Non è esattamente chiaro quando la caffeina sia comparsa per la prima volta sulla faccia della terra, perché la caffeina è stata inventata da piante diverse in maniera indipendente. Le antenate selvatiche di piante come il caffè e il cacao, in costante lotta per la sopravvivenza, trovarono un vantaggio nel modificare alcuni dei prodotti di scarto del loro metabolismo, rendendoli più tossici. Due o tre passaggi biochimici dopo, nasce per caso il composto ideale: la caffeina. Tiene alla larga insetti erbivori vari, che altrimenti banchetterebbero sulla pianta del caffè, facendoli scappare al primo morso. Non solo: quando le foglie del caffè cadono, la caffeina penetra nel suolo e procede ad impedire ai semi di altre piante di germinare, eliminando la competizione sul nascere.
Svariate decine di milioni di anni dopo, il caffè diventa una delle bevande più amate al mondo nonostante la natura abbia progettato un suo componente chiave per uccidere. Quasi 3 miliardi di tazze di caffè al giorno vengono consumate su tutta la superficie del globo terracqueo, al punto che la presenza di caffeina nell’ambiente viene considerato uno degli indicatori più affidabili di contaminazione ambientale antropica. E come se non bastasse aver portato il caffè in ogni angolo di ogni continente, con il nostro modo di consumarlo abbiamo creato interi nuovi ecosistemi.
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Considerate per un momento una comune macchina per espresso, una di quelle che funziona con le cialde. Voi infilate nella fessura la vostra capsula di ottimo caffè, una pompa da 20 bar ci spara acqua bollente attraverso, e dal vostro rubinetto esce la vostra tazza di espresso. Se avete una macchinetta un po’ sciccosa, ad esempio una della Nespresso, magari neanche dovete eliminare subito la capsula usata, ma resta in un vano apposito, sotto al quale c’è un cassettino che raccoglie quel poco d’acqua, caffè o essudato intermedio che sgocciola dalle capsule.
E centinaia di migliaia di batteri di 69 generi differenti.
Citavo la Nespresso non per product placement, ma perché per lo studio dell’Università di Valencia di cui vi sto parlando è stato compiuto su macchine di questa marca. Il microbioma complessivo, cioè la microscopica comunità che vive nella vostra macchina del caffè è probabilmente molto simile anche se usate marche diverse — ma la precisione nella scienza è importante, sì sa.
Passando al microscopio e sequenziando il genoma di ogni batterio da 10 macchine del caffè diverse, infatti, l’abbondanza relativa dei vari tipi di batteri risulta differente, ma la loro composizione assoluta abbastanza costante. In quasi tutte le macchine la fanno da padrone batteri del genere Enterococcus e Pseudomonas. Gli enterococchi sono batteri intestinali comuni e in larga parte innocui Pseudomonas è un genere sconfinato di batteri del suolo, alcuni innocui, alcuni che causano disturbi minori. Come fanno a sopravvivere in un ambiente che gronda di caffeina, che dovrebbe essere tossica?
In quasi tutte le macchine la fanno da padrone batteri del genere Enterococcus e Pseudomonas.
Per alcune specie di Pseudomonas, il problema non si pone. Anzi: si sa dagli anni 70 che ci sono specie appartenenti a questo gruppo che sanno degradare la caffeina e trarne invece energia per sopravvivere. Le specie di enteroccocco, invece, sono più sorprendenti: non sono in grado di degradare o alimentarsi di caffeina. Probabilmente si tratta di semplice resistenza: sono i lontani discendenti di quei batteri che resistevano al triplo espresso mattutino nel vostro intestino, sono passati sulle vostre mani, e da lì hanno colonizzato la macchina, sfruttando il fatto che chi normalmente sarebbe stato in competizione con loro non poteva attecchire.
Altri generi abbonandi e comuni includono Acinetobacter, Stenotrophomonas e Curtubacterium: batteri che sappiamo essere comuni anche nella fermentazione e sulle piante stesse del caffè. Questo non significa che vengano dalle capsule, che sono ermetiche e sterilizzate: sono semplicemente quelle che riescono a sopravvivere nell’ambiente terribilmente ostile che è il cassetto degli scarti della vostra macchina del caffè, perché è simile all’ambiente ostile che è il suolo vicino alle piante del caffè.
Tanti altri generi sono più rari e compaiono solo in alcune delle macchine analizzate, o in quantità più piccole: i batteri più curiosi che potreste avere come coinquilini insospettabili sono quelli del genere Agrobacterium, incluso Agrobacterium tumefaciens, che deve la sua fama alla capacità di iniettare parte del suo genoma in quello delle piante, capacità che nei laboratori viene sfruttata per produrre OGM. Gli abitanti più preoccupanti sono i batteri del genere Sphingobacterium, che includono tra loro specie patogene e resistenti agli antibiotici. Non è però il caso di preoccuparsi del rischio batteriologico specifico del vostro espresso, comunque: se avete patogeni nella macchina del caffè è probabile che siano da molte altre parti nella vostra abitazione.
Viene da chiedersi: perché mai mettersi a cercare batteri esotici resistenti alla caffeina nel cassetto degli scarti di una macchina Nespresso? Dicevamo sopra che la caffeina nel suolo ostacola la germinazione di piante non resistenti, e che, principalmente per colpa nostra, si trova ovunque. L’idea è di trovare specie di batteri in grado di degradare la caffeina efficientemente per poterli usare in zone contaminate da caffeina, in maniera analoga a quello che si fa in altre strategie di biorisanamento con microrganismi, o per carpire i loro segreti e riciclarli per produrre caffè decaffeinato con metodi biologici, invece che con solventi chimici.
Nel frattempo, il mio microbioma personale continua ad avere un bisogno impellente di caffeina, purtroppo.