Lo abbiamo fatto tutti.
Il rituale era pressoché lo stesso: si tornava a casa da scuola, si accendeva la TV (se andava bene c’erano i Simpson o TRL) e s’ingurgitavano valanghe di merendine. Che poi, almeno per me, non è che la solfa sia cambiata molto, sebbene io non sia più adolescente (almeno all’anagrafe, nel cuore sarò sempre la fan numero uno di Marco Maccarini e Giorgia Surina).
La storia d’amore tra i pomeriggi passati davanti alla TV e le merendine (o qualsiasi altra cosa che sembrasse commestibile, fritta o ricoperta di cioccolato), è davvero eterna, e spesso riaffiora anche in età adulta come i migliori degli amanti. Ma a cosa è dovuta? E soprattutto, com’è che ora si parla di Netflix and chill e non di Netflix e patatine fritte?
La risposta a tutto, a quanto pare, è da ritrovarsi nelle pubblicità e nell’adolescenza.
Stando a un rapporto fresco di pubblicazione del Cancer Research UK (e basato su un sondaggio condotto da YouGov), la correlazione fra adolescenti, TV, pubblicità e cibo spazzatura trangugiato a quattro palmenti è più interconnessa (e preoccupante) di quanto pensassimo.
Dati alla mano, il gruppo di esperti del Cancer Research UK ha documentato le abitudini alimentari di 3348 britannici d’età compresa tra gli 11 e i 19 anni, appurando che, per 3 ore o più passate a guardare la televisione in un giorno, gli snack, merendine o anche bibite gassate consumate arrivano a 500 l’anno.
Esatto, 500. E non finisce qui.
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La presenza di pubblicità aumenta più del doppio l’assunzione di bevande gassate e merendine (si parla rispettivamente di un 139% e 69% in più), sancendo definitivamente la colpevolezza degli spot che passano ripetutamente tra i telefilm.
Obesity Health Allience UK il 60% degli spot passati in onda è dedicato alla promozione di cibo spazzatura, Dawson’s Creeke l’altro (ok forse il palinsesto potrebbe essere cambiato).
“Ad oggi questo studio rappresenta una delle prove più schiaccianti di come le pubblicità di cibo spazzatura influenzino le scelte alimentari degli adolescenti,”rivela la dottoressa Jyotsna Vohra, autrice principale della ricerca. “Con questo non vogliamo dire che ogni adolescente che guarda la TV poi si rimpinzerà automaticamente di merendine, ma semplicemente che c’è una correlazione fra pubblicità e abitudini alimentari.”
E in Italia?Sebbene non ci siano stati molti studi del genere nel Bel Paese, il rapporto del 2017 dell’OCSE mostra tassi d’obesità più alti negli adolescenti italiani rispetto al passato, arrivando a toccare il 15,5% della popolazione giovane.
Insomma, niente allarmismi ma forse è il caso d’iniziare a pensare a una soluzione – e a una pubblicità – preventiva.