jody smith cervello operazione amigdala
Jody Smith all'epoca dell'
Salute

A questo 32enne è stata rimossa una parte di cervello, e ora non prova più paura

“Mi riferisco a quel tipo di paura che si prova davanti alla morte o a una ferita molto seria. Questa è la paura che mi è stata rimossa.”
Gavin Butler
Melbourne, AU
Daniele Ferriero
traduzione di Daniele Ferriero
Milan, IT

Prima di compiere 28 anni, Jody Smith era ossessionato dall’idea della morte. Forse era dovuto a un difetto del sistema nervoso. Oppure alla morte del padre e del fratello, avvenute quando era ancora giovane. In ogni caso, questo timore lo consumava e riempiva di ansia—almeno finché non gli è stata asportata una parte del cervello: l’amigdala destra, che gestisce il meccanismo di risposta alle minacce, analizza le informazioni sensoriali e, in certe situazioni, attiva quelle sensazioni che normalmente associamo alla “paura.”

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Ora Smith, a 32 anni, non ha più paura di niente. Quantomeno a livello fisiologico, è diventato del tutto impavido. “Quando dico che non provo più ‘paura’, uso questa parola per descrivere una sensazione ben precisa,” racconta Smith, che vive a New York. “La gente tende a descrivere un sacco di cose diverse con questo termine, ad esempio dice ‘Ho paura delle ragazze’ o ‘Ho paura di fallire’. Ma io parlo di quel che si prova davanti alla morte o a una ferita molto seria. Questa è la paura che mi è stata rimossa.”

Da quando ha subito l’operazione, Smith sostiene che “i meccanismi che scattano per evitare i pericoli, sono stati sostituiti da una loro versione più logica.”

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Smith si è sottoposto a chirurgia al cervello dopo aver fatto esperienza di forti casi di ansia e panico.

A Smith è stata diagnosticata l’epilessia quando aveva 26 anni. Circa tre volte al giorno, senza preavviso, si sentiva come se qualcosa di brutto stesse per accadere o fosse appena accaduto. Poi arrivava il panico e una reazione di attacco o fuga. All’inizio non era chiaro si trattasse di attacchi epilettici.

In un’occasione, Smith si era accorto dell’arrivo di una crisi mentre si trovava con la sua famiglia e, uscito per prendere un po’ d’aria, era svenuto. Aveva poi scoperto di aver strisciato e incespicato nel giardino dei vicini, come ubriaco. Si ricordava a malapena dell’accaduto. Poco tempo dopo, uno specialista gli ha diagnosticato l’epilessia.

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“La chirurgia era l’unico modo per evitare la possibilità che le crisi epilettiche peggiorassero, danneggiandomi il cervello e potenzialmente uccidendomi,” spiega Smith. Dopo due anni di tentativi di cura e fallimenti con diversi medicinali, si è quindi sottoposto a una operazione.

L’intervento è stato realizzato in due fasi. Prima di tutto, i dottori hanno impiantato delle sonde nel cervello di Smith, poi hanno impiegato una settimana a cercare di indurre una crisi, in maniera da localizzare le parti interessate. In quei momenti, Smith sostiene di aver intenzionalmente “torturato” se stesso per farsi venire le convulsioni, ascoltando Skrillex a tutto volume e privandosi del sonno. A un certo punto, i dottori gli hanno “prescritto” una birra per provare a sveltire le cose.

Dopo una settimana e nuovi test, i chirurghi hanno deciso di operare, rimuovendo la metà anteriore del lobo temporale destro, l’amigdala destra e l’ippocampo, sempre a destra, prima di ricucirgli la testa. Tre giorni dopo l’operazione, Smith ha potuto lasciare l’ospedale. E, praticamente da subito, ha notato qualche cambiamento.

“Subito dopo l’operazione mi sentivo già molto diverso,” ricorda. “Semplici rumori che prima avrebbero scatenato una crisi epilettica ora semplicemente mi agitavano… inoltre ho sviluppato alcuni problemi di memoria e un disturbo da deficit di attenzione.” Dopo due settimane, Smith si è anche reso conto che non era più ossessionato dal pensiero della morte. Sulla carta, si trattava di uno sviluppo positivo. Solo un anno più tardi, tuttavia, è riuscito a comprendere davvero l’estensione del cambiamento.

