Prima che succedesse tutto questo casino a Parigi, negli ultimi mesi le notizie più seguite sui social sono state le dimissioni di Ignazio Marino e l’uscita del nuovo singolo di Calcutta: questo perché in pochissimo tempo il video qui sopra ha raggiunto 30.000 visualizzazioni, ed è innegabile che questo sia un caso con pochi precedenti per un cantautore atipico come Edoardo. Atipico perché solo adesso l’indiscriminato si è accorto di lui, adesso che ha cambiato pelle: prima probabilmente avrebbe storto il naso. Tuttavia, mentre il pubblico ora sembra essere schierato tutto dalla sua parte, la critica si è spaccata. Anzi, non tanto la critica (in generale positiva, e qualcuno grida allo scandalo per questo) quanto gli “addetti ai lavori”. Il motivo di questo successo è che in pochi sono al corrente del passato di Edoardo: il suo background ha radici molto lontane, che spaziano dal weird, all’hardcore, al glo fi, alla psichedelia (e i suoi progetti paralleli parlano chiaro). E chi vede solo l’ultimo Calcutta non sembra interessato ad approfondirle, e tutto quello che conoscevamo di lui è sparito nel disco nuovo, sostituito da una patina simil-indie. Per cui leggiamo recensioni a volte deprimenti, anche quando positive, come se Edoardo avesse fino ad oggi suonato solo davanti agli amichetti, mentre al suo attivo ha più di 200 date in tutta Italia (ma non solo, ha toccato anche la Francia, la Svizzera e addirittura SAN MARINO), viaggiando spesso da solo come un barbone in treno, davanti a ogni tipologia di pubblico.
Non tutti lo conoscono come lo conosco io, che coprodussi insieme ad altri due scocciati (Grip Casino e Cascao) il suo album d’esordio Forse… che con l’indie non c’entrava veramente un cazzo. A differenza di tanti giovani della sua età che stanno in cameretta a spararsi le seghe, Calcutta si è fatto e si fa ancora il culo, ok. Ma a quale prezzo? Quest’ultima deriva non mi ha convinto del tutto (ci sono coinvolti addirittura elementi de I Cani), trovo sia rischiosa e un po’ mi preoccupa. Siccome lo reputo mio figlio d’arte e bisticciamo sempre su questa cosa, ho deciso di trasferire qui uno dei nostri tanti confronti musical/esistenziali per capire dove vuole andare a parare davvero. Naturalmente quando abbiamo iniziato a parlare eravamo già alticci da un po’, e in più mi doveva invitare a cena, poi invece mi sono ritrovato alle quattro di notte al Carrefour perché siamo finiti—stavolta proprio sbronzi—a molestare China degli Wow alla festa del suo compleanno (ciao China). Da che doveva essere un’intervista seria, io sembravo Red Ronnie (ridevo come un cretino) e lui uno uscito dal Sert (sbiascicava le parole). Comunque ci ho provato: eccovi qua il resoconto.
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Noisey: Edoà vorrei capire sta storia della compressione. Già ne abbiamo discusso a lungo… Perché su gran parte dei brani è usata in maniera spudoratamente radiofonica?
Calcutta: Be’, è una compressione che è semplicemente “attuale” secondo me.
Ahahah ma che significa attuale? Tante cose sono attuali…Cioè al piano gliela potevi pure togliere no? Pare quello di Cremonini…
Ma il piano non è compresso, assolutamente no. Perché è suonato con poca dinamica da un mio amico che si chiama Marcello, che ha un bello stile di pianoforte. Era un pianoforte vero, quello di Giovanni Truppi…e lui ha semplicemente suonato molto forte con queste sue mani enormi… Perché lui suona molto forte e quindi sembra compresso, ma in realtà…
Vabè ma non ce li hanno messi i compressori che fanno figo?
