Il Sartù di Riso napoletano è un vero attentato alla salute
Ristoranti chiusi, mamme e nonne difficili da andare trovare. Dunque pasti homemade – e serie tv – restano l’unica gioia anche di questo secondo lockdown.
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Era da un po’ che avevo voglia di qualcosa di veramente tradizionale, una di quelle ricette napoletane ricche, imbottite e piene di condimento che risvegliano una fame ancestrale. Una di quelle cose che faceva solo tua nonna e che tua mamma prova a rifare ogni anno fallendo miseramente. Dopo la crostata di tagliolini a Pasqua, la lasagna qualche settimana prima, ecco l’illuminazione: il sartù di riso!
Cos’è il Sartù di Riso
Il sartù originariamente era sempre bianco perché il pomodoro era totalmente ignorato dalla cucina francese classica
Per quelle povere anime pie che non sanno di cosa sto parlando: il sartù di riso è un timballo a base di riso condito con una salsa preparata con la carne di manzo e imbottito con una sfilza di ingredienti magici – adesso vi dico quali – che lo rendono uno dei piatti più succulenti che siano mai stati pensati.
Ho subito chiamato Salvatore Giugliano, giovane chef della seconda generazione di Mimì alla Ferrovia, la storica trattoria nei pressi di Piazza Garibaldi che dal 1943 serve piatti fumanti alla media borghesia napoletana.
“Sasà, ho bisogno del tuo aiuto, devo fare il sartù di riso”
“E qual è il problema?”
Oltre a darmi la sua ricetta, Sasà mi ha raccontato anche che da bambino era un “magnamaccarune” e odiava il riso, lo mangiava soltanto quando era malato, ma quando assaggiò per la prima volta il sartù di Pellegrino, il primo chef di Mimì, cambiò idea. Oggi Sasà ha trasformato Mimì alla ferrovia in un ristorante legato alla cucina tradizionale di famiglia, modello su cui ha innestato la sua idea di cucina più sostenibile e legata ai prodotti locali. Il suo sartù è senza dubbio uno dei migliori che io abbia mai assaggiato.
La Storia del Sartù di Riso
Parentesi storica doverosa che apprendiamo in parte dal libro “La cucina napoletana” di Jeanne Carola Francesconi: nel 1700 i napoletani preferivano le salse espresse fatte con i pomodorini o con altri prodotti locali e non capivano la complessità delle salse francesi. Tanto è vero che le “sauce” le chiamavano “zoza” per indicare qualcosa di poco gradevole.
Alcuni cuochi francesi, i famosi monsù – dal francese “monsieur” – vennero così chiamati a corte da Maria Carolina d’Austria, moglie di Ferdinando I di Borbone che non amava la cucina partenopea. Come racconta il Duca Ippolito Cavalcanti – cuoco e letterato napoletano – la parola sartù deriva infatti dalla parola francese sur-tout, che originariamente era un pezzo di oreficeria o di porcellana poggiato su un grande vassoio da cui partivano numerosi bracci su cui si poggiavano sale, pepe, spezie, etc.. Sul braccio centrale più alto, invece, veniva poggiato un grande cesto che serviva a contenere la portata più scenografica che stava così sur-tout, sopra di tutto. Con il passare del tempo il termine è stato poi napoletanizzato in “sartù” indicando soltanto questo timballo di riso particolarmente elaborato.
Il sartù originariamente era sempre bianco perché il pomodoro era totalmente ignorato dalla cucina francese classica. Oggi invece si tende a farlo anche totalmente rosso, o bianco con qualche cucchiaiata di ragù napoletano sul ripieno.
Io ho riprodotto la ricetta di chef Sasà che è bianca come l’originale, ma con qualche pomodorino nella preparazione della salsa di carne.
Se siete arrivati fin qui avrete ormai capito che si tratta di un vero e proprio attentato alla vostra salute. No, a parte gli scherzi, è un procedimento lungo e con molti passaggi, ma non scoraggiatevi! Se ci sono riuscita io, credetemi, potete farlo anche voi.
