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I Lost My Mind in Kashmir

Anni fa, senza prestare ascolto alle raccomandazioni dei nostri genitori, mia sorella e io abbiamo deciso di andare in vacanza in Kashmir. Era un luogo di incredibile bellezza, ma le continue dispute per i confini tra India e Pakistan sembravano averlo trasformato in una specie di inferno travestito da paradiso.

Al nostro arrivo a Delhi siamo stati immediatamente convinti a prendere un autobus per il nord. La durata prevista del viaggio era di 15 ore. Venticinque ore più tardi, dopo aver fatto amicizia con ogni capra, pollo, bambino urlante e uomo sdentato facente parte del carico di viaggiatori lungo una strada punteggiata di controlli dell’esercito, siamo arrivati in Kashmir.

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La casa galleggiante che avevamo affittato era accogliente e il paesaggio mozzafiato, quindi tutto sembrava promettere il meglio. Ci hanno subito offerto del chai, e abbiamo fumato dell’hashish. Una volta sistemati, ho chiesto se potevamo andare in città per rimediare un telefono. Volevo avvertire i miei genitori, ma ci è stato sconsigliato a causa dei disordini scoppiati tra l’esercito indiano e quello pachistano. Qualche giorno prima un politico era stato assassinato da un fanatico, e tutti erano all’erta.

Come potete immaginare, sentirmi dire che non potevo contattare la mia famiglia mentre ero estremamente fatto in un Paese straniero mi ha terrorizzato, soprattutto quando mi sono concentrato sugli altri occupanti della casa galleggiante: uomini armati, nessuna donna, e un sacco di tedeschi di dubbio aspetto con cicatrici sulla faccia, code rade e tatuaggi sospetti. Ho immediatamente cominciato a pentirmi della nostra decisione, ma mia sorella sembrava tranquilla e lusingata dalle attenzioni che riceveva da tutti gli uomini presenti. 

Il nostro padrone di casa ha cercato di calmarci dicendo che forse sarebbe stato “più sicuro domani,” una frase che ha finito per diventare la colonna sonora del nostro soggiorno. Non avevamo scelta se non quella di inserirci nel ritmo di quell’ambiente, che comprendeva hashish per colazione, hashish per pranzo e hashish per cena, intramezzato dall’occasionale dose di oppio. Una volta, un cecchino nascosto ha sparato un colpo di fucile nella nostra direzione. Ci sono stati anche veri momenti clou, però: le escursioni su piccole barche lungo gli affluenti del Lago Nagin, una visita al Palazzo Estivo, le amicizie che abbiamo stretto con i criminali residenti nelle barche vicine, e un matrimonio indiano al quale siamo stati invitati.

Alla fine non siamo morti. Oggi, 13 anni dopo, mi sono sposato. Lei è la donna dei miei sogni, a parte un unico, piccolo dettaglio: ha insistito sulla luna di miele in India. Le ho detto che non sarei mai tornato nel subcontinente, ma lei è ostinata, e mi ha assillato finché una sera a cena, in un momento di estrema debolezza, ho ceduto.

Ma sono contento di essere tornato, ho fatto un sacco di foto e penso che questo secondo viaggio mi abbia permesso di chiudere il cerchio.

Mentre eravamo lì, mia moglie mi ha chiesto perché fossi rimasto così scosso da quella prima volta. Ho pensato che non ci sarebbe stato modo migliore per spiegarlo che riportare alla luce una parte del mio diario, scritta tutti quegli anni fa.

10:13. Lunedì 11/06/1999-Kashmir

Sono ancora qui, a fumarmi il cervello, sospeso in una nube di fumo blu. Non appena mi sono svegliato e sono uscito, hanno preparato il cilum e suonato il didgeridoo.

Ho avuto una nottataccia; ho fumato così tanto da perdere i sensi. Non so perché mi stia capitando così all’improvviso, ma ho cominciato a soffrire di gravi attacchi di paranoia. Da quando ho scoperto che loro [i proprietari della barca] ci stanno fregando, la mia fiducia è stata fatta a pezzi e ogni parola che esce dalla loro bocca diventa immediatamente una bugia. Mi sembra che non riuscirò mai a scendere da questa fottuta barca e che la gente che la gestisce stia pianificando di torturarci e ucciderci. Ho paura e vorrei che mia sorella e io potessimo fare le valige e andarcene. Ma non possiamo. Quello che è peggio è che Malika [mia sorella] sembra divertirsi un sacco ed è circondata da ragazzi che le leccano il culo in tutte le direzioni perché è l’unica femmina sulla barca. Sono contento che si stia divertendo ma sono stufo di stare seduto a fumare hashish tutto il giorno con un gruppo di criminali come Aheem, il tedesco che dice di non poter più tornare a casa per un crimine senza nome che ha commesso e su cui vige il silenzio. C’è anche un tipo, Thomas, che sta cercando di comunicare con me telepaticamente. Non sono sicuro se stia funzionando o meno, perché, come ho detto, sono così fatto che tutto sembra un sogno, a volte bello a volte no.

La cosa peggiore è che mi sento responsabile per mia sorella e la sua vita e se succede qualcosa di brutto non sarò in grado di proteggerla. Qui la gente è armata, e tutto quello che ho io è un piccolo coltello da tasca che non ho mai usato su nulla di diverso da una mela. Ieri, mentre eravamo sulla barca piccola, uno ha sparato verso di noi. È stata una delle prime volte in cui io abbia mai temuto per la mia vita. Ho guardato le pallottole che si sparpagliavano nell’acqua, a meno di dieci metri da noi. Benny e io ci siamo guardati, con il cuore in gola, chiedendoci se ci sarebbe stata una seconda raffica. Ho cominciato a dare di matto, pensando che se fossi stato ucciso lì nessuno l’avrebbe saputo. Non parlo coi miei da quando siamo atterrati a Dehli quattro giorni fa, non sanno che siamo in Kashmir e mi ucciderebbero se scoprissero che ho portato mia sorella in un posto del genere.

Benny e io siamo riusciti a remare fino a tornare alla casa galleggiante senza ulteriori incidenti, ma più tardi ho scoperto che è stato ucciso un politico. 

Mi sento uno stronzo, uno stronzo americano. Forse sono le droghe, o forse è una combinazione tra le droghe e l’ambiente ostile e l’enorme cartello con scritto “IDIOTA” sulla mia fronte…


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