leggere trentasei capitoli e diventa super noioso. Così ogni capitolo, invece di essere un blocco di testo, è diviso in più sezioni. E alcune non parlano di rap. Tipo nel capitolo sul 2004 c’è un’intera sezione su Mean Girls perché è uscito quell’anno. E poi nel capitolo sui Public Enemy c’è una parte su una scazzottata a cui ho preso parte. C’è altra roba importante oltre alle parti sul rap, ma l’altra roba è legata a quella canzone rap ed è per questo che è importante.

So che avevi previsto la candidatura di Kanye a presidente in una “carta dell’universo parallelo” inclusa nel libro.
SS:
Non me n’ero nemmeno accorto finché non abbiamo mandato le copie promo del libro e uno dei giornalisti mi ha scritto. Fa: “Yo, hai visto cos’hai fatto?” E io non me n’ero accorto. L’avevo totalmente dimenticato. Ci sono arrivato molto vicino. Ho previsto il 2016 e lui ha detto 2020. Se ci avessi pensato bene avrei scritto 2020, ma…

Ti piace regalare souvenir alla gente via Twitter, o adesso alle persone che verranno alle presentazioni del tuo libro, tipo il segnalibro di DJ Screw o quelle magliette di Gucci Mane. Penso che alla base di questo ci sia l’idea che in fondo siamo tutti ragazzini che adorano i regali e i gadget.
SS:
Sì, mi piace. Prima di diventare scrittore ero un insegnante e mi sono accorto molto presto che se mostri un po’ di attenzioni extra verso qualcosa i ragazzi impazziscono. Non dev’essere niente di speciale. Ti faccio un esempio. Io porto gli occhiali, ok? E in una delle mie classi c’erano tipo sei ragazzini con gli occhiali, quindi ho detto: “Hey, guarda qua. Io, te e tutti questi altri ragazzi con gli occhiali facciamo una gang. Siamo la gang degli occhiali.” E l’ho scritto sulla lavagna e ho messo giù i loro nomi e ho dato loro un piccolo adesivo, e loro erano contentissimi. È diventata un’istituzione, l’anno dopo c’erano i ragazzini della classe successiva che mi chiedevano di entrare nella gang degli occhiali. Erano contenti, capito? Sono piccole cose che piacciono alla gente.

Quindi ho provato a fare così anche con il libro. Qualche piccolo extra. Ho preso una scatola di carte Yo! MTV Raps e ho scritto: “Yo, sono in posta. Le prime trenta-e-qualcosa persone che mi mandano una foto con la prova che hanno comprato il libro, gliene spedisco un pacchetto.” E sbam, sono impazziti. Allora ho pensato: “Be’, mi converrà farlo il più possibile”. Ecco come è iniziato. Come si fa a far prendere bene la gente per il tuo libro? E questo è successo quando nessuno aveva ancora visto il libro. Ieri lo hanno visto per la prima volta. A quel punto quindi non stavano comprando tanto il libro, ma stavano esprimendo stima nei miei confronti.

Fico. Ora che cosa ti aspetta per quanto riguarda la scrittura? Pensi di lavorare a qualcosa d’altro in futuro, o la prossima volta che hai bisogno di soldi?
SS:
[Ride] Abbiamo già un contratto per un terzo libro. Quello è fatto. Non so cosa succederà a parte quello. Mi piace scrivere e mi piace lavorare con queste persone. Non so dirti con esattezza cosa succederà, ma so che faremo un altro libro e dopo di quello chissà. Forse la gente si renderà conto che non ho talento e non avrò più proposte e…

…Tornerai a insegnare.
SS:
Già, tornerò a insegnare. Insegnare è fantastico. Ci tornerò in ogni caso.

Infine: chi è quel tizio che usi come foto profilo su Twitter?
SS:
Non sai chi è? Meno male che me lo dici solo adesso, perché ti avrei attaccato il telefono in faccia e non ti avrei più rivolto la parola. Quello è Miklo Velka ed è un personaggio del film Blood In, Blood Out (in italiano Patto di Sangue), che parla di tre famigliari messicani a Los Angeles negli anni Settanta. È il mio film preferito e lui è il mio personaggio preferito. Ecco. La gente me lo chiede in continuazione e mi sembra incredibile che non lo riconoscano.

Be’, posso usare come scusa il fatto di non essere messicano?
SS:
No! Sai chi era Martin Luther King. E Martin Luther King è meno importante di Miklo Velka.

The Rap Year Book: The Most Important Rap Song From Every Year Since 1979, Discussed, Debated, and Reconstructed esce il 13 ottobre per Abrams Image. Preordinalo su Amazon e segui Shea Serrano su Twitter.