Come fare il sartù di riso a casa
Qualche raccomandazione dello chef: se potete cercate di fare qualche preparazione il giorno prima (tipo la salsa di carne) così da ottimizzare i tempi. Io ho fatto tutto in un giorno – come sempre con la fida fotografa Alessandra che stavolta si è improvvisata sous-chef – ma non ho lasciato la cucina dalle 10 di mattina fino alle 6 del pomeriggio, quindi, tolto il tempo delle foto, ci ho messo poco più del tempo di un film di Bergman.
Altra cosa: essendo un procedimento elaborato, non vale la pena farlo in quantità esigue, quindi vi darò le dosi per 1 kg di riso che basteranno per circa una decina di persone.
Bene, partiamo.
Per il Brodo Vegetale
- 3 carote
- 3 gambi di sedano
- 1 cipolla
- 1 patata grande e 5 o 6 pomodorini *
Qui la preparazione direi che posso risparmiarvela e saltare direttamente alla salsa.
Per la salsa di carne definitiva
- 200 gr di carne di manzo (corazza o muscolo – li troverete facilmente da qualsiasi macellaio)
- 2 gambi di sedano
- 4 carote
- 5 o 6 pomodorini ciliegini (o quelli che avete in casa)
- 1 kg di cipolle dorate (anche bianche andranno benone)
- 250 ml di vino bianco
- Sale q.b.
- *
Prepariamo una brumoise di verdure, cioè tritiamo finemente sedano, carote e cipolle. Visto che sono tante cipolle, a meno che non vogliate scoppiare in un pianto convulso in stile “I ponti di Madison County”, vi consiglio di mettere degli occhialini da piscina o semplicemente degli occhiali da sole molto grandi.
Mettete quindi 100 cl di olio evo in una pentola dai bordi larghi. Giunto a temperatura aggiungete la carne di manzo tagliata a pezzettini e rosolatela a fuoco vivo per “sigillarla” esternamente. A questo punto aggiungete la brumoise.
Fate brasare bene per qualche minuto e poi aggiungete il vino bianco e i pomodorini.
Abbassate il fuoco e fate cuocere a fuoco lento mescolando ogni tanto per non farla attaccare. Il tutto per circa 2 ore (io l’ho tenuta una ventina di minuti in più finchè la cipolla non è diventata marroncina). Quando la vostra cucina – e la vostra casa – saranno inondate di un profumo ultratterreno quello sarà il segnale che è pronta.
Fatela raffreddare per una decina di minuti e poi, secondo consiglio dello chef, frullate tutto con un frullatore a immersione così da amalgamarla più facilmente al riso. Fatto? (Scusate momento art attack). Ok, ora mettetela da parte e dedichiamoci alle polpettine.
Per le polpettine (che goduria!)
- 50 g di carne di manzo macinata
- 50 g di mollica di pane raffermo
- 1 uovo
- 1 cucchiaio di pecorino romano grattugiato
- 1 cucchiaio di parmigiano reggiano grattugiato
- Aglio q.b. (io ne ho messo metà tritato finemente)
- Prezzemolo q.b.
- Sale e pepe q.b.
- Olio di semi (di arachidi o di girasole) q.b. x friggere *
Magari la maggior parte di voi sa esattamente come fare delle polpettine, ma magari anche no.
Queste qui devono essere della dimensione giusta (né troppo piccole né troppo grandi) e hanno bisogno di alcune attenzioni in frittura. Quindi, mettete tutti gli ingredienti (carne tritata, mollica di pane raffermo, uovo, pecorino, parmigiano, prezzemolo, aglio, sale e pepe) in una ciotola e impastate energicamente. Realizzate delle piccolissime polpettine, più o meno delle dimensioni di una falange, tipo così:
Finito l’impasto friggete tutto in abbondante olio di semi come se non ci fosse un domani. Per la temperatura dell’olio se non avete un termometro da cucina potete fare la classica prova dello stuzzicadenti o della mollica di pane. Non siate avari con l’olio per la frittura e non mettete troppe polpettine tutte insieme nell’olio altrimenti rischiate che si attacchino tra loro o che assorbano troppo grasso e diventino untuose e molliccie.
