Quando, dieci anni fa, Beatrice* prova un inspiegabile e netto calo del desiderio, è giovane e confusa. A ventuno anni, si trova alle prese con tutte le regolari complicazioni della prima relazione seria ma anche con qualcos’altro, che la fa stare male ma non riesce a capire. Né lei né il suo ragazzo sanno che cosa stia succedendo, ma la situazione è pesante.
“I nostri desideri non corrispondevano, quindi lui si sentiva respinto e io mi sentivo in colpa perché non capivo per quale motivo non avessi [voglia di fare sesso],” racconta. I rapporti diventano sporadici, meccanici, a volte addirittura dolorosi. Fatica anche a parlarne, perché mancano le parole giuste: Beatrice è depressa e continuerà a esserlo per anni, senza saperlo.
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La depressione è il disturbo mentale più diffuso in Italia e, stando all’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2020 diventerà il più diffuso al mondo e la seconda malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari. Quando si pensa alla depressione, però, i cambiamenti nella sfera sessuale sono spesso sottovalutati. Eppure chi convive con questo disturbo può sviluppare disfunzioni sessuali, come un calo del desiderio, della capacità di eccitarsi (quindi, secchezza vaginale per le donne e impotenza per gli uomini) e difficoltà a raggiungere l’orgasmo—tutti aspetti che a loro volta possono aggravare il malessere e l’isolamento, in quello che diventa un vero e proprio circolo vizioso.
“Quando lo psicologo mi ha detto che ero depressa, in realtà erano già un paio d’anni che sia io che il mio ragazzo intuivamo che probabilmente c’era un problema, anche perché stavo un po’ meglio rispetto al mio periodo peggiore, quindi avevamo visto la differenza,” continua Beatrice. A quel punto, anche il calo del desiderio ha una spiegazione e l’argomento può essere affrontato diversamente anche col suo ragazzo.
“Finché non si capisce che potrebbe essere depressione, che potrebbe esserci un momento di disturbo mentale, si indaga sempre dalla parte sbagliata,” ricorda. Oggi la sessualità di Beatrice segue un po’ l’andamento della malattia, ma l’appagamento progredisce insieme al percorso di cura. “Dipende un po’ tutto da come mi sento io,” ammette. “Ci sono momenti di maggior buonumore, quando ho un miglior rapporto con il mio corpo, e poi ci sono momenti in cui non penso più al sesso per un po’.”
Su indicazione del suo psicologo, si è rivolta anche a uno psichiatra per ricevere una terapia farmacologica che la sostenga al meglio: “[Lo psicologo] sapeva che ero fidanzata e tutto il resto, e mi ha detto, ‘Poi vedrà che la sua vita migliorerà per lei e chi le sta vicino,’ e il primo esempio che mi ha fatto è stato, ‘Vedrà che avrà una sessualità più serena’.”
Poter contare su specialisti che comprendano l’importanza di una ripresa anche dal punto di vista sessuale è importante, soprattutto considerando che alcuni farmaci antidepressivi possono inibire ulteriormente la libido. La professoressa Roberta Rossi, psicologa, psicoterapeuta e presidente della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica, fa un paragone con la situazione di chi è malato di tumore.
“La prima cosa a cui pensa l’oncologo non è la sessualità o le ricadute sulla sessualità delle terapie chemioterapiche o radioterapiche, la prima cosa che pensa è: questa persona va salvata. Dopo, eventualmente, si può pensare ad aiutarla anche dal punto di vista della sessualità.” Per le persone con depressione—che, nei casi più gravi, non perdono soltanto l’entusiasmo di vivere ma possono sviluppare pensieri suicidi—avviene un po’ la stessa cosa, trascurando il ruolo che la sessualità può ricoprire per il benessere della persona. “Sarebbe positiva una vicinanza con un partner, anche un’attività che magari non è genitale o sessuale in senso stretto, ma è comunque una vicinanza, un contatto, un toccarsi,” spiega Rossi.
Nei momenti più critici, la mancanza di energie che accompagna spesso la malattia rende impossibile persino pensare di poter essere coinvolti o coinvolgere qualcuno sessualmente, e le ripercussioni sull’autostima possono rafforzare la convinzione di non meritare di essere amati—o desiderati. In una coppia, anche il partner finisce magari con l’accantonare, almeno inizialmente, l’aspetto erotico del rapporto, facendosi carico della patologia dell’altro.
Recuperare un’intimità soddisfacente anche quando la persona depressa sta meglio e comincia di nuovo a partecipare alla propria vita sociale, lavorativa, familiare, non è sempre facile. Col tempo, se il desiderio e l’eccitazione continuano a tentennare, è possibile che sopraggiunga un senso di inadeguatezza. “Magari i farmaci stanno facendo il loro corso da una parte, ma tengono ancora inibita la parte sessuale,” Rossi aggiunge. A quel punto, sarebbe opportuno parlare con il medico per modificare la terapia—”non interromperla, assolutamente mai,” precisa—e permettere che la persona possa riacquistare fiducia anche nella sessualità.
Spesso c’è una sorta di pudore che rende difficile affrontare l’argomento, nonostante le difficoltà evidenti. La tempistica è molto importante, come sottolinea Rossi: “Il partner può anche aprire il discorso, ma è chiaro che se l’altro non si sente ancora pronto e si sente pressato, va rispettato.” Allo stesso tempo, “non bisogna far passare anni, perché questo significa probabilmente che non si vuole affrontare il discorso.”
Nonostante la depressione sia un disturbo più frequente nelle donne, le conseguenze della malattia sulla sfera sessuale possono rivelarsi più critiche per gli uomini, spiega Rossi—anche per come la nostra cultura è abituata a dare diverso spazio e importanza al ruolo della sessualità femminile e maschile. Al disagio di una donna che non si eccita viene spesso riservata una rilevanza minore rispetto a quello di un uomo che non riesce più ad avere un’erezione. Inoltre, le manifestazioni fisiche sono molto diverse: “Gli uomini pagano uno scotto più alto perché [se] ne accorgono subito se hanno un’erezione o meno, se ce l’hanno la mattina quando si svegliano o non ce l’hanno più, è una delle prime cose che ti dicono,” Rossi precisa.
Addirittura, in alcuni casi è proprio dal sintomo sessuale che si risale a una diagnosi di depressione. Uno scenario molto comune, come spiega la professoressa, è quello dell’uomo che va dall’andrologo perché non ha più erezioni e scopre che il problema a monte non è di tipo fisico, ma mentale.
Indubbiamente, negli ultimi anni si stanno facendo passi in avanti in termini di sensibilizzazione sul tema della salute mentale, ma è ancora difficile riuscire a discutere apertamente e senza timori degli aspetti che toccano—e danneggiano—le sfere più intime della vita di una persona.
Sono tanti gli uomini e le donne che non hanno desiderio o che si ritrovano a fare i conti con altre disfunzioni sessuali, a causa della depressione, con tutto quello che ne consegue per le loro relazioni, sessuali e affettive. È importante riconoscere anche queste sfaccettature della malattia, senza vergogna, e soprattutto capire che è possibile chiedere aiuto.
*Il nome è stato cambiato per proteggere l’identità dell’intervistata.
Se gli argomenti di questo articolo potrebbero riguardare te o qualcuno intorno a te, ricordati che la cosa più importante da fare è chiedere aiuto a un esperto.
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