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Un giorno, mentre stava camminando a Newark, in New Jersey, una donna ha urlato verso un gruppo di uomini e poi lo ha indicato. Il gruppetto si è avvicinato e gli ha chiuso le vie di fuga. Smith si è reso conto che stava per essere rapinato. Eppure, invece di tremare, cercare riparo o evitare il gruppo, ha continuato a camminare con disinvoltura, dritto attraverso la cintura che gli avevano formato intorno. È stata una sorpresa tanto per lui quanto per i suoi potenziali assalitori. “Apparentemente,” racconta, “la mia mancanza di paura li ha colpiti.”

Qualche tempo dopo, dopo essere stato morso da un ragno, Smith si è reso nuovamente conto di comportarsi con molta più nonchalance del solito. “Mi sono limitato a guardarlo, non l’ho nemmeno scacciato,” ricorda. “Mi sono semplicemente detto, ‘Oh, mi ha morso, fa male. Cosa dovrei fare ora?’”

Smith ha poi cercato di testare i limiti di questo coraggio esponendosi a situazioni che prima lo avrebbero terrorizzato. Stava cercando quella sensazione che si prova in bilico sul vuoto, fatta di batticuore, palmi sudati e formicolio ai piedi. Perché ormai l’aveva persa.

“Visto che adoro camminare e fare escursioni, mi capita spesso di trovarmi vicino a qualche dirupo e mi sono accorto che l’esperienza era in qualche modo cambiata,” conferma. “Se mi capitava di scivolare durante un’arrampicata, riuscivo ancora a sentirne la tensione. Eppure, non percepivo la parte paurosa. A quel punto ho cominciato a fare degli esperimenti e a camminare intenzionalmente verso i precipizi, per vedere come avrebbe reagito il mio istinto.”

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I medici, tuttavia, non erano particolarmente sorpresi di constatare il cambiamento. “Ne ho parlato con il mio neurochirurgo,” conferma. “E mi ha risposto, ‘Sì, ha senso, perché ti ho tolto una parte dell’amigdala.’”

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Esistono diversi casi di pazienti affetti da stress e traumi, ai quali l'ablazione dell'amigdala ha portato giovamento.

La dottoressa Sanne van Rooij, ricercatrice in psichiatria e scienze comportamentali presso la Emory University negli USA, ha studiato per anni le ablazioni, o esportazioni chirurgiche, dell’amigdala. Anche lei crede a quanto raccontato da Smith: “È del tutto in linea con la nostra esperienza riguardante i pazienti epilettici e queste procedure chirurgiche.”

Nel 2020, Van Rooij e colleghi hanno studiato due pazienti ai quali era stato diagnosticato un disturbo post traumatico da stress (PSTD) in comorbilità, caratterizzato dall’intensificazione della risposta allo stimolo della paura davanti a fattori scatenanti. Dopo l’operazione all’amigdala destra, entrambi i pazienti hanno smesso di soddisfare i criteri per il PSTD. “L’amigdala è essenziale per elaborare gli stimoli legati alla paura e per combinarli con le informazioni contestuali fornite dall’ippocampo,” spiega Van Rooij. “Rimuovere l’intera amigdala destra può impattare drasticamente su questi processi e risultare in un individuo che non prova più paura anche quando gli vengono presentate informazioni sensoriali che normalmente dovrebbero scatenarla.”

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Esistono diversi precedenti simili e ben conosciuti. Alex Honnold—uno scalatore in solitaria, nonché la prima persona che nel 2017 ha scalato senza corde i 2.307 metri della facciata di El Capitan, nel parco nazionale di Yosemite—è probabile abbia un’amigdala “notevolmente ridotta.” Gli esperti hanno eseguito una risonanza magnetica sul suo cervello e ne hanno monitorato l’attività cerebrale mentre gli mostravano diverse immagini che avrebbero dovuto scatenare una “reazione di attacco o fuga.” Nonostante gli stimoli sensoriali, si è rivelato praticamente impossibile stimolare l’amigdala di Honnold. Gli scienziati hanno concluso che questo potrebbe in parte spiegare la sua apparente immunità alla paura, così come la sua capacità di arrampicarsi a quei livelli senza nemmeno tremare.

Ne deriva che le persone a cui manca l’amigdala destra è più probabile finiscano in situazioni pericolose, se non proprio letali? Non necessariamente. Van Rooij sottolinea che “basandoci sulle attuali ricerche e sulle casistiche, la mancanza della paura non è necessariamente un esito preoccupante.”

