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I caffè infusi alla frutta potrebbero avvicinare tutti al mondo dello specialty coffee

INFUSED COFFEE BOX foto by Ditta Artigianale

In sostanza questi caffè sono fatti con della frutta inserita in fase di fermentazione: la drupa viene raccolta nel periodo di massima maturazione e messa nelle vasche a riposo per 18 ore con i frutti o le spezie selezionate, rigorosamente coltivati nel territorio circostante.

Posso tranquillamente affermare che il caffè, quello buono, è ormai una mia nuova ossessione.
Mi ero un attimo tranquillizzata, ma l’ossessione è tornata forte e chiara qualche mese fa, quando sono andata al Milan Coffee Festival –alla sua terza edizione, NdR–, e devo dire che da allora non mi accontento più dei soliti caffè bruciati e fatti male. Diciamo pure che non tutte le ossessioni vengono per nuocere.

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È qui che ho anche scoperto una nuova possibile frontiera del caffè, grazie ai ragazzi di Ditta Artigianale, una torrefazione di Firenze: gli Infused Coffee alla frutta.

In particolare, da questa esperienza e da questi caffè infusi, mi sono chiesta che strada prenderà il mondo del caffè, che sta velocemente evolvendo: se sarà un trend veramente forte (come sembra essere per i vini naturali) o qualcosa il cui entusiasmo è destinato a spegnersi (come fu con l’olio o, in parte, con la birra artigianale). 

Di sicuro c’è in atto un cambiamento nel mondo, soprattutto all’estero, e sempre più si sta capendo l’importanza della filiera del caffè e di sapori molto più pieni e diversi.

L’affare diventa un po’ più complicato in Italia, però, dove siamo ancora appannaggio del nostro caro vecchio espresso e della nostra benamata moka, quasi sempre corredati da tipologie di caffè scurissime che rendono le nostre tazzine abbastanza uno schifo. Ma si sa, a noi italiani piace da morire difendere a spada tratta le nostre tradizioni, guai a chi le toccasse. 
Francesco Costa, in una puntata del suo podcast “Morning”, ha riassunto bene i nostri problemi con il caffè: “Non distinguiamo le varietà, se è un po’ bruciato ci piace, viene servito ustionante e in più ci mettiamo lo zucchero…” In teoria quasi tutto sarebbe sbagliato. 

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Francesco Sanapo, uno dei fondatori di Ditta Artigianale.

Ma torniamo a Ditta Artigianale, che è un po’ il faro delle roastery italiane. 
Fondata nel 2013 da Francesco Sanapo e Patrick Hoffer, si prefissa da anni di far conoscere il caffè specialty, quello buono, al pubblico più vasto; al momento hanno cinque caffetterie a Firenze, con un’altra in apertura nel 2023, una a Toronto in Canada e oltre 70 dipendenti.
“Sono una persona che controlla tutto,” mi racconta Francesco Sanapo. “Giro in bici per i locali ogni giorno alla ricerca di errori e cose da aggiustare.” Insomma, sono persone che vogliono spingersi sempre oltre. 
Riguardo la diffusione di un caffè senza compromessi mi dice anche che “cercare di spiegare il caffè senza troppi tecnicismi è la nostra missione.”
E direi che ci stanno riuscendo, dato che il loro specialty coffee è entrato anche sugli scaffali dell’Esselunga. 
“Uno dei miei obiettivi, forse il principale, è quello di portare il caffè di qualità alle persone, far capire l’importanza del prodotto tostato fresco e in grani.” 

Il mercato, come si può immaginare, è già in partenza molto limitato, dato che il prezzo è tre volte superiore alla media del caffè che si trova sugli scaffali, ma in questo modo si pone il cliente di fronte a delle domande fondamentali: da dove arriva il caffè che ho sempre usato? Perché costa così poco rispetto a quell’altro? Cosa c’è dietro?
“Forse solo così pian piano si evolverà tutto il sistema, dai produttori fino al bancone del bar,” chiude Sanapo.

