Una breve storia dei paradisi fiscali

Illustrazione di Ole Tilman.

Questo è un post in collaborazione con Sony Pictures Money Monster.

I paradisi fiscali: una subdola piaga moderna che ha distrutto il sistema fiscale globale portando milioni di cittadini sul lastrico? O una pratica vecchia come il mondo che ha sempre aiutato le élite a mantenere il loro status?

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Se esonerare i ricchi dalle imposte è sempre stata una priorità dei cittadini benestanti di ogni impero sin dai tempi degli Antichi Romani, i paradisi fiscali per come li conosciamo oggi—Stati sovrani o regioni che offrono ai ricchi la ghiotta possibilità di eludere le imposte con la promessa di non rivelare la cosa a nessuno—non esistevano fino a prima del diciannovesimo secolo.

E ci sarebbero voluti almeno altri 100 anni perché il loro impatto risultasse decisivo, favorendo l’ineguaglianza e aumentando la pressione fiscale sui poveri.

Perché i cittadini dell’Impero Romano odiavano le tasse

Per capire meglio la complessa relazione tra cittadini, governo e tasse, è opportuno prendere in considerazione l’Impero Romano dove—come si può dedurre da episodi riportati nella Bibbia o dai vostri libri di storia—gli esattori erano tanto odiati quanto gli avvocati al giorno d’oggi.

Non solo i cittadini facevano di tutto per nascondere i loro soldi, sotterrando i loro averi quando gli esattori si presentavano alla porta; Roma aveva capito che poteva ingraziarsi certi individui tassandoli a suo piacere a seconda della situazione.

Quasi con vanto, le società offshore Sovereign Management e Legal Ltd sostengono che “gli antichi romani sono stati dei maestri nel creare delle aree non soggette alla tassazione, una sorta di enterprise zones ante litteram,” aggiungendo che “Roma spesso utilizzava la politica fiscale per favorire gli amici e punire i nemici. Le città fedeli all’Impero erano spesso esenti dalle tasse.”

Quello che non dicono è che la forte tassazione imposta dal governo, e il disperato tentativo dei cittadini di evitarla, sarebbero poi state individuate come una delle cause del crollo dell’Impero.

La nascita dei nom dom

Facciamo un salto temporale per incontrare un altro degli imperi più grandi della storia—quello che non ha mai visto tramontare il sole e che ha convinto la popolazione a coltivare piantagioni nelle colonie promettendo di non tassare i loro guadagni.

Questi coloni furono i primi non dom: vivevano e lavoravano in una terra appartenente all’Impero Britannico, ma non erano soggetti alla tassazione inglese. Oggi si stima che siano ancora 130.000 le persone che traggono vantaggio da questa pratica.

I nom dom non sono l’unico vantaggio del Commonwealth. Secondo Foreign Policy Magazine, il dominio britannico può ancora contare su una rete di paradisi fiscali che risalgono ai tempi della dominazione britannica.

Semplicemente l’obiettivo è cambiato, spiegano, “dal conquistare il mondo al riciclare denaro sporco, grazie a isole del tesoro sparse per il globo, sotterrando pentole d’oro per favorire leader corrotti, evasori fiscali, spacciatori e violatori dell’embargo.”

L’Oxfam, confederazione specializzata in aiuto umanitario, ha stimato che tutto il denaro perso a causa di questi paradisi fiscali potrebbe porre fine alla povertà nel mondo per ben due volte.

Il paradiso fiscale nazista

Anche se i non dom possono ringraziare i loro antenati delle colonie per averli aiutati a preservare le loro ricchezze, dovrebbero fare lo stesso anche con il Congresso di Vienna del 1815, che ha concesso alla Svizzera il titolo di Stato neutrale facendolo diventare il primo Paese “offshore” nell’accezione che utilizziamo oggi.

Col tempo la Svizzera è infatti diventata il miglior luogo in cui conservare il proprio denaro se si vuole essere protetti dalla forma più ufficiosa di segreto bancario esistente al mondo.

Secondo il Financial Secrecy Index, nel corso del diciannovesimo secolo gli svizzeri, non potendo contare su sbocchi sul mare e quindi sull’opportunità di conquistare nuove terre, hanno deciso di fare della neutralità il proprio punto di forza. La strategia si è rivelata vincente e lo Stato che ha adottato la politica della “massima discrezione” in campo finanziario ha visto, in seguito alla Prima Guerra Mondiale, “il più grande afflusso di denaro nella storia delle banche svizzere.”

“Non si trattava solo del fatto che la Svizzera fosse considerata un paradiso fiscale. Al processo hanno contribuito anche i rigidi sistemi di tassazione degli altri Paesi,” spiega il Financial Secrecy Index. “Mentre gli altri governi aumentavano le tasse per far fronte alle spese di guerra, molti europei ricchi si sono sottratti ai loro doveri finanziari e hanno portato il loro denaro in Svizzera.”

La Seconda Guerra Mondiale ha portato alla Svizzera un’altra ondata di benessere, questa volta grazie ai bottini di guerra dei nazisti (tra i quali non era raro trovare denti dorati estratti direttamente dalle vittime di guerra). Secondo quanto afferma il Financial Secrecy Index, i banchieri svizzeri si affrettarono a mettere il tutto da parte “senza far domande” e ignorando totalmente la pubblica ostilità nei confronti del Regime Nazista. È stato questo il momento in cui i governi, le aziende e le grandi menti criminali di tutto il mondo hanno iniziato a capire quanto avrebbero potuto beneficiare dalle strutture offshore.

Per quanto riguarda il rapporto diretto con il nostro paese, invece, se per l’Italia i vicini svizzeri hanno rappresentato per decenni una meta perfetta per nascondere i loro patrimoni, negli ultimi anni ci sono stati dei cambiamenti. A febbraio del 2015, dopo anni di negoziazioni, è stato infatti siglato un accordo con il quale è caduto il segreto bancario tra i due paesi, con la conseguente uscita della Svizzera dalla nostra black list dei paradisi fiscali.

I tentacoli dei paradisi fiscali

Secondo l’esperto fiscale Nicholas Shaxson, il socio di Al Capone Meyer Lanksy era letteralmente ossessionato dall’idea di mettere al sicuro le ricchezze del famoso gangster. Ha iniziato con la Svizzera e ha finito per accantonare il denaro di Capone in altri paradisi fiscali come Cuba e le Bahamas.

Nel 1950 le rimanenti colonie britanniche, i cui imperi dominanti soffrivano ancora le conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, avevano iniziato a trasformarsi in centri finanziari nascosti. Secondo Shaxson, “Gli operatori del settore privato che si muovevano in una condizione estrema libertà hanno deciso di cogliere l’occasione al volo.”

È da qui che i paradisi fiscali sono diventati il cuore pulsante dell’economia globale, mentre “i loro tentacoli sono riusciti ad insinuarsi praticamente ovunque,” aggiunge Shaxson.

Nonostante ciò, i paradisi fiscali non hanno più avuto la possibilità di operare tanto impunemente come un tempo. Negli ultimi anni, il governo italiano ha raggiunto importanti accordi con molti ex paradisi fiscali per una maggiore trasparenza. Ma il fenomeno non è di certo stato estirpato. All’inizio dello scorso mese più di 400 giornalisti provenienti da tutto il mondo hanno dato vita alla più grande fuga d’informazioni nella storia del giornalismo: dati provenienti da Mossack Fonseca, il quarto maggiore studio legale offshore, che hanno incastrato politici e capi di Stato di ben 143 Paesi.

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