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Musica

Ho scoperto che andavo a scuola con Flume

Poi l'ho intervistato. Ovviamente non si ricordava di me.

Se siete pienamente integrati nella civiltà occidentale, siete muniti di una connessione internet e dei più basici elettrodomestici, difficilmente vi sarete persi il glorioso ritorno della musica australiana. Non che in passato abbia lasciato a desiderare—…Nick Cave…?—ma sembra che ultimamente il panorama acustico degli antipodi si sia traslato con decisione negli ambiti dell’elettronica, dando vita a realtà più o meno eclettiche, ma comunque e soprattutto fresche, che se ci penso è un po’ l’essenza stessa degli australiani.

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Pochi avrebbero potuto prevedere che la terra del didgeridoo avrebbe finito per ospitare questa rivalsa dell’elettronica, ma credo che Flume—al secolo Harley Streten—qualcosa si fosse immaginato, quando decise di rinchiudersi nella sua casa di Manly Beach, Sydney, dicendo NO alla vita sociale, e SÍ alle drum machine. Alla lunga tutti i sacrifici hanno inziaato a fruttare e nel 2011 è stato scoperto dall’etichetta indipendente Future Classic, che principalmente grazie a lui avrebbe poi finito per triplicare il proprio fatturato nel giro di un paio d’anni. Graaazie Flume. Nel 2012 esordisce con l’album di debutto eponimo, fa diventare moltii critici le sue puttane e agli ARIA awards di quello stesso anno si becca praticamente più premi della sua età anagrafica. Ecco così riassunta la sua rapidissima scalata alla gloria.

Ascolto Flume fin da quando sono comparse le sue prime tracce, pezzi perfettamente calibrati, eleganti, delicati e potenti allo stesso tempo. Quando quindi sono riuscita a organizzare una mini intervista con lui ho creduto che lassù qualcuno tifasse per me. Poi stamattina ho iniziato la chiamata, ho scoperto che la connessione era irrimediabilmente disturbata e l’intervistato in preda alla raucedine (avevamo già dovuto rimandare proprio causa malattia). Comunque ecco cosa sono riuscita a estrapolare, tra un’interferenza e un colpo di tosse.

Noisey: Ciao Harley, tutto bene? Ripreso dalla bronchite?

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Flume: Tutto a posto. Sì, più o meno mi sono ripreso.

Volevo iniziare l’intervista con un fatto un po’ random, per il quale probabilmente mi scambierai per una pazza psicopatica. Sai che eravamo a scuola insieme?

Uhm, davvero?

Sì, quando io ero all’ultimo anno tu facevi il penultimo. Pensa te eh?

Wow, assurdo!

Ok, dopo questa parentesi assolutamente irrilevante posso iniziare con le mie domande. La tua ascesa all’Olimpo dell’elettronica è partita da un piccolo “software di merda” (cit.) che hai trovato a 11 anni in una scatola di cereali. Fai un salto di una decina di anni e ti troviamo a fare da punta di diamante della Future Classic e dell’intera scena elettronica di Sydney, attualmente forse la più florida nel proprio ambito. Non male direi. Pensi di aver causato tu questa “rivalsa degli antipodi” o ne sei semplicemente stato il primo esempio?

Credo un po’ entrambe le cose. Decisamente c’era già qualcosa in atto prima che arrivassi io, ma di sicuro negli ultimi anni c’è stata una crescita enorme nel numero di produttori elettronici australiani. E questo ha fatto sì che sempre più gente si aprisse al nostro tipo di musica. Persino musicisti che fanno tendenzialmente altri generi iniziano ad incorporare elementi di elettronica nei loro pezzi. E credo che questa tendenza andrà avanti ancora per un po’.

La Future Classic ha iniziato come una piccola etichetta indipendente e ora pubblica futuri dischi d’oro. E credo che debbano ringraziare soprattutto te. Sei d’accordo?

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Credo solo di aver avuto la musica giusta al momento giusto. E che la Future Classic sia stata l’etichetta giusta per riceverla. Se fossi andato da una major probabilmente non l’avrebbero presa troppo in considerazione. Quando sono andato alla Future Classic per il primo colloquio, quello che mi hanno detto sostanzialmente è stato: “Fai il tuo genere di musica.” È quella la loro etica, quella di fare musica che sia unica, e credo sia anche per questo che si sono imposti così tanto sulla scena internazionale negli ultimi anni. È anche la cosa migliore del lavorare con loro.

