“Mio marito è stato ammazzato di fronte ai miei occhi, assassinato da dieci uomini,” ricorda Buba. “La mia casa è stata rasa al suolo. Molte persone sono rimaste uccise. Molti uomini.”
Mentre parliamo, Buba è seduta su una sedia di plastica. Lo schienale, decorato, reca la scritta “Grazia di Dio”. Fuori dalla piccola reception, il termometro segna 43 gradi.
Videos by VICE
Per Buba questo rifugio è un sollievo temporaneo dal caldo e dalla polvere del campo dove ora è costretta a vivere, insieme ad altre 5.000 persone.
Ci troviamo nell’accampamento di Maiduguri, nel nord-est della Nigeria, uno dei tanti campi che ospitano i due milioni di sfollati della regione.
Buba è anche una delle vittime non riconosciute dell’insurrezione lanciata sette anni fa dal gruppo islamista di Boko Haram — oggi considerata come l’organizzazione terroristica più letale al mondo.
Bama, la sua città, è stata attaccata più volte. Boko Haram ha prima bersagliato le strutture militari presenti, e poi le ha usate come base per l’attacco decisivo, riuscendo a conquistare l’intera città nel settembre del 2014. Buba – spiega a VICE News – è stata presa in ostaggio esattamente un anno e dieci mesi fa.
“Molte donne sono state rapite insieme a me. La maggior parte delle donne della mia zona,” racconta. “Molte altre sone scappate via prima che iniziassero a rapirle, ma io avevo i miei figli insieme a me. Non potevo fuggire e abbandonarli.”
Buba ha cinque figli di 11, nove, sette, cinque e tre anni.
Per cinque mesi è rimasta nelle mani di Boko Haram, i cui membri sono tristemente noti per gli abusi sulle donne. Molte di loro vengono violentate in modo sistematico e altre, soprattutto giovani ragazze, vengono costrette a compiere attentati suicidi.
La testimonianza di Buba conferma i racconti di altri ostaggi. “Un sacco di donne sono state costrette a sposarsi, e chi si opponeva veniva uccisa,” racconta.
Durante la sua prigionia, il gruppo terroristico ha consolidato il suo controllo su Bama, la seconda città più grande dello stato di Borno.
A marzo del 2015, tuttavia, l’esercito nigeriano è riuscito a riconquistarne il controllo. Buba racconta che in quel periodo “c’erano tantissimi combattenti in città — non si poteva contare quanti fossero.”
Quando gli chiediamo che aspetto avessero i miliziani, la donna risponde: “Pensavano di combattere per una giusta causa, per l’Islam.”
‘Quando ho iniziato a fingere di essere pazza mi hanno lasciata sola con i miei figli’
Buba — che è di fede musulmana — dice che i membri di Boko Haram non hanno cercato di convincerla a unirsi a loro.
“Non hanno fatto niente. Semplicemente, quando ci hanno rapito ci hanno messo in un’area sorvegliata e hanno chiuso i cancelli a chiave. Quando tornavano con il cibo, e tutto il resto, le donne cucinavano per loro.”
Per Buba c’era una sola via di fuga. “Ho dovuto fingere di essere pazza, fuori di testa, sporcando il mio corpo,” spiega la donna.
“Ho ricoperto il mio corpo di fango. È stato difficile convincerli, ho dovuto usare tutto quello che c’era a mia disposizione. Anche se c’era solo dell’olio vegetale lo spalmavo sul mio corpo. Non è stato facile.”
“Quando ho iniziato a fingere di essere pazza mi hanno lasciata sola con i miei figli,” continua Buba.”
“A quel punto mi hanno abbandonato perché pensavano che fossi pazza e che non valeva la pensa tenermi. Quando ho iniziato a sembrare folle sono diventata inutile per loro. È andata così. Mi hanno lasciata andare.”
Dopo essere scampati dalla prigionia di Boko Haram, Buba e i suoi cinque figli hanno camminato per tre giorni a piedi nudi prima di trovare riparo. Tutti e sei erano estremamente affamati, e Buba temeva che qualcuno di loro morisse. “A un certo punto ho pensato che li avrei perduti.”
Buba indica le dita dei piedi, dove si vedono ancora i tagli provocati dagli arbusti acuminati che ha calpestato nel tragitto.
“Quando siamo arrivati qui, i miei figli sono stati ricoverati nel centro medico del campo, dove sono stati curati,” racconta la donna.
Le condizioni di vita nel campo di Maiduguri sono tutt’altro che ideali. Gli ospiti hanno a disposizione uno spazio limitato dove la privacy non esiste.
Gli unici due pasti al giorno consistono in riso, fagioli, farina di granoturco e zuppa.
Buba non ha ricevuto nessun aiuto psicologico, anche se continua a svegliarsi nel cuore della notte con il terrore di essere rapita di nuovo.
“Rispetto a essere nelle mani di Boko Haram, qui non è male,” dice Buba, anche se continua a chiedersi quando potrà tornare a casa. Mentre il governo nigeriano non vede l’ora di rimandare le persone sfollate nei propri villaggi, le ONG credono che sia ancora troppo pericoloso.
Nel corso della nostra permanenza nella regione nord-orientale della Nigeria ad aprile, VICE News è venuta a conoscenza di numerosi episodi di uccisioni e rapimenti avvenuti nelle zone rurali del paese.
“Quando abitavo nella mia città c’era mio marito che mi aiutava economicamente — portava a casa qualsiasi cosa trovasse. Quindi, non so cosa farò quando tornerò lì.”
Segui VICE News Italia su Twitter e su Facebook