Giratele con un cucchiaio di legno e quando diventano dorate e croccantine tiratele su con una schiumarola e mettetele su qualche foglio di carta assorbente.
Per i piselli e prosciutto
- 250 g di piselli (quelli surgelati andranno benissimo, ma se li avete freschi ancor meglio)
- 100 g di prosciutto cotto
- ½ cipolla dorata
- Brodo vegetale q.b. (un mestolo andrà bene)
- Sale q.b.
Fate sciogliere una noce di burro con un filo d’olio evo in padella a fuoco dolce. Quando l’olio è caldo aggiungete il prosciutto cotto tagliato a pezzettini e fate soffrigere con la cipolla tritata. Dopo qualche minuto aggiungete i piselli e fate cuocere per circa 20 min aggiungendo il brodo vegetale.
Ma mentre cuociono i piselli occupiamoci del grande protagonista.
Per il riso – (lol)
- 1 kg di riso bianco
- Brodo vegetale q.b. ( io ne ho usato 1 litro e ½ )
- 50 g di Parmigiano reggiano grattugiato
- 50 g di Pecorino romano grattugiato
- 250 g di fiordilatte
- 5 uova sode
- Olio evo q.b.
- Burro q.b.
- Pangrattato q.b.
- Sale e pepe q.b.
Portate a temperatura medio alta un filo d’olio evo in una pentola capiente, buttateci il riso e fatelo tostare per un paio di minuti. Quando i chicchi sono diventati bianchi aggiungete una po’ di brodo vegetale e fate cuocere a fuoco medio per i primi 3 minuti. Trascorsi questi 3 minuti aggiungete una parte (circa la metà) della salsa di carne e continuate a mescolare il riso aggiungendo brodo vegetale.
Dopo circa 9-10 minuti il riso dovrebbe essere pronto. Spegnete il fuoco e aggiungete (sempre una parte) piselli, polpettine, fiordilatte tagliato a cubetti, pecorino, parmigiano e mescolate cercando di ottenere un composto asciutto ma cremoso.
Ora, prendete metà del composto e mettetelo in uno stampo imburrato e ricoperto di pangrattato. Io ho utilizzato lo stampo per le ciambelle, quello con il buco al centro, ma se non lo avete potete tranquillamente utilizzare una teglia o un ruoto da forno, basta che vi consenta poi di girarlo a fine cottura.
A questo punto andiamo giù con l’imbottitura e aggiungiamo la metà restante di fiordilatte, piselli, polpettine, prosciutto cotto, uova sode tagliate a dadini (si anche le uova lo so, ma non morirete lo giuro) e salsa di carne. Ricoprite con il restante riso fino a riempire lo stampo e completate con l’ultimo strato di sugo di carne. Se volete potete aggiungere dell’altro parmigiano sopra per far fare la crosticina – come se non bastasse tutto il ben di dio che ci avete schiaffato dentro.
Cuocete in forno preriscaldato a 160° per circa 15/16 minuti (il mio ci ha messo un pochino in più, ma dipende dal forno che utilizzate).
Gran Finale
Siete pronti? È il momento di sformare lo sformato.
Mi sono accorta subito che avrebbe forse dovuto cuocere qualche minuto in più, il pangrattato è ancora troppo chiaro. La ciambella però c’è, è rimasta intonsa e si è staccata perfettamente dalle pareti dello stampo (miracolo?). È talmente bella che mi dispiace quasi tagliarla, ma nel frattempo mi accorgo che Alessandra sta salivando, quindi affondo il coltello e addento.
Beh, per essere la prima volta posso ritenermi più che soddisfatta.
Grazie Sasà e buon sartù e Natale a tutti.
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