Nell’ultimo decennio sempre più occidentali si sono riversati in Amazzonia per provare l’elisir più famoso della zona: l’ayahuasca. Nella giungla il miscuglio di piante è conosciuto come “la vite dell’anima” o “la vite dei morti”.
Chi l’ha provata dice che apre la mente e cambia la vita — un’esperienza senza paragoni, insomma.
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L’ayahuasca attira gli occidentali in Amazzonia per diverse ragioni. C’è chi sta cercando un ‘risveglio spirituale’, e chi invece vuole essere curato da dipendenze e malattie gravi.
Altri la provano per riprendersi da un lutto, per combattere l’ansia o, più semplicemente, per sperimentare la ‘regina’ delle droghe.
Per soddisfare la domanda crescente, tra il Perù e il Brasile sono sorti centinaia di resort turistici che offrono l’ayahuasca.
Ma se gli occidentali adorano le sue capacità inebrianti, non tutti gli amazzoni vedono di buon occhio l’ascesa del turismo dell’ayahuasca.
Vidal Jaquehua, un uomo di origine Quechua, è preoccupato da come il turismo legato all’ayahuasca sta cambiando il suo paese. Nato e cresciuto sull’altopiano di Cuzco in Perù, Jaquehua gestisce un tour operator chiamato Adios Adventure Travel, il quale si rifiuta di offrire soggiorni nei resort dove si prova l’ayahuasca.
“Il nome suggerisce che sia la vite dei morti, quindi non ci si deve scherzare,” mi dice Jaquehua. “Non offriamo questo tipo di viaggi perché rispettiamo la nostra gente, i nostri costumi e tradizioni e crediamo che ci siano dei rituali che devono essere capiti e rispettati.”
La filosofia di Jaquehua è sempre stata quella di “lasciare che la gente lo pratichi senza trasformarlo in un business.” A differenza sua, però, molti altri hanno aperto resort che spesso offrono ai turisti la potentissima pianta, senza le conoscenze e le cautele necessarie.
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“Da quando l’ayahuasca è diventata popolare tra i turisti stranieri – e, allo stesso tempo, sempre meno in voga tra gli indiani – sono comparsi pseudo sciamani da tutte le parti,” racconta Valerie Meikle, una maestra di reiki di Bogotá.
“Ciò vuol dire che i rituali ayahuasca hanno perso il loro potere originario e molto spesso la cerimonia viene adattata per accontentare gli stranieri che sono pronti a pagare caro per cerimoniali di scarsa qualità.”
Sono proprio queste attività commerciali a preoccupare chi lotta per difendere i diritti della popolazione indigena. Cultural Survival, un’associazione no profit americana che aiuta le popolazioni native a proteggere le loro culture, è tra questi.
“L’ayahuasca è una pratica spirituale culturale radicata in alcune culture e non dovrebbe essere commercializzata e sfruttata, ma protetta [come] un rito sacro privato,” dice Agnes Portalewska, l’addetta stampa di Cultural Survival.
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Il dibattito però è acceso. Se alcuni sostengono che la commercializzazione dell’ayahuasca abbia impoverito il rituale, altri credono invece che abbia contribuito a riportare la regione al centro dell’attenzione.
Il ritorno dell’interesse globale per l’ayahuasca ha dato vita a una sorta di rinascita culturale, e i giovani del posto si stanno interessando alle tradizioni di un tempo.
L’arrivo dei turisti ha anche portato molti soldi in una delle zone più povere della Terra. Città intere, come Iquitos in Perù, hanno ricostruito le proprie economie grazie a questo tipo di turismo. La pianta è anche entrata nel patrimonio culturale nazionale.
“Essere un amazzone non garantisce che la persona in questione sia qualificata o abbia buone intenzioni,” dice Luis Eduardo Luna, antropologo e studioso dell’ayahuasca nato nell’Amazzonia colombiana.
‘Alcune persone si stanno arricchendo molto, ma le comunità indigene dove sono nate queste pratiche continuano a vivere in condizioni di povertà’
Ma vale comunque la pena chiedersi: chi alla fine trae vantaggio da questa pratica, e dove vanno a finire i guadagni?
“I gruppi indigeni dell’Amazzonia sono tra le comunità più povere e marginalizzate al mondo,” dice Lesly Vela, operatrice dell’associazione no profit Yageceros, la quale punta a preservare la cultura tradizionale dei gruppi indigeni nell’Amazzonia colombiana.
Anche se molti sciamani – sia stranieri che locali, sia veri che improvvisati – assumono indigeni e contribuiscono alla comunità locale, molti altri non lo fanno.
“L’ascesa del turismo dell’ayahuasca e la sua popolarità in Occidente potrebbero risolvere questi problemi, ma solo se accettiamo la responsabilità e lavoriamo insieme,” dice Vela. “Alcune persone si stanno arricchendo molto, ma le comunità indigene dove sono nate queste pratiche continuano a vivere in condizioni di povertà e subiscono i rischi derivanti da diversi problemi ambientali e sociali.”
Già nel 1999 una dichiarazione dell’Unione dei Guaritori Indigeni dell’Ayahuasca dell’Amazzonia colombiana evidenziava che “nemmeno alcuni dei nostri fratelli indigeni rispettano il valore della nostra medicina e se ne vanno in giro a truffare la gente, vendendo i nostri simboli nelle città.”
Altri indigeni, le cui culture originarie non prevedono l’ayahuasca, stanno seguendo la moda e adottando la tradizione per fare soldi. Appropriazioni culturali di questo tipo si stanno espandendo in tutta l’Amazzonia.
Jaquehua ci indica la sua città nativa di Cuzco come esempio: “Quando un abitante del posto vede un cartello che promuove le cerimonie dell’ayahuasca, dice, ‘Ma non dovrebbe essere un rituale fatto nella giungla?’ La gente farebbe di tutto per i soldi.”
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Foto di Terpsichore
Pubblicato originariamente su VICE US.