vasco dentro
Tutte le foto © Ray Banhoff
Musica

Nello spericolato mondo dei sosia di Vasco Rossi

Il mondo dei sosia del Blasco può sembrare popolato da scoppiati ed esibizionisti, ma visto da vicino è una lezione su come credere in se stessi e sfuggire alla noia.
Giacomo Stefanini
Milan, IT

C'è un vecchio articolo di VICE che parla del fenomeno degli imitatori di Elvis europei, un trend che in certe parti del nostro continente non ha mai smesso di funzionare e che coinvolge principalmente uomini di una certa età dalla vita non proprio esaltante, che si muovono più che altro tra bar malfamati e addii al celibato trash. C'è un paradosso di fondo che nel vedere le foto risulta ridicolo: lo spirito del re del rock'n'roll, dell'alieno dal bacino d'oro, trascinato nel metaforico fango di un'esistenza ai margini.

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Di tutt'altra pasta è la realtà raccontata da Vasco Dentro - Prova a essere me, il libro pubblicato di recente dal fotografo Ray Banhoff che raccoglie le foto e le storie di decine di italiani comuni che hanno deciso, per passione e in certi casi anche per lavoro, di essere Vasco Rossi. Sarebbe facile tracciare il parallelo con gli aspiranti Elvis, ma la differenza con l'altro re del rock di cui parlavo all'inizio, oltre ad alcuni decenni di carriera in più, è che Vasco è un uomo del popolo, tutto il contrario di un dio dorato che fluttua a un livello irraggiungibile. Per i suoi imitatori, sosia o emuli non si tratta di vivere un sogno da rockstar per un'oretta durante il weekend: chi inforca il cappellino e gli occhiali tira fuori il proprio Blasco interiore, quella parte di sé che è un po' sfrontata, un po' poetica, un po' fatta—in un urlo liberatorio che suona più o meno tipo "eeee".

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Ray, che all'anagrafe si chiama Gianluca, è un fotografo e scrittore che ha lavorato per Riders, City, Playboy, Radio 105, Virgin Radio Italia e RMC, tra gli altri. Il libro, che oltre alle foto contiene anche diversi scritti che raccontano le storie dei soggetti, si può preordinare su Crowdbooks. Ci siamo fatti passare qualche foto in anteprima e abbiamo rivolto alcune domande all'autore.

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VICE: Con quale idea avevi iniziato il progetto e che cosa hai imparato portandolo a termine? Ray Banhoff: È nato tutto da un'esigenza personale. Avevo appena perso il lavoro e lasciato Milano in pochi giorni, dopo che per anni avevo fotografato solo persone famose e poi eccomi lì, a 35 anni, tornato in provincia in Toscana dove non mi prendevano a lavorare nemmeno da McDonald's. Martina Spagnoli, che è la mia compagna e la mia editor, mi trascinò in Puglia per distrarmi un po'. Una sera vedemmo uno vestito da Vasco che si esibiva in un baretto. Una bomba, la gente piangeva, le coppie si baciavano, sembrava di assistere a un documentario sull'Italia—ma dal vivo. Il cantante incarnava Vasco. Era un muratore, un uomo semplice, parlava solo in dialetto, eppure aveva una grinta e una potenza sbalorditive. In quel momento mi dette forza. Lo ammiravo. Avrei voluto avere le sue palle. Le palle di stare lì su un palco, di affrontare la vita con la sua grinta. Lui se la godeva, mentre io ero un groviglio di ansia e paranoia per il mio conto in rosso. Decisi di fotografarlo perché volevo ancora un po' della sua adrenalina. Avevo bisogno di aggrapparmi a qualcosa che mi tenesse a galla. Questo progetto mi ha fatto uscire dalla palude e riprendere fiducia in me e nel mio lavoro.

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Non è un libro su Vasco, lo dico sempre. Vasco è un pretesto. Mi sono messo a cercare e ho scoperto che in Italia c'erano decine di cloni di Vasco, alcuni con un seguito da rockstar, altri completamente amatoriali. Li volevo collezionare e raccontare per primo. Mano a mano che li fotografavo, nel corso di due anni e di vari cambiamenti nella mia vita, mi rendevo conto che era un lavoro importante. Ma è stata Martina a credere fin da subito che dovesse diventare un libro. Lei lo ha visto e assemblato, ha scelto le foto. Nessun editore era pazzo abbastanza da farlo perché è un libro ibrido tra racconto e fotografia (ci sono 100mila battute di testo), ma per fortuna abbiamo incontrato Stefano Bianchi di Crowdbooks e lui ha subito capito il valore di tutto questo e ci ha dato carta bianca.

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Che cosa hai capito di Vasco osservando i suoi cloni?
Quello che già sapevo studiando i suoi testi. Lui è un simbolo di cui la gente ha bisogno, perché parla di emozioni vere, perché è caduto e si è rialzato (droga, arresti, amori finiti, amici persi, tradimenti), perché è sempre stato vicino a ciò che canta. Oggi lo osannano tutti, ma per anni è stato deriso, messo in un angolo, considerato un loser. E non ha mai mollato, anzi, in quegli anni ha scritto le cose migliori. La gente questa sofferenza la prova tutti i giorni e in lui ha trovato un megafono. Quando ha cominciato a riempire gli stadi è stata una rivincita per tutti. È schietto e parla schietto e tutti lo amano per la facilità con cui lo fa. Il suo messaggio è talmente forte che la gente lo percepisce anche quando a portarlo sul palco è un tizio di 135 kg (l'ho incontrato). È come se avvenisse una trasfigurazione, qualcosa di speciale, i Vaschi canalizzano il messaggio del Vasco vero.

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Quale soggetto ti ha colpito di più tra quelli che hai fotografato?
Sono legato a tanti di loro, le loro storie sono ben raccontate nel libro. Di pancia ti dico Tonio Pappadà, un ex calciatore salentino, perché mi ha fatto piangere. Mi ha fatto imbucare a un matrimonio in una masseria in cui suonava per una coppia che si era conosciuta al suo concerto. È salito sul palco senza che la sposa sapesse nulla e quando lo hanno visto sono tutti impazziti. Gli sposi ballavano e lui cantava per loro mentre i bambini facevano casino e gli anziani mangiavano e filmavano col cellulare. Sembrava un film di Sorrentino. Tonio, mentre cantava "Stupendo" in mezzo alle damigelle e ai camerieri, piangeva. Aveva perso la sua compagna, anche lei fan di Vasco, e in quel momento di sicuro pensava a lei. Io non ne sapevo niente, ma ti giuro che mi sono commosso. Credo di aver pianto meno di dieci volte nella vita.

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Che messaggio vuoi dare con questo libro?
Questo è un libro sul riscatto. Alcuni dei soggetti saranno sicuramente visti come dei freak, ma sai che ti dico? Oggi siamo ossessionati da un'idea di figaggine che sostanzialmente non esiste. Uno sta bene ed è felice quando è se stesso. I miei Vaschi sono gagliardi e godono di quello che fanno e per me sono degli eroi. Molti di quelli che ho scattato hanno fatto di questa passione un lavoro, alcuni ci campano proprio e penso sia un bellissimo esempio di come credere in se stessi e reinventarsi. Vasco Dentro è un manuale per chi si è smarrito e non sa come fare a ritrovarsi.

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Pre-ordina Vasco Dentro - Prova a essere me su Crowdbooks.

Tutte le foto sono tratte dal libro Vasco Dentro di Ray Banhoff.

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