Ed è anche nell’ottica di far conoscere al grande pubblico a piccoli passi il vero mondo del caffè che sono stati creati questi Infused Coffee alla frutta. “È un percorso iniziato 5 anni fa con alcuni produttori di caffè tra Costa Rica, Honduras e Colombia con i quali lavoriamo da 10 anni. Ma il primo risultato ottimale è arrivato l’anno scorso e solo ora approda sul mercato, anche se con una piccolissima produzione: 700 kg di chicchi che ci siamo divisi con La Cabra, un noto distributore di caffè danese,” mi racconta Francesco Sanapo. 

Se non si è dei fissati del caffè, sicuramente non è facile, non si ha il palato per cogliere tutte le sfumature di sapori e odori e progetti come questo potrebbero accorciare le distanze tra consumatore e il mondo degli specialty coffee. 

Ma come funzionano, quindi, questi Infused Coffee?  
“Sono miscele, chiamiamole pure contaminate, nate da diverse sperimentazioni con la fermentazione anaerobica (che significa senza ossigeno: i chicchi sono messi a fermentare in vasche d’acqua private di ossigeno, il che dona sfumature molto diverse e aumenta la complessità di sapore, NdR.). In particolare è un lavoro fatto con Felipe Arcila, produttore e agronomo colombiano. Abbiamo cercato di andare oltre le frontiere del fare il caffè.”

“Sono stati scelti pesca, fragola e cannella, perché sono quelli che hanno dato i risultati migliori. Abbiamo fatto prove anche con la menta, la papaia, il frutto della passione e sicuramente continueremo a sperimentare.” 

In sostanza questi caffè sono fatti con della frutta inserita in fase di fermentazione: la drupa –ovvero il frutto del caffè, simile a una ciliegia– viene raccolta nel periodo di massima maturazione, messa nelle vasche a riposo per 18 ore con i frutti o le spezie selezionate, rigorosamente coltivati nel territorio circostante. A questi vengono aggiunti anche dei lieviti del vino che riescono a rendere gestibile la fermentazione naturale che, essendo totalmente spontanea, ogni volta è diversa.  

“È sempre un caffè, ma con note chiare di frutta” afferma Francesco. 
Mi trovo d’accordo; all’assaggio è chiaro che stiamo parlando di un caffè ma devo ammettere che le papille gustative un po’ impazziscono, non capiscono esattamente cosa sta succedendo. Poi, ad una drogata come me degli infusi e delle tisane, si crea un sorprendente cortocircuito nel cervello.
“Sono stati scelti pesca, fragola e cannella, perché sono quelli che hanno dato i risultati migliori,” mi racconta Francesco Sanapo. “Abbiamo fatto prove anche con la menta, la papaia, il frutto della passione e sicuramente continueremo a sperimentare.” 

Alla fine questi Infused Coffee strizzano un po’ l’occhio alle tisane, anche se nella loro forma di filter coffee lo hanno sempre fatto: hanno l’identità di un caffè filtro con nette sfumature di quelle che potrebbero essere delle classiche tisane. Infatti è con la tecnica del V60 (per percolatura) e con l’Aeropress (a pressione manuale, una specie di french press molto più fica) che danno il loro meglio ma, come dice Francesco: “Non mi voglio fermare con quesi due processi, mi piacerebbe creare una miscela per espresso.”

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L’estrazione del caffè tramite V60, per percolatura.

E aggiunge: “L’idea non è solo però di avvicinare le persone comuni, che non sono nerd del caffè, insomma, ma di dare in primis un prodotto nuovo, di creare un mercato nuovo, di dare nuovo entusiasmo in questo mondo del caffè. Ma anche usarli come pairing o come ingredienti per cuochi e pasticceri, ad esempio.”
In effetti me lo mangerei uno strudel accompagnato dall’infused coffee alla cannella. 

“Non temo nemmeno che verremo additati come quelli che hanno creato un qualcosa di orribile, rovinando il caffè, o magari usando cose chimiche in produzione: abbiamo lavorato tanto per farci conoscere come persone del caffè precise e affidabili e questo ci ripagherà anche nel nuovo progetto.”

Non so se finalmente avremo intere pagine di caffè da scegliere a breve e un po’ ovunque. Non so nemmeno se mai riusciremo a capire che il nostro caffè non è niente di che.

Ma certi processi possono rivelarsi rivoluzionari e a me, che ormai sono ossessionata, non può che fare piacere, se succede.  

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