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Abbiamo chiesto a un po’ di expat se bevono ancora il caffè come prima

Questo post fa parte de La Guida di MUNCHIES al caffè, realizzato in collaborazione con Lavazza

Vivere all’estero richiede una certa capacità di adattamento, sociale, culturale, alimentare. Uno degli argomenti che gli italiani affrontano immediatamente con le persone conosciute in terra straniera — oltre a quello del bidet, su cui per ora sorvolo — è il caffè. Superati i confini del Bel Paese, si sa, è guerra aperta.

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Ho vissuto due anni in Danimarca e, da caffeinomane all’ultimo stadio quale sono, impacchettata tra i maglioni di lana nella mia valigia (ok una delle otto valigie con cui sono partita) c’era una moka da due. Trovare il caffè macinato al supermercato non si è rivelata l’impresa disperata che pensavo all’inizio, ma è successo qualcos’altro mentre vivevo in mezzo agli scandinavi: ho cominciato ad allungare il caffè con litri d’acqua. Poi, a bere direttamente quello solubile.

A mia discolpa, ha giocato un ruolo importante in questa conversione la presenza di un bollitore in casa: acqua calda ustionante nel giro di 20 secondi, contro i cinque minuti della moka ha sedotto la mia pigrizia.

Anche una volta tornata dalla Danimarca, il caffè americano è rimasto nella mia routine mattutina: mi sveglio, metto la moka, riscaldo l’acqua, mescolo, sorseggio con gioia mentre cerco di prendere coscienza.

Mi sono chiesta se la stessa cosa è capitata ad altre persone che hanno vissuto — o vivono tutt’ora — all’estero, o se sono rimasti dei tradizionalisti dell’espresso all’italiana. Così, ho interpellato un po’ di amici.

***

Federica, 28, game/toy designer | Londra

Il caffè arriva in questo bicchiere enorme, ovviamente super bollente, e passano almeno 20 minuti prima che tu possa berne il primo sorso. Quindi non esisterà mai la pausa caffè.

Da quanto tempo vivi all’estero e che fai di bello?
Da quasi 6 anni, sono game designer, ma al momento lavoro come visual designer in una compagnia che si occupa di educational toys a Londra.

Che rapporto avevi con il caffè prima di trasferirti all’estero?
Non sono mai stata una che se come prima cosa la mattina non beve il caffè, non esce di casa. Il caffè per me è sempre stato più un momento di socialità: il caffè con gli amici al bar per fare 4 chiacchere, il caffè che offri a chi viene a trovarti come forma di gentilezza, il caffè dopo un pranzo/cena come scusa per rimanere a parlare un altro po’.

Come è cambiato nel tempo?
Inutile dire che qui il caffè è puramente una forma di eccitante. Bevi il caffè perché hai bisogno di dimenticare che hai dormito poco e hai un meeting fra 5 minuti. Io ora non bevo quasi più caffè, o solamente nelle occasioni sopra citate. Il problema è che quando vai con qualcuno a fare una pausa caffè, il caffè arriva in questo bicchiere enorme, ovviamente super bollente, e passano almeno venti minuti prima che tu possa berne il primo sorso. Quindi non esisterà mai la pausa caffè. Al massimo si va a comprare il caffè insieme, però poi ognuno se lo beve da solo davanti al suo computer perché altrimenti dovremmo stare fuori un’ora.

Come bevono il caffè le persone con cui lavori e che frequenti in generale?
Sicuramente caffè lunghissimi, senza zucchero, sempre on the go, mentre vanno al lavoro. La mia ex coinquilina metteva sempre caffè solubile nel thermos e poi nel microonde prima di uscire. Insomma, il caffè per lei non era sicuramente un piacere, ma una vera e propria necessità.

Ok quindi cosa bevi se non bevi caffè, spiegamelo.
Da quando vivo all’estero sono diventata appassionata di tè. Nel nostro ufficio c’è sempre qualcuno che si offre di preparare tè per tutti. Nel mio caso il tè si è sostituito al caffè come forma di socialità. Fai una pausa e chiacchieri per il tempo necessario all’infusione della bustina e poi ognuno ritorna al suo lavoro.

Marco, 30, sound designer | Copenaghen

Ho dovuto sostanzialmente chiudere con il caffè che preferisco, vale a dire l’espresso delle macchine dei bar. Bye-bye cremina!

Dove vivi e di cosa ti occupi?
Vivo a Copenaghen da 4 anni. Lavoro come sound designer / audio programmer per un piccolo studio di videogiochi.

Com’è cambiato il tuo rapporto con il caffè da quando non vivi più in Italia?
Ho dovuto sostanzialmente chiudere con il caffè che preferisco, vale a dire l’espresso delle macchine dei bar. Bye-bye cremina. Questo perché in Danimarca non è così comune e, se lo trovi esattamente quando ne hai bisogno, solitamente costa almeno il doppio ed è buono la metà.
Per quanto riguarda il caffè da moka, ora che mi ci fai pensare, ho cambiato un’abitudine esattamente al mio arrivo in Danimarca: non ci metto più lo zucchero.

Ho sempre avuto il vizio di affiancare un paio di biscotti al caffè di casa. In Danimarca però manca il culto del biscotto semplice. L’unica alternativa alle bombe americane sono i classici biscotti danesi (quelli megaburrosi nella scatola di metallo con immagine delle casette colorate di Nyhavn che, una volta vuota, la nonna usa come scrigno per il cucito). Quindi ho iniziato a compensare bevendolo senza zucchero (no, non rinuncerò mai ai biscottini). L’abitudine è rimasta anche per i caffè che bevo fuori casa e, impensabile prima, per la versione americana annacquata che mi rifilano in ufficio.

Ehi a me la versione annacquata piace.
Guarda, dopo il rigetto fisiologico iniziale, ho imparato ad apprezzare quello fatto con la french press. Semplicemente lo vedo come una bevanda da tenere lì e sorseggiare ogni tanto. A casa vado di moka e i miei coinquilini stranieri si sono adattati con piacere.

Come ti procuri il caffè da moka?
Di solito faccio scorte di caffè ogni volta che torno in Italia, non ho ancora fatto il passo di farmelo inviare o pagarlo il doppio nei negozi danesi.

Qual è l’abitudine più strana che hai con il caffè?
Un’abitudine che ho preso da quando sono a Copenhagen (che però non penso sia relativa all’essere emigrato in sé, bensì a un’evoluzione di interessi e conoscenze) è bere una moka da 6 da solo prima di andare ai dj set techno\deep house il venerdì. Questa cosa non l’ho mai fatta in Italia o nei primi anni che ero qua, però penso che l’abitudine al beverone di caffè americano a lavoro abbia contribuito.
Arrivo a casa dall’ufficio alle 5, dormo 3 ore, doccia-cena-megamoka e poi riesco a tenere fino alle 5.30 e con abbastanza attività cerebrale per apprezzare quello che sto ascoltando. Tutto perché fanno iniziare i DJ fighi alle 3 di notte.

Isabella, 24, studentessa | Erasmus ad Amsterdam

Mentre ero in Olanda, ho tradito l’espresso in favore del “normal coffee.” Non ho mai capito se quel “normal” stesse per “americano” oppure no. Costava un mucchio, non era buono per niente.

Che fai nella vita e dove hai vissuto?
Nella vita studio cinema e monto video. Ho fatto l’erasmus ad Amsterdam per 10 mesi.

Che rapporto hai con il caffè?
Decisamente un rapporto intimo e quotidiano.

Durante il tuo periodo all’estero sei rimasta fedele alla tradizione dell’espresso, o ti sei rassegnata a bere il caffè in altro modo?
Mentre ero in Olanda, ho tradito l’espresso in favore del “normal coffee.” Non ho mai capito se quel “normal” stesse per “americano” oppure no. Costava un mucchio, non era buono per niente ma conteneva caffeina quindi andava bene. A casa però avevo la moka, eh. Sia chiaro.

Quanti amici e parenti si sono offerti preoccupati di mandarti i pacchi col caffè dentro?
Amici zero. Parenti? Non ricordo. Mia mamma una volta mi ha spedito un pacco con del cibo italiano e sì, anche qualche pacco di caffè. Per fortuna. Non che ad Amsterdam non esista il caffè italiano eh — in quei supermercati ci trovi di tutto — ma i prezzi…

Ok, raccontami un episodio drammatico. Tanto ci siamo passati tutti.
Per un periodo mi ero impuntata sul fatto che quel “normal coffee” avesse più caffeina dell’espresso e che quindi era ora di passare al decaffeinato. A casa, però, non avevo il decaffeinato ed era finita la scorta di caffè italiano. Convinta che anche il caffè del Lidl olandese fosse più forte, ho iniziato a fare delle macchinette riutilizzando le dosi di caffè. Faceva schifo e non fa ridere. Mi dispiace.

Ora che sei tornata in Italia, è cambiato qualcosa? (Io per esempio sono una traditrice del popolo e bevo solo americano)
Ma quale americano e americano! A casa la macchinetta e al bar normale. Ma normale come lo intendo io, no “normal” come dicevano loro.

Niccolò, 28, fotografo e cooperazione internazionale | Serbia, Brasile, etc

In Serbia è possibile bere un espresso più buono di come lo fanno a Napoli, come è anche possibile che ti diano caffè solubile. Ma, soprattutto, rimane estremamente diffuso il caffè turco.

Dove hai vissuto?
Portogallo, Brasile, Serbia.

Si beve il caffè in modo diverso?
Dunque ovviamente dipende dal paese. Per quanto riguarda i portoghesi, loro hanno una tradizione molto simile alla nostra, le differenze sono quindi minime. Tendono a fare l’espresso un po’ più lungo del normale, ma basta avere pazienza e chiederglielo “bem curto” ogni volta che si vuole un espresso. Hanno anche tutta una serie di nomi per dire latte e caffè (caffè pingado), caffè e latte (galão), ecc. Inoltre, è assolutamente probabile trovare una moka in una casa portoghese.

Il Brasile, invece, ha subito una forte influenza americana in questo senso. In tutte le case, e nella maggior parte dei bar, servono il caffè americano (lungo, filtrato).

In Serbia regna il caos. A causa del suo passato tormentato, con lunghi periodi di dominazione turca, la sua vicinanza al Mediterraneo e al tempo stesso essendo una storica appendice dell’impero austro-ungarico, in Serbia è possibile bere un espresso più buono di come lo fanno a Napoli, come è anche possibile che ti diano caffè solubile. Ma, soprattutto, rimane estremamente diffuso il caffè turco.

Come bevi il caffè la mattina ora?
Americano la mattina e espresso durante la giornata. Prima bevevo l’equivalente di un americano (tazza grande) ma era solo caffè. Ho preferito rallentare. Il fatto è che al mattino faccio una colazione lunga, dunque ho bisogno di pasteggiare con una bevanda che duri di più del tempo di bersi un espresso.

Raccontami qualcosa che non so sul caffè.
C’è un modo di chiedere un espresso nel dialetto di Lisbona che se usato nel resto del Portogallo sicuramente genera scompiglio. A Lisbona puoi entrare in un bar e chiedere una “bica” e ti verrà servito un caffè corto. Prova a farlo fuori Lisbona e probabilmente ricevi uno schiaffo.

Ottimo, preso nota, grazie.

Fabio, 28, dottorando | Portogallo

In Portogallo il caffè al bar non è male: non così buono come in Italia, ma molto meglio che — chessò — in Spagna. Il caffè turco invece è uno sballo.

Che fai nella vita?
Un dottorato di ricerca a Torino, prima ho studiato in Portogallo.

Qual è il tuo rapporto con il caffè?
Un paio di caffettiere da tre (quindi sei tazzine) al risveglio, un caffè alla macchinetta a metà mattinata, e uno / due caffè dopo pranzo. Molto raramente di sera, quasi mai.
Ah, lo prendo con lo zucchero.

Hai vissuto in Portogallo per qualche anno. Ti sei abituato a bere il
caffè in modo diverso?
A Lisbona non avevamo una moka in casa, ma avevamo un bollitore: bevevo caffè solubile. In Portogallo, in generale, il caffè al bar non è male: non così buono come in Italia, ma molto meglio che — chessò — in Spagna. Il caffè turco invece è uno sballo.

Qualcuno ti mandava pacchi di caffè per moka italiana, preoccupato
per il tuo benessere mentre eri là?
No, mai.

Ok, raccontami qualche aneddoto strano tra te e il caffè.
Tipo quella volta che mi esplose la moka in un bilocale a Milano, una sorta di
big bang domestico? In pratica, sento un gran boato, mi giro, e vedo caffè dappertutto,
letteralmente dappertutto. Ne sono uscito sano e salvo, senza graffi, né ustioni.
Si può morire di caffè.

Visto che siamo alla fine del pezzo, posso chiederti chi era la coinquilina migliore del mondo che ti faceva trovare il caffè pronto tutte le mattine, eh?
Tu. Una delle migliori persone che abbia mai conosciuto, ti vorrò bene per sempre.

Questo post fa parte de La Guida di MUNCHIES al caffè, realizzato in collaborazione con Lavazza