“Per quanto la risposta allo stimolo della paura sia sempre stata considerata fondamentale per la sopravvivenza, nella società odierna, e per la maggior parte di noi, non è altrettanto importante. Le minacce oggi possono essere imparate e riconosciute, in aperto contrasto rispetto al passato, quando la sopravvivenza dipendeva proprio dalla reazione appropriata di fronte ai pericoli,” spiega. Van Rooij sottolinea che “al contrario, oggi può essere invalidante reagire in maniera esagerata a uno stimolo legato a un evento stressante ma non potenzialmente fatale.”

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Questo combacia con il resoconto di Smith. L’ansia al pensiero della morte è sparita e il “meccanismo di fuga” è scomparso, ma l’uomo è ancora capace di riconoscere il pericolo, nonché di interpretare in maniera cosciente le informazioni sensoriali, analizzare una situazione e capire cosa deve essere fatto per non mettersi in pericolo. Questo è precisamente ciò che Smith intende quando parla di una “versione più logica” della paura. “Continuo a desiderare di non farmi male e non voglio commettere alcun tipo di errore a riguardo,” spiega. “Ma l’istinto è in gran parte scomparso.”

Non solo, Smith racconta anche di essere diventato molto più estroverso e ciarliero. Inoltre, il disgusto nei confronti della mancanza di igiene è diminuito, “prima avevo sempre timore di sporcarmi troppo le mani, ora mi limito a pensare che le laverò.” Al contempo Smith è diventato più prudente, grazie alla consapevolezza di dover stare più attento alle minacce potenziali.

A parte qualche piccola complicazione ulteriore, Jody non si è mai sentito così bene. La vita, sotto molti aspetti, ora è più facile. “La mia ansia della morte era un problema. Le maggiori conseguenze negative le ho avute sulla memoria e la concentrazione. Ma la mia vita è decisamente migliorata e, in fondo, ci sono i miei altri istinti a rimpiazzare la sensazione della paura.”

Un fatto che spinge a chiedersi: abbiamo davvero bisogno della nostra amigdala destra? O causa più problemi di quelli che risolve? Per tutta risposta, Van Rooij spiega che c’è una grande differenza tra un’amigdala che funziona a dovere e un sistema nervoso mal funzionante, come riscontrato in pazienti epilettici come Smith o in quanti riportano un disturbo da stress post traumatico. In questi casi l’asportazione dell’amigdala si è dimostrata necessaria perché le sensazioni di panico e stress venivano attivate anche in situazioni poco rilevanti o significative. In tutti gli altri casi, però, probabilmente è meglio tenersi il proprio meccanismo di risposta alla paura.

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I chirurghi hanno rimosso la metà anteriore del lobo temporale destro, l’amigdala destra e l’ippocampo, sempre a destra, prima di ricucirgli la testa.

“Un’amigdala che lavora in modo adeguato serve a elaborare la paura e a integrare in maniera corretta le informazioni contestuali elaborate dall’ippocampo, ed è cruciale per guidare i nostri comportamenti. Nessuna persona in salute potrebbe trarre beneficio dal non provarne più lo stimolo,” sostiene Van Rooij. “Ma se la tua amigdala è sempre attiva, e se i tuoi circuiti neurali non regolano in maniera adeguata la paura, le nostre ricerche suggeriscono che l’ablazione dell’amigdala destra possa aiutare il sistema a non finire in uno stato di allerta costante.”

In questi casi, i benefici potenziali compensano i rischi. “Il caso di Smith, così come le nostre ricerche, indicano che nella società attuale si può sopravvivere senza quella parte di amigdala, usando le associazioni indotte tra certe situazioni e il pericolo,” conferma. Questo è un discorso interessante, e utile per poter riconsiderare l’importanza della paura, che di fatto è solo un istinto, una delle nostri emozioni primigenie e un riflesso del cervello fatto di input sensoriali, chimica e segnali elettrici. Per molti di noi non è possibile sfuggirle. In fondo, ci ha mantenuti in vita. Ma non abbiamo necessariamente bisogno di provarla per vivere.

“La paura ha un che di meccanico, più simile a un mal di testa che a un pensiero o un’emozione,” sostiene Smith. “Da quando l’ho eliminata, preferisco descrivere la mente e le problematiche psicologiche non tanto come difetti della personalità, ma come dei processi dell’organismo. È incredibile quanto la mia mente e i sentimenti si siano dimostrati semplici e banali. E quanto la paralizzante paura della morte non facesse davvero parte di me.”

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Smith, che ora ha 32 anni.

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