Sì ma poco… Il minimo indispensabile… Ma quello già suonava così, registrato con due microfoni e suonato proprio forte. Perché lui stava facendo il provino e poi l’abbiamo lasciato così perché ci piaceva. Quindi alla fine non ci abbiamo aggiunto niente sopra, neanche il riverbero. Anche alla voce ce ne abbiamo messo poco di compressore.
Però scusa non credi che il discorso sull’attualità a tutti i costi sia una stronzata? Secondo me l’attualità evapora al volo, ma quando qualcosa è davvero inattuale supera qualsiasi era, rimane per sempre, perché è personale. E appunto io penso che tu sia, in realtà, profondamente inattuale, è quello che ti porta nel futuro…. Non sta roba.
Sì, quello forse. Ma appunto, anche i pianoforti compressi, come dici tu, sono attuali ma lo facevano anche i Beatles negli anni Settanta, dipende come ti approcci.
Io e Calcutta ci dividiamo i proventi del tour (ovviamente ci sono andato sotto solo io). Foto di Jonida Prifiti col cell
E dimmi un po’, come li hai pensati gli arrangiamenti? Lo zoccolo duro dei fan—un po’ perplesso—vorrebbe saperlo, perché questo nuovo album si propone indubbiamente a un nuovo bacino di ascoltatori pericolosamente vicini all’usa e getta…
Guarda, magari si capisse questo! Comunque gli arrangiamenti sono concepiti per essere semplicemente funzionali. Funzionali, ma neanche al pezzo. Cioè abbiamo una canzone, facciamo un po’ di movimento… Così, un po’ di strumenti… [ride] No, scherzo, in realtà è stato fatto anche per dare fastidio ai giornalisti integralisti. È proprio una provocazione assoluta verso questa gente, integralista e quindi per forza di cose senza cultura… Ad esempio Francesco Birsa di Noisey che è una persona… Neanche sopravvalutata, via. Lui solo pensa di avere voce in capitolo… [Calcutta e Birsa si tirarono frecciatine reciproche su Fb tempo fa, ed evidentemente il dissing non è solo roba da rapper…] Perché lui…
Ahahaha dai te prego… Torniamo al disco, perché alla fine ha degli standard diversi dalle cose che facevi in passato, che erano più storte, psichedeliche, dilatate… Non mi pare solo una mera provocazione. Non è che vuoi fare il furbo?
Certo, la cosa della provocazione è scherzosa… Volevo provare a vedere che effetto facevano i brani vestiti così. Credo che non ci sia niente di male a provare, a vedere cosa succede.
Ecco, infatti, facciamo parlare la gente allora. Abbiamo qui Viola, una tua fan imparziale, che vuole farti una domanda diretta sul tuo nuovo album, sentiamo.
Viola: Ma nella tua canzone di spicco, quella del video col bambino bangla [“Cosa mi manchi a fare”, NdR] la stavo ascoltando oggi in macchina… Ma ti hanno pompato le basi per renderla più commerciale o è tutto frutto del tuo estro? Perché mi sembra TANTO PIÙ orecchiabile. Questa è la vera domanda..
Mah, secondo me nel 2015 parlare di commerciale non ha più alcun senso…
V: E no.. questa è una risposta paracula però!
Ebbè è la mia risposta… L’ho deciso io. Se è tanto più orecchiabile non è un bene? Alla fine comunque ti piace, e come piace a te piacerà forse anche agli altri. Diciamo che io provo un astio verso le persone che cercano di fare cose di qualità. Se la qualità è tipo “faccio un disco anni Settanta” o “un disco anni Ottanta”, coi suoni esatti ecc… Be’, a me della maniera non me ne fotte più un cazzo, faccio le cose più attuali possibile. Praticamente come se l’arrangiamento fosse qualcosa che ti passa la mutua, così voglio ragionare. Tipo che vai al ministero, c’è la fila e devi aspettare ma ti danno l’arrangiamento. tipo fra due mesi, ma te lo danno aggratis, te lo passano. Io ho ragionato un po’ così, lo confesso. Il mio terrore era fare un disco di maniera e ho pensato che il modo per evitarlo fosse …
Vabè ma non hai mai fatto cose di maniera prima, no? Hai fatto sempre quello che ti pareva mi pare.