Sei stato scoperto da loro grazie a un concorso. Che non hai vinto. Giusto?

Già, sono arrivato secondo. Gli avevo mandato delle tracce, “Sleepless”, “Over You” e “Paper Thin”, e, anche se non ho vinto, devono essergli piaciute, perché mi hanno subito richiamato.

Hai iniziato la collaborazione con Chet Faker in occasione del tuo album di debutto, Flume, del 2012. Vi siete trovati talmente bene che da allora avete deciso di pubblicare un intero EP insieme, uscito lo scorso novembre. Cos’è che ti ha spinto a continuare a lavorare con lui? E cosa cerchi solitamente quando scegli delle collaborazioni?

Credo che sia semplicemente perché lavoriamo benissimo insieme. Musicalmente ci compensiamo a vicenda, quello in cui io sono bravo a lui viene ancora meglio, e viceversa. Inoltre, ho lavorato con moltissimi vocalist, ma quando questi sono anche cantautori e produttori, è tutto molto più divertente. Sì, credo che il motivo per cui continuo a collaborare con Chet Faker sia perché insieme lavoriamo alla grande.

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Quanto alle altre collaborazioni, cerco sempre gente che possa dare alla mia musica qualcosa che io non sono in grado di dare o che sia in grado di fare qualcosa meglio di me. Questo prima di ogni altra cosa in termini di voce. Passo le mie giornate a scaricare campioni di synth e di percussioni, per creare poi un suono che sia il più possibile unico, ma per la voce devo rivolgermi ai vocalist. Che quindi devono avere a loro volta un carattere particolare.

E visto che parliamo di vocalist, si vociferava lo scorso agosto che avresti collaborato con Lorde. È solo una diceria o accadrà effettivamente?

Può benissimo accadere, anzi è molto possibile. Dobbiamo capire come organizzarci con le tempistiche, però entrambi saremmo contenti di collaborare. È stato piuttosto divertente, è partito tutto dalla proposta di un giornalista, io gliel’ho fatto sapere via Twitter e lei mi ha subito risposto con un “Bangerzzzz” (Ficooo N.d.R.)

Ora la domanda che si stanno ponendo tutti. Il tuo prossimo disco quando uscirà? Voglio dire, Lockjaw è una gran cosa, davvero. Ma tre canzoni ti lasciano un po’ a bocca asciutta…

Uhm…Uscirà quando uscirà. Non sto dicendo una data precisa a nessuno per adesso. Ho già un po’ di materiale, ma è ancora abbastanza in fieri.

Puoi già dirci però se ci saranno differenze sostanziali di sound?

Nulla è ancora definito, però ultimamente mi piacciono un sacco gli strumenti a corda e più in generale orchestrali, quindi probabilmente li incorporerò nell’album. In questo senso non vedo l’ora di fare il prossimo disco, perché è un’opportunità che con il primo non ho avuto.

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A proposito, voci di corridoio mi dicono che suonavi il sax al liceo. Il sassofono che si sente in “What About Us”, nell’EP Lockjaw, sei tu?

Sì sono io!

Nel novembre del 2011 hai iniziato un progetto con Emoh Instead, What So Not. Il vostro primo EP, 7 dollar bill, ha entusiasmato tutti quanti, anche alcuni nomi grossi, che hanno fatto una serie infinita di remix delle vostre tracce. Cosa possiamo aspettarci prossimamente?

Uscirà altra roba, di sicuro. EP soprattutto. Flume è più un progetto da album, con What So Not faremo più tracce singole, EP e remix. Comunque, certo, aspettatevi altro materiale nei prossimi mesi. Credo che quest’anno avrà più luce questo progetto. Mi concentrerò sul secondo album di Flume, ovviamente, e vedrò di fare un disco che sia all’altezza del primo, ma non credo che uscirà prima del prossimo anno.

Hai collaborato con Ghostface Killah per una traccia della versione deluxe di Flume…Com’è stato?

Surreale! [ride] Gli abbiamo mandato la traccia, "Space Cadet", e gli è piaciuta, per cui ha deciso di darci una mano! Ancora adesso faccio fatica a crederci.

Avevo chiesto alla tua press agency se potevi fare un mix per noi e mi hanno detto che non era possibile. Io però provo a richiedertelo di persona, giusto perché mi piace infastidire la gente. Un piccolissimo mix?

…Di solito non faccio mix.

Uhm…capito. Grazie Harley, buona serata.

Ciao!

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