Música

Sticazzi di Trainspotting, la colonna sonora più anni Novanta è quella di Batman Forever

Sono cresciuto negli anni Novanta: nella mia bat-cameretta, accanto ai poster dei 3 Colours Red e di Gwen Stefani appesi al muro, avevo chiaramente un A4 con la locandina di Trainspotting, rubata al cinema di zona. Non avevo nemmeno visto il film e già l’avevo messo lì accanto al faccione di Skin degli Skunk Anansie. Pensavo che fosse una figata perché ero stato bombardato mediaticamente, e perché gli attori sulla locandina erano abbastanza sexy. La credibilità della mia cameretta era decisamente aumentata da quando avevo Trainspotting con me. Poi l’ho visto ed effettivamente non era niente male.

Ora il film di Danny Boyle ha vent’anni e tutti i britannici lo osannano come una delle pietre miliari della cultura giovanile di quegli anni, anche perché la sua colonna sonora—a quanto dicono—”ha definito ciò che era figo negli anni Novanta” e “fornito una fotografia perfetta del 1996”. Ma quel gruppetto di musicisti capelloni che contribuirono alla sua colonna sonora non erano gli anni Novanta che ricordo. Il tributo di Boyle a Irvine Welsh probabilmente avrà colto alla perfezione quell’epoca per altri, ma non per me.

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Ora provate a togliervi tutti quei pregiudizi e pensateci un attimo. Partiamo dalla considerazione che un tempo, prima di iniziare a far cagare, i Brit Awards avevano anche il premio per “Miglior Colonna Sonora”. Poi, nel 2001, tale premio scomparì—probabilmente perché tutti sapevano che non ci sarebbe stata gara contro American Beauty. Prima di allora, nel 1995 aveva vinto Pulp Fiction, e nel 1997 Trainspotting. Tra questi due giganti, però, c’era una gemma nascosta, un tesoro che è stato ingiustamente eclissato e sottovalutato. Parlo del vincitore del 1996. Parlo, cari lettori, di Batman Forever.

Ci sono parecchie differenze tra la colonna sonora di Trainspotting e quella di Batman Forever. Trainspotting aveva un pezzo borioso di uno dei periodi peggiori dei Blur (“Sing”), oltre ad una traccia di Damon Albarn adornata da trombette scoreggianti. Gli altri pezzi erano ben lontani da ciò che usciva dalla florida scena elettronica del periodo: ad esempio c’era uno dei brani più corti e insulsi che i Leftfield abbiano mai tirato fuori dalle loro tastierine (“A Final Hit”). Fatto salvo per la hit agrodolce dei Pulp, l’impareggiabile “Mile End”, tutte le altre grandi perle della soundtrack sono classiconi vintage: “Lust For Life” di Iggy Pop (1977), “Perfect Day” di Lou Reed (1972), “Deep Blue Day” di Brian Eno (1983), “Temptation” dei New Order (la versione del 1987) e la copia carbone degli Sleeper di “Atomic” dei Blondie (1979).

A parte il cameo di Carol “KYO” Leeming’ nell’immancabile traccia trance by Bedrock, la colonna sonora di Trainspotting’s è abbastanza monocorde. In teoria dovrebbe definire un’epoca di profonda transivione musicale, in pratica dà l’idea che prima degli Underworld, tutta l’inghilterra stesse ascoltando solo chitarristi bianchi, urlando cori da stadio sulla birra tra un pezzo e l’altro.


Official film poster

Per quanto i personaggi di Trainspotting abbiano fatto del bene, umanizzando una generazione di emarginati, sono pochi quelli che hanno passato gli anni Novanta a ripescare supposte d’oppio dala peggiore toilette di scozia o a festeggiare storie di droga andate bene mettendo “Born Slippy” nel jukebox. Per come la ricordo io, ascoltavamo rap e R&B—sparato da praticamente tutte le radio—tornando da scuola, per poi andare a casa a guardare video di rock alternativo su MTV2, ci sbronzavamo in segreto ascoltando l’ultimo disco degli Offspring, non dando retta ai nostri fratelli maggiori che cercavano di convincerci che The Joshua Tree fosse una specie di capolavoro. Più di ogni altra cosa, ricordo l’onnipresenza di Seal. Dov’è la memoria storica di tutto ciò? Ve lo dico io: in un vecchio e impolverato portagioie a forma di faccia di Val Kilmer mascherato e con le orecchie a punta.

In generale, gli anni Novanta sono stati uno strano periodo per Batman. Il lavoro sul personaggio di Tim Burton lo aveva reso oscuro, sinistro e da incubo, specialmente nel secondo film. In Batman Returns c’era una scena in cui il Pinguino strappava il naso di un tipo a morsi, al look da dominatrix di Catwoman mancavano giusto un paio di mutilazioni per renderla uguale ai Cenobiti di Hellraiser, e Christopher Walken sfruttava tutta l’ampiezza della sua attaccatura per sembrare ancora più inquietante. Fu quasi un sollievo vedere Joel Schumacher, regista di St. Elmo’s Fire e The Lost Boys, riportarlo su territori più family-friendly, da cartone animato con atmosfere camp e colorate. Dopotutto eravamo già a metà degli anni Novanta, un Bruce Wayne incupito nella sua tetra villa, come prostrato davanti a un altarino di Robert Smith, non andava più bene. Basta con Michael Keaton, Danny Elfman e gli effetti speciali realistici: ecco Val Kilmer, Method Man, Jim Carrey, e Tommy Lee Jones con uno scadentissimo trucco viola su mezza faccia.

Fondamentalmente il film strappò Batman agli adulti lettori di fumetti cattivi per restituirlo ai bambini. Batman Forever, era un film che potevi andare a vedere per rilassarti e prenderti bene, pieno di azione scema, di colori vividi e quasi psichedelici, con una estetica davvero fumettosa. Non c’erano i mugugnii anti-capitalisti di Tom Hardy né spettri di Liam Neeson col pizzetto. A nessuno interessava vedere un polpettone noir pseudo-filosofico e di destra, lungo tre ore, il cui messaggio finale è che il filantropismo vittoriano è meglio di qualsiasi progresso sociale. Ci interessava vedere Jim Carrey che fa il matto con la calzamaglia verde e Nicole Kidman nei panni di una donna forte e intelligente che abusa del Batsegnale per un paio di minuti di innocente flirt sul tetto. E volevamo una colonna sonora che catturasse lo spirito dei tempi.

E l’abbiamo avuta. C’erano pezzi pop-punk (gli Offspring con la cover di “Smash It Up”), alt-rock psichedelici (i Flaming Lips con “Bad Days”), emo (Sunny Day Real Estate), slowcore (Mazzy Star), rap della east-coast (Method Man), e R&B (Brandy). Per essere una roba pettinata di Hollywood, finì anche per fare un lavoro bat-tastico nel promuovere talenti britannici trascurati da Trainspotting come i bristoliani Massive Attack, la scozzese Eddi Reader e gli irlandesi The Devlins. Poi ovviamente c’era “Hold Me, Thrill Me, Kiss Me, Kill Me” ovvero una delle tre canzoni degli U2 che non fanno mortalmente cacare.

Ma il momento più alto, ovviamente, è il magnifico Seal’s con la sua epica “Kiss From A Rose”, uno dei pezzi di soul inglese più famosi di tutti i tempi. Grazie alla spinta commerciale di Batman Forever, questa incredibile power ballad è oramai radicata nella nostra coscienza collettiva. L’ha coverizzata chiunque: da band metal finlandesi ai peggio concorrenti di talent show. Anche se le flessioni vocali di Seal sono inimitabili, urlare “Baaab-ehh!” con lui è divertentissimo sia che siate sbronzi o sobri. È una roba che unisce le genti in una pace globale. Persino l’assolo di OBOE è da paura.

Mentre per la carriera di molti degli artisti coinvolti, la OST di Trainspotting è stato il picco della loro carriera, per molti dei musicisti più trendy inclusi in Batman Forever, il futuro riservò grandi cose. Quel disco aiutò Nick Cave a trasformarsi da oscuro cantore dell’undereground a musicista rispettato e istituzionalizzato che collabora persino con Kylie. E non credete a quello che vi dicono: non è stato solo Trainspotting a risuscitare la carriera di Iggy Pop. Le basi le aveva già gettate Michael Hutchence con la sua inquietante cover di “The Passenger”, registrata per—indovina un po’—Batman Forever.

In conclusione, Trainspotting non ha “definito” gli anni Novanta. Non era nemmeno ambientato negli anni Novanta. Una vera “istantanea del 1996” ve la dà un loscoe zarro pezzo di Method Man, non una profonda e ironica canzone di Damon Albarn. Oltre a ciò, Trainspotting non è neanche riuscito a lanciare una nuova era per il cinema britannico e liberarci dalla tirannia dei grandi budget hollywodiani. Ha solo generato film del cacchio come Twin Town, con Ewan McGregor nei panni di un poco convincente eroe romantico, e la carriera di progettista di carrozzoni per le olimpiadi di Danny Boyle. Il futuro non ci ha regalato un cinema inglese coraggioso e indipendente. Che ci piaccia o no, il futuro ci ha dato solo robe da geek senza vergogna, reboot infiniti e convention piene di cosplayer. Per cui smettiamo di menarcela che abbiamo scelto la vita, perché in realtà abbiamo scelto un maxi-televisore del cazzo con cui guardare Batman Forever.

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