Sì esatto. Ma perché a me dà fastidio…
Ma non pensi che le tue canzoni avrebbero maggior respiro se arrangiate in un altro modo?
Che vuol dire maggior respiro?
Nel senso che così sei troppo leggero, si perde la profondità dei pezzi, o quantomeno mi sembra alquanto sacrificata.
Dal mio punto di vista non ho fatto degli arrangiamenti che compromettono il potenziale espressivo della canzone. Cioè, sono talmente basici, possono essere brutti o belli, ok, ma sono arrangiamenti che non rompono il cazzo. Magari sì, danno fastidio esteticamente ma a livello musicale non credo.
Eh ma invece sono quelli i motivi per cui danno fastidio a me, mi deconcentrano rispetto alla validità della canzone, che poi magari finisce per farmi schifo.
Vabè ma è una questione estetica…
È vero pure che ho ascoltato solo i singoli per ora.
Ma guarda questa obiezione la capisco e la rispetto, però dai non mi puoi dire che non esca il pezzo..
Non dico questo, il pezzo esce comunque, ma non come dovrebbe…
Guarda, se avessi fatto punk sicuramente ti avrebbe deconcentrato di più. [ride] Comunque è una questione di ascolto, perché non tutti ascoltano come te. Anzi penso che la maggior parte delle persone non abbia un ascolto come il tuo. Forse è il passo avanti verso un ascolto più “superficiale”? Non in senso cattivo, ovvio.
Appunto! E quindi come può funzionare?
Be’, con una “tinta” d’atmosfera, senza andare proprio nel profondo, senza descrivere troppo. Perché una canzone già tu quando l’hai composta con uno strumento solo tutto l’arrangiamento dipende dalle tue mani, dal tuo respiro, dal tuo odore, da quello che vuoi.. e quello è un’impronta diversa, è comunicare molte più cose. Ma non sempre secondo me è giusto comunicare tantissime cose su di se. Perché è come spiegare se uno fa un quadro e invece di dipingere la madre dipinge la nonna, una cosa vuol dire una cosa e una cosa vuol dire un’altra e la sensazione che tu vuoi dare la dai.
Allora facciamo che il pubblico…
Il pubblico non l’ho mai percepito in quanto tale, ma neanche la massa eh… Per me la massa è quella elettrica che dà dei problemi ai concerti, quando fa rumore nelle casse [ride]. No vabè… Io cerco di farmi i cazzi miei nella vita e penso che attraverso questo mio modo di fare potrò mettere un mattone per una società migliore.
Aahaha..Bene allora mettiamo che il pubblico è incorporeo, asessuato. Ma se te lo devi scopà come fai?
Eh…nelle orecchie!
Eh appunto… E quindi?
E quindi fai la roba di merda che gli sfonda le orecchie… È una cosa anche violenta.
Quindi non è amore?
E no. scopare no…
Ma lo dice anche Venditti, “non c’è sesso senza amore”. In questo caso l’amore non c’è?
Non lo so davvero. Non per forza deve essere la prima cosa.
Secondo me comunque manca “quel qualcosa” e dipende molto dalla confezione… Che come dici tu è statale. Il concept ci potrebbe pure stare però è mettere le mani avanti… È come se ti rompi una gamba e non urli perché te la anestetizzi. Non ti fa male ma non correrai mai!
Non voglio fare il mistico, però… Non dico che tu hai torto, ma potrebbe essere solamente un buon elemento per te trovarci quella cosa. Perché comunque la trovi dentro di te… Quindi non è dentro i pezzi che la devi cercare. Sicuramente se lo pensi avrai percepito qualcosa, però ad esempio invece Francesco Birsa Alessandri….
AHAHAH E DAI…
Tipo lui, che è uno impaziente, giudica il prodotto in un minuto perché sta su Facebook non c’ha tempo… Ma è una caccia al tesoro, se vuoi trovare qualcosa .. tu vuoi trovare quell’amore in questo disco, quindi è già un modo per trovarlo perché tanta gente magari l’ha trovato. Quindi sta a te trovare il percorso giusto tra quei suoni quelle parole e quell’intenzione e l’amore nascosto dentro di te… Non è colpa mia se non viene fuori.
Ebbè no invece è colpa tua… Ricordi quando mi hai contestato Innerlands perché era arrangiato troppo ovattato e Lo-Fi? Il concetto era opposto, io ti risposi come mi stai facendo tu ora e mi criticasti aspramente. Come la mettiamo?
La mettiamo che è normale. Tu mi conosci bene e ovviamente il disco non vibra di me come ti aspetti.
Calcutta e io in tour dopo il gig degli Alcomongo – all’epoca Edo aveva ancora problemi con la sua immagine pubblica.
Sai il paragone che faccio spesso con l’ultimo Calcutta è quello coi Metallica del Black Album, il passaggio dal thrash a una cosa più di massa che ha funzionato, però poi ha portato a qualcosa di strano, che ovviamente ha spaccato i fan e distrutto i Metallica che si sono ritrovati a suonare come gli Oasis…
Guarda, la questione che il disco sembra più commerciale è che in sostanza non devo andare al MoMa, capito? Devo fare musica. Ma io non voglio rompere il cazzo a te né, che ne so, a Viola, né a chi mi ascolta, tantomeno a Birsa …
Ahahahahah Madonna Benedetta… Ancora!?
Che poi tanti giornalisti che erano di quella pasta là e che credevo di infastidire alla fine mi hanno fatto i complimenti. Ma non faccio nomi, non siamo in un articolo di VALERIO MATTIOLI. [ride]
Giusto. Comuqnue secondo me questa tua situazione mi evoca un po’ uno scenario alla De Gregori… Il famoso processo dopo che è diventato più di massa. Non è che fra un anno mi vai a lavorare in libreria?
Per me De Gregori è solo un simbolo, non lo conosco bene.
Tra l’altro lo citi in “Limonata”… Dici “E non mi importa niente se tuo padre ascolta De Gregori/ a me quel tipo di gente non mi va proprio giù”. È il nuovo cantautorato che con la sua arroganza giovanile spazza via le icone istituzionali?
Quel pezzo lì è uno sfogo, ovviamente non è contro De Gregori, ma contro certi personaggi che se lo sentono. In particolare la famiglia della mia ex, ma vedi, è tutto un gioco… Un modo per liberarsi dalla tristezza.
Parliamo invece di Mai Mai Mai: partecipa al disco con un pezzo. Perché? Che ci azzecca?
Be’, Mai Mai Mai è tipo il mainstream della psichedelia occulta, no? Sostanzialmente mi faceva ridere questa cosa: buttarci un pezzo suo con la sua estetica riconoscibile, che, appunto, è un’estetica mainstream, dalle grafiche al look. Non è una cosa brutta, però è un progetto studiato, non a tavolino da una major ma dallo stesso Toni Cutrone, che in sé è una major! [ride] Quindi col concept ci stava tutto, è un cortocircuito apparente, diciamo.
Tornando al tuo concetto di superficialità: è una cosa che ho riscontrato andando alla biennale di Venezia di quest’anno. Perché era espressa in vari modi. In generale usando l’arte povera in maniera appunto “di superficie”, come una specie di rifiuto del mondo dell’arte al mainstream, però espresso dal suo interno, mi sembra calzante con quello che fai. Ad esempio in “Gaetano” è tutto pultino, ma poi arriva quella batteria compressa che entra sbagliata… Cioè la posizione in battuta non è quella classica di un brano pop standard, è come se prendessi gli scarti del mainstream per fare un pezzo mainstream, insomma. Non è ipocrita come cosa?
Sì, come paragone in parte ci sta. Dico in parte perché è una chiave di lettura, però non era nella mia intenzione. Sicuramente questo è quel vuoto che si dà fra quello che vuoi fare e quello che crei e il risultato che esce può aprirsi a interpretazioni e significati che non calcoli quando fai qualcosa, però è quello che amo poi di fare musica: la differenza fra quello che vorrei fare e quello che esce, per me è fondamentale. Cioè se io riuscissi a fare esattamente quello che voglio penso che mi suiciderei. Se non ci fosse un minimo scarto nella realizzazione fra questi estremi non faresti mai niente di diverso da te stesso. Però, nel caso di “Gaetano”, la batteria l’ho scritta io. Entra dopo, è vero, ma com’è scritta non è sbagliata e neanche come è suonata. La suona un bravo batterista!
Quindi parliamoci chiaro… A te della psichedelia non te ne frega più un cazzo?
[Ride] Assolutamente no.
Vabè quindi è un’abiura di quello che sono le tue evidenti influenze tropicaliste, un passaggio verso un altro tipo di assurdità, quella dei distributori di patatine insomma.
No, non è un’abiura. Ma neanche una cosa così “accelerazionista,” diciamo. Anche se qualcosa forse… Ma poi scusa ora che ci penso in realtà i pezzi te li ho fatti sentire tutti durante il making of, stavi in chat ‘mbriaco di raki e mi hai detto pure “BELO,E’ BELO”!!!
Oddio, ma parlavo dei pezzi in sé! Almeno credo… E poi non ho ancora sentito i definitivi, se magari mi dai l’album…
Secondo me prima o poi anche te ti misurerai con questo genere.
Uhm. Sentiamo che ha da dirci Viola che la vedo con la domanda in canna…
Viola: Sì, cosa pensi della musica di oggi?
Tu mi dicevi del problema dei cantautori che vogliono fare gli indipendenti, ma poi il suono che esce fuori è tipo il filtro di “instagram”. Ma io ad esempio ho lavorato con questo ragazzo che mi sta molto simpatico, Andrea Suriani, molto intelligente e competente, e abbiamo cercato questo suono insieme. Nel senso: questo modo di comprimere che va ora può essere usato in maniera paradossale, esagerato tanto da risultare addirittura rozzo, non è una compressione funzionale, alla fine ad esempio la batteria pare si quella di Metallica! Quindi dipende da chi la fa questa musica. Comunque c’è stata una riunione per capire come fare, c’è stato un mini progetto. Tipo la batteria è stata registrata proprio a basso volume col batterista che suonava pianissimo, ma con un’intenzione violenta, e poi l’abbiamo schiacciata al massimo come dei bastardi per farla diventare grande, tipo una polpetta, e addirittura siamo riusciti a distorcere i piatti!
E perché hai fatto sta cosa?
E vabbè ma scusa allora perché tu pigli 4 pedali li metti in serie e li fai scureggià Ste?
Be’, perché è importante per il genere che sto a fa in quel momento! Tu mica fai noise in quel caso…
Per me è importante comprimere la batteria, ma mica per una cosa gradevole. Guarda, è solo curiosità di fare qualcosa, ti assicuro. In quel periodo non pensavo a niente, odiavo la musica che usciva dalla radio, mi faceva schifo la musica, pensavo che suonare fosse una cosa sbagliata. Volevo rappresentare una cosa tipo “La Ginestra” di Leopardi, un nichilismo che va incontro alla gente. Non è che volevo fare sta roba per comprarmi casa o per portare a cena qualcuno.
Vabè a parte me stasera, ovvio!
[Ride] Sì, in effetti…
Ad ogni modo noto una relazione con l’EP Sabaudian Tape, che era tutto l’opposto, è quasi speculare a Mainstream nel suo essere totalmente Lo-Fi.
Be’, quello è molto bello. Per me Sabaudian è un esperimento di sound design, era un modo per scavare delle cose belle da un supporto molto umile come un registratore a cassette. Però non ci vedo una specularità perfetta con “Mainstream”, perché la specularità dovrebbe essere perfetta, ma qui la perfezione non c’è in entrambi i casi. Ma sì, in entrambi c’è una scelta repentina e estrema. Però Sabaudian lo considero un lavoro tanto mio quanto tuo, ci siamo sbronzati insieme, abbiamo scritto, suonato, siamo andati al parco… Mainstream invece volevo farlo io così.
Be’ allora neanche Forse… te lo senti del tutto tuo? Raccontaci quei momenti.
Momenti di grande rabbia… Perché a me non m’interessava di fare il disco, ora invece un po’ di più. C’è stata almeno una tensione a farlo. In pratica Forse… mi avete costretto a registrarlo: “dai Edoà non rompe er cazzo, suona!” ma questo mi ha aiutato, mi ha sbloccato. Perché poi riascoltandolo ho pensato “queste cose potevo farle in maniera diversa, allora la prossima volta devo averci più polso”. Poi a mio avviso non ho avuto tanto polso neanche in questo, su certe cose. Però alla fine per quello che mi ero messo in testa di fare è ok.
E qual è il messaggio che vuoi dare con quest’ album?
Amatevi in disparte.
Per concludere, rispetto al discorso del live: vorrei capire a chi ti ispiri. Qual è l’ultimo concerto dal vivo “grosso” che hai visto?
A pagamento dici? Caetano Veloso. Lui bravissimo, ma era una m… Volevo dire… Meno coinvolgente, perché stava con il gruppo: io volevo sentirlo solo chitarra e voce, invece c’era questa band tipo nuovi Os Mutantes…
Capito? Molti—fra i quali io—pensano che tu chitarra e voce sia sufficiente a te stesso. Chissà come reagiranno sentendoti con la backin band di turnisti…
Eh ma lui è un interprete non solo vocale ma anche dello strumento, è fico è tradizionale…
E tu non pensi di essere un interprete a tutto tondo?
No. È anche per quello che ho fatto un disco così.
Senti ma nei live nuovi che stai facendo con la band troveremo il Calcutta hardcore di una volta che sputa sul pubblico e lancia invettive da sbronzo?
No assolutamente. Troveremo quello pacato, ecumenico, democristiano, insomma, con la testa a posto. [Ride]
Be’ a questo punto la classica domanda di chiusura. Quali sono le tue idee politiche?
Non ne ho in questo momento. Però se mi offri un altro spritz…
Bene, inutile dire che siamo stati svegli fino alle sei di mattina da me a dire fregnacce a nastro. Poi al mio risveglio, a mezzogiorno, Edo era già in giro chissà dove (la gente scrive che abita a Roma Est ma non abita per niente: semplicemente squatta le case in giro per l’Italia). Alla fine mi ha mandato il disco, l’ho sentito (d’altronde anche voi online, dopo l’esclusiva sul famigerato Rockit) e—a parte i pezzi dove c’è la batteria e sto cazzo di piano, che mi fanno venire l’orticaria—il resto sembra qualcosa di nuovo per lui, nel bene o nel male. A volte sembra un convincente aggiornamento del Finardi di Dal Blu, con pizzichi di Caputo e di Ivan Graziani, con suoni che magari trovi davvero nei dischi di Arca, intermezzi elettronici compresi, altre volte c’è una sensazione di patinato buttato là che sembra un po’ una cineseria in un negozio di porcellane. Togliendo tutte queste cazzate rimane però il puro songwriting alla Calcutta, che se non ti piace c’è poco da fare. Quindi inutile chiedersi se la strada è quella giusta, tanto ci va comunque a mangiare la pizza di notte, unico sveglio in tutta la città. La cosa importante sarebbe che il prossimo anno il Latina va in serie A al posto del Frosinone, quello sì. Speriamo bene.
Mainstream uscirà lunedì 30 novembre per Bomba